Effetti degli inquinanti sulla salute umana

E’ ormai noto che l’inquinamento atmosferico causa danni, anche gravi, alla salute umana. Di seguito proponiamo una descrizione dei vari inquinanti più diffusi, e degli effetti ad essi attribuiti.

a cura di Giovanni Cugliari, Luca Feletti, Marco Ivaldi, Marco Testa

Effetti dell'inquinamento sulla salute umana

Non è semplice parlare specificatamente degli effetti di un singolo inquinante, in quanto nell’ambiente non li si trova mai in maniera isolata ma in combinazione, quindi la maggior parte degli studi prende in considerazione gli effetti di più inquinanti contemporaneamente

Quali sono gli inquinanti più diffusi, e quali gli effetti ad essi attribuiti? 

OZONO

L’Ozono è un inquinante secondario, che non ha sorgenti dirette ma si forma da reazioni fotochimiche che coinvolgono gli inquinanti primari (nello specifico diossido di azoto e composti organici volatili). Questi inquinanti primari sono prodotti principalmente dalle emissioni dei veicoli a motori e delle industrie, e interagiscono con i raggi ultravioletti formando appunto l’ozono. Questa reazione è influenzata da variabili meteorologiche, quali l’intensità delle radiazioni solari, la temperatura e il vento. La concentrazione di Ozono tende infatti ad aumentare in presenza di tempo soleggiato, con assenza di vento e con temperatura alta. L’Ozono è il principale prodotto chimico facente parte del gruppo degli ossidanti fotochimici (chiamati più comunemente smog fotochimico).  Di questo gruppo fanno parte anche le aldeidi (principalmente la formaldeide e il nitrato di perossiacetile). Molti studi epidemiologici si riferiscono all’Ozono ed anche agli altri ossidanti, anche se è normalmente solo il primo ad essere preso in considerazione come indicatore degli ossidanti fotochimici.

Effetti sulla salute

Le numerose ricerche dimostrano come l’esposizione a questo inquinante abbia impatto negativo sulla salute umana. Possiamo distinguere effetti acuti dovuti all’esposizione a breve termine, ed effetti cronici che si instaurano in seguito ad un’esposizione protratta nel tempo.

Effetti acuti

Numerosi studi epidemiologici hanno valutato i possibili effetti di esposizioni ambientali acute e a breve termine a O3. Essi hanno evidenziato come queste abbiano significativa associazione con un’ampia varietà di effetti tra cui il decremento della funzionalità respiratoria, il peggioramento di patologie respiratorie in atto, l’incremento delle ammissioni ospedaliere, la richiesta di intervento al pronto soccorso per cause respiratorie e l’incremento della mortalità.

Effetti sul sistema respiratorio

Le trasformazioni nelle funzioni polmonari e nei sintomi respiratori sono dipendenti dalla concentrazione e dalla durata dell’esposizione, oltre che dall’intensità dell’esercizio. Gli effetti avversi dell’ozono sulla funzione polmonare e sui sintomi sono solitamente non più registrabili entro 24 ore dalla fine dell’esposizione, sebbene altre risposte possano persistere più a lungo. Ci sono chiare evidenze del fatto che l’esposizione a breve termine all’ozono riduca la funzione polmonare, infatti esposizioni controllate indicano che transitorie alterazioni polmonari ostruttive possono verificarsi per 6,6 ore di esposizione a livelli di ozono di 160 μg/m3, un livello frequentemente superato in molte località nel mondo. (Folinsbee et al., 1994).

Inoltre persone affette da asma o da riniti allergiche sono più sensibili alle alterazioni transitorie dell’efficienza polmonare dovute all’esposizione all’ozono.

A fondo pagina trovate l’Approfondimento completo con un’analisi molto dettagliata dei problemi causati a livelli di funzionalità polmonare in funzione delle concentrazioni e dei tempi di esposizione e degli effetti sul sistema cardiovascolare, il collegamento tra l’aumento del livello di ozono ed episodi di morbosità acuta o mortalità a breve termine.

Effetti cronici

Per quanto riguarda gli effetti cronici dell’esposizione a lungo termine all’ozono, le conclusioni sono per il momento meno evidenti e sono necessarie ulteriori chiarificazioni. I dati a disposizione indicano che esposizione ad ozono per mesi ed anni causano cambiamenti strutturali in molti tratti dell’albero respiratorio, soprattutto nell’area di confluenza tra alveoli e bronchioli, nella quali ci sono maggiori scambi gassosi. Questa è la regione tipicamente coinvolta in molte patologie respiratorie croniche. L’esposizione continuativa anche per una sola stagione può avere un effetto cumulativo che dura per alcuni anni. La reversibilità o meno di tali lesioni è però ancora da dimostrare. In conclusione gli effetti causati da esposizioni croniche all’ozono non sono al momento completamente noti, ma si può ipotizzare, oltre ai danni respiratori già citati, la possibilità di insorgenza di asma, enfisema ed anche danni al sistema cardiocircolatorio.

Variabilià interindividuale di suscettibilità all’ozono

Come già spiegato precedentemente a livello generale per tutti gli inquinanti, anche per quanto riguarda l’ozono all’interno della popolazione la sensibilità all’inquinante può variare notevolmente. Per soggetti sani e non fumatori, la sensibilità può cambiare anche di 10 volte tra un soggetto e l’altro, ed addirittura anche lo stesso individuo può mostrare variazioni di sensibilità attraverso l’anno in conseguenza alle variazioni stagionali di ozono.

PARTICOLATO

Per particolato (PM, dall’inglese Particulate Matter) si intende l’insieme delle particelle sospese nell’atmosfera. Con questo termine si identifica una mistura di componenti aventi differenti caratteristiche chimiche e fisiche. A causa della loro forma irregolare, le particelle sospese sono in genere campionate e classificate in base al loro diametro aerodinamico equivalente, definito come il diametro di una particella sferica avente densità unitaria e un comportamento aerodinamico, in particolare la stessa velocità di sedimentazione, a quello della particella considerata, nelle stesse condizioni di temperatura, pressione e umidità relativa.

Effetti sulla salute

Come descritto, il particolato è composto da una complessa miscela di elementi. Questa eterogeità, rende difficile l’interpretazione dei risultati delle ricerche sui rischi causati dall’esposizione a questo tipo di inquinante. La dimensione delle particelle, che come già spiegato ne determina la classificazione, è determinante per quanto riguarda il loro sito di deposizione all’interno del tratto respiratorio, e quindi per la tipologia di danni che esse possono causare. Vengono definite polveri inalabili quelle in grado di penetrare nel tratto superiore dell’apparato respiratorio. Le polveri toraciche sono in grado di raggiungere i polmoni. La sigla PM10, che indica il articolato “grossolano”indica appunto particelle che sono sufficientemente piccole da penetrare nella regione toracica. Le polveri respirabili sono invece quelle a cui le loro dimensioni particolarmente ridotte permettono di penetrare nel tratto inferiore dell’apparato respiratorio, dalla trachea fino agli alveoli polmonari. Di questa categoria fanno parte le polveri classificate in una frazione più sottile, definita appunto “fine”, con diametro aerodinamico delle particelle minore di 2,5 micron (PM2.5).

Effetti acuti e cronici

Il particolato, come effetto acuto sulle vie aeree, produce principalmente una risposta di tipo infiammatorio, oltre al possibile aggravamento di problematiche già esistenti come ad esempio l’iperreattività, e l’indebolimento dei meccanismi di difesa polmonare. Inoltre le particelle PM avrebbero proprietà genotossiche, che sarebbero alla base dei loro effetti cancerogeni. Il tratto respiratorio è la via d’ingresso per il PM inalato, ma non è l’unico a essere colpito, in quanto gli effetti possono essere riflessi anche ad altri sistemi. A livello cardiovascolare agirebbe sulle proprietà di coagulazione aumentando il rischio di ictus e infarti del miocardio, oltre a poter provocare disfunzione endoteliale vascolare e generale, mentre l’esposizione cronica faciliterebbe la progressione dell’aterosclerosi. Sono inoltre documentati effetti diretti sul cuore. Gli effetti cronici documentati sono l’aumentata insorgenza di patologie a carico delle vie respiratorie, quali asma, bronchiti ed enfisemi. Il PM può avere anche effetti indiretti, in quanto può fare da veicolante per altre sostanze inquinanti, trasportandole ai tratti più profondi delle vie respiratorie.

Per la legge italiana ( D.Lgs. 155 del 13/08/2010) il limite stabilito è di 50 μg/m3 nell’arco del giorno, e non può essere superato per più di 35 volte per anno civile.

BIOSSIDO DI AZOTO (NO2)

Il Biossido di Azoto si presenta come un gas di colore rosso-bruno e dall’odore forte e pungente. Il biossido di azoto si forma in massima parte in atmosfera per ossidazione del monossido (NO), quest’ultimo a sua volta si forma per combinazione diretta dell’azoto e dell’ossigeno contenuti in atmosfera, in presenza delle alte temperature che si possono verificare durante alcuni processi di combustione. Il Biossido di Azoto (NO2), le cui emissioni da fonti naturali superano abbondantemente quelle causate dall’attività umana, si forma principalmente per ossidazione in atmosfera del monossido (NO), che origina dalla combinazione di azoto e ossigeno in atmosfera, causata dalle alte temperature dei processi di combustione. La sua presenza è resa abbondante anche dalle emissioni che derivano dai processi di combustione delle centrali termoelettriche, dei riscaldamenti e del traffico stradale. Inoltre in condizioni di forte irraggiamento può provocare reazioni fotochimiche originando quindi anche inquinanti secondari (come l’ozono) , di cui è appunto un precursore. Queste trasformazioni avvengono rapidamente ed anche a bassa concentrazione dei reagenti.

Effetti sulla salute e meccanismi di azione

Studi biochimici mostrano, dopo esposizione acuta ad alti livelli di biossido di azoto, variazioni nel metabolismo lipidico polmonare e nella struttura delle cellule epiteliali bronchiali e alveolari. Inoltre si registrano effetti sulla funzione polmonare, nello specifico un aumento della frequenza respiratoria , la riduzione della distensibilità del polmone e degli scambi gassosi. Essendo un radicale libero, ha la possibilità di danneggiare le difese antiossidanti dei tessuti e, di conseguenza, causare lesioni e infiammazioni. A livello di effetti tangibili sulla salute umana, una delle principali caratteristiche di questo inquinante è quella di risultare fortemente irritante per le mucose, e di essere causa di specifiche patologie a carico dell’apparato respiratorio, quali bronchiti e allergie.

Effetti cronici

A livello di effetti tangibili sulla salute umana, una delle principali caratteristiche di questo inquinante è quella di risultare fortemente irritante per le mucose, e di essere causa di specifiche patologie a carico dell’apparato respiratorio, quali bronchiti e allergie.

BIOSSIDO DI ZOLFO (SO2)

Il Biossido di Zolfo, comunemente detto anche Anidride Solforosa, si forma nel processo di combustione per ossidazione dello zolfo presente nei combustibili fossili. Si tratta di un gas incolore e non infiammabile, molto solubile in acqua e dall’odore pungente. Risulta essere anche fortemente irritante. Essendo più pesante dell’aria tende a stratificarsi nelle zone più basse. Le fonti di emissioni sono varie, ed alcune anche naturali, come i vulcani. Per quanto riguarda le fonti derivanti dall’attività umana, le principali sono quelle legate a produzione di energia, agli impianti termini, ai processi industriali e al traffico.

In passato la fonte più significativa era quella relativa ai riscaldamenti domestici, ma negli ultimi anni l’utilizzo dei combustibili fossili a questo scopo si è ridotto, rendendo dunque questa fonte di produzione meno rilevante, rispetto alle altre citate. Anche a livello industriale, l’utilizzo da parte delle centrali elettriche di alte ciminiera ha contribuito ad aumentarmela dispersione e la diluizione nell’aria dell’anidride solforosa. Oltre alle sue conseguenze dirette sull’ambiente e sulla salute umana, un altro motivo di preoccupazione relativo a questo inquinante è il fatto che, tendendo a trasformarsi in anidride solforica e in acido solforico in presenza di umidità, è il principale responsabile delle “piogge acide”.

Effetti sulla salute

Data la sua alta solubilità, viene facilmente assorbito dalle muscose del naso e del tratto superiore dell’apparato respiratorio, quindi soltanto quantità ridotte raggiungono gli alveoli polmonari, in cui gli effetti dannosi sarebbero maggiori.  Tuttavia una parte raggiunge comunque le zone più profonde, e succede maggiormente quando si fa esercizio fisico, perchè si tende a respirare maggiormente anche con la bocca, e la profondità del respiro è maggiore. Un altro fattore che potenzia l’azione del biossido di zolfo è l’associazione con il particolato PM sottile, che lo veicola ai tratti più profondi delle vie respiratorie. La risposta all’esposizione acuta a questo inquinante è molto rapida, e il massimo effetto irritativo si raggiunge in pochi minuti, ma gli effetti sembrerebbero essere di breve durata, e la funzione polmonare torna ai valori normali dopo un tempo che varia da qualche minuto a poche ore. Gli effetti tangibili documentati sono legati a problematiche dell’apparato respiratorio come bronchiti, asma e tracheiti, ed inoltre irritazioni della pelle, occhi e mucose.

MONOSSIDO DI CARBONIO (CO)

Il monossido di carbonio (CO) fra gli inquinanti gassosi è il più abbondante in atmosfera. È un gas inodore e incolore, non irritante, e si genera durante la combustione di materiali organici quando la quantità di ossigeno a disposizione è insufficiente. La principale sorgente di CO è rappresentata dal traffico veicolare, in particolare dai gas di scarico dei veicoli a benzina.  La concentrazione di CO emessa dagli scarichi dei veicoli è strettamente connessa alle condizioni di funzionamento del motore: si registrano concentrazioni più elevate con motore a bassi regimi e in fase di decelerazione, condizioni tipiche di traffico urbano intenso e rallentato.  Dato lo sviluppo della tecnologia dei motori, negli ultimi anni si è registrato un calo delle concentrazioni di CO rilevate in atmosfera. In particolare questo dato è dovuto al progressivo aumento di veicoli dotati di marmitta catalitica, che ne limita le emissioni. Altre sorgenti di questo inquinante sono gli impianti termici, che tipicamente ne determinano un aumento delle concentrazioni in inverno ed alcuni processi industriali. La durata di vita atmosferica di CO è di circa tre mesi. Si ossida lentamente formando biossido di carbonio, e durante questo processo di ossidazione contribuisce alla formazione di Ozono, contribuendo quindi ad aumentare la concentrazione nell’atmosfera di questo inquinante.

Effetti sulla salute

La pericolosità di questa sostanza è determinata dalla sua capacità di legarsi all’emoglobina, per cui ha un’affinità di circa 200 volte superiore rispetto a quella dell’ossigeno e con cui forma un composto estremamente stabile, la carbossiemoglobina. Data la funzione dell’emoglobina, che è quella di trasportare l’ossigeno nel flusso ematico, la presenza di elevate concentrazione di CO causa un limitata ossigenazione di organi e tessuti. Gli organi che più risentono di questo fenomeno, e quindi i più colpiti sono il sistema nervoso centrale e il sistema cardio-vascolare. Il monossido di carbonio compete con l’ossigeno per legarsi alla mioglobina a livello cardiaco e di muscolo scheletrico.

Il fatto che il CO si leghi alla mioglobina può abbassare il tasso di O2 consumato da questi tessuti, e limitare la consegna di ossigeno necessario ai processi contrattili intracellulari. (Denison et al., 2000; WHO, 2005)

Livello di rischio

Il Decreto Legislativo del 13 agosto 2010, n. 155 (recepimento della direttiva europea 2008/50/CE) stabilisce il valore limite per la concentrazione nell’aria ambiente di monossido di carbonio. La media massima giornaliera calcolata su 8 ore non deve superare i 10 mg/m3.

BENZENE (C6H6)

La maggior fonte di emissione di benzene nell’aria è la combustione incompleta di materiale comburente. Il benzene è un additivo alla benzina, e l’ 80-85% delle emissioni di benzene in Europa sono dovute al traffico veicolare. Altre fonti sono il riscaldamento domestico, i processi di raffinazione del petrolio e la manipolazione, la distribuzione e lo stoccaggio della benzina. In generale, il contributo alle emissioni di benzene da parte del riscaldamento domestico è di poca importanza (circa il 5%), ma con forti variazioni su basi geografiche geografici.  Infatti, la combustione del legno può essere una fonte importante di benzene, nelle aree in cui la legna soddisfa buona parte del fabbisogno energetico.(Hellén et al., 2008 ).

La rimozione del benzene dall’atmosfera avviene principalmente attraverso la reazione del benzene con l’ossidrile (OH) radicale. La foto-ossidazione contribuisce alla formazione di ozono, sebbene la reattività benzene sia relativamente bassa. Il benzene ha comunque un tempo di permanenza nell’atmosfera che ne consente il trasporto su lunghe distanze.

Effetti sulla salute

La prolungata esposizione al benzene, ha effetti genotossici e cancerogeni. L’esposizione cronica al benzene può danneggiare il midollo osseo, causando effetti quali la diminuzione del numero di globuli rossi e globuli bianchi.

METALLI PESANTI

I metalli pesanti sono inquinanti atmosferici presenti nell’aria a causa soprattutto delle emissioni da parte di varie attività industriali. In particolare questi metalli sono: l’arsenico (As), il cadmio (Cd), il piombo (Pb), il mercurio (Hg) e il nichel (Ni). Anche se i livelli atmosferici sono bassi, essi si depositano e si accumulano al suolo e nei sedimenti, oltre che negli organismi. Quest’ultimo tipo di accumulo fa si che entrino a far parte della catena alimentare. Di seguito, la descrizione dei vari metalli presenti in ambiente.

Per approfondire gli effetti sulla salute Arsenico, Cadmio, piombo, Mercurio, Nichel, vi rimandiamo alla Approfondimento completo Effetti degli inquinanti sulla salute umana.

Gli autori
Marco Ivaldi, SUISM – Struttura Universitaria di Igiene e Scienze Motorie, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Torino

Marco Testa, SUISM – Struttura Universitaria di Igiene e Scienze Motorie

Giovanni Cugliari, Istituto italiano per la Medicina Genomica (IIGM)

Luca Feletti aGrisù S.r.l. Incubatore Università degli Studi di Torino

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