Report sulle Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche

Biomasse, eolico, mini eolico, idroelettrico, mini idroelettrico: quadro normativo e linee guida

Il Report sulle Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche è alla sua prima edizione, ma ha fondamenta molto solide come erede del Biomass Energy Report (3 edizioni) e del Wind Energy Report (una edizione). Coerentemente con l’approccio del legislatore, si è pensato di raggruppare in un unico report le diverse fonti rinnovabili elettriche non fotovoltaiche, includendo nel presente Rapporto, oltre alle biomasse e all’eolico, anche l’idroelettrico, fonte certamente più “tradizionale”, ma di assoluta importanza nel panorama italiano, e il geotermico.

Per questa prima edizione del Report “unico” sulle Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche abbiamo deciso di adottare il formato executive che ha saputo dimostrare nel corso dell’anno passato la sua validità nel comunicare in modo rapido ed efficace i risultati delle analisi e nel fornire in modo immediato e concreto un supporto agli operatori del settore.

La ricerca, i cui risultati sono raccolti in questa prima edizione del Report, è stata condotta utilizzando approcci metodologici diversi, ancorché complementari e tra di loro interrelati: dall’analisi della letteratura all’analisi della normativa, dal confronto con ricercatori e professori universitari alle interviste a oltre 80 operatori del settore, dall’analisi comparativa di rapporti di ricerca e studi di settore italiani e internazionali al censimento e alla raccolta di informazioni anagrafiche ed economiche di circa 1.000 imprese operanti nei diversi stadi delle filiere industriali delle rinnovabili, fino alla realizzazione di oltre 50 casi di studio su un campione rappresentativo di imprese selezionate tra quelle incluse nel censimento.

Il Report è stato suddiviso in 5 sezioni. Nella prima si presenta il quadro normativo (Strategia Energetica Nazionale e DM 6 luglio 2012 ) descrivendone le caratteristiche e valutandone gli effetti trasversali sulle diverse tipologie di Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche. Il Decreto Rinnovabili del Luglio 2012 ha infatti costituito un elemento di forte “discontinuità” nell’incentivazione delle fonti rinnovabili elettriche non fotovoltaiche ed ha completamente ridisegnato gli scenari di mercato, costringendo gli operatori del settore a mettere in discussione il loro modello di business. Nella seconda e nella terza parte si realizza un carotaggio specifico sulle biomasse e sull’eolico con l’obiettivo, in entrambi i casi, di aggiornare i numeri di mercato, di analizzare la filiera, di verificare le possibilità di investimento e le potenzialità di sviluppo futuro di questi settori. Sono inoltre proposti alcuni approfondimenti specifici quali l’analisi delle potenzialità di sviluppo del biogas “agricolo” in Italia e lo studio delle possibilità di sviluppo del mini eolico. Nella quarta parte si analizzano le altre fonti rinnovabili elettriche con particolare attenzione all’impatto del DM 6 Luglio 2012 sull’idroelettrico e sul mini-idroelettrico e alla valutazione delle possibilità di sviluppo di questi segmenti. Infine, la quinta e ultima parte propone alcune considerazioni di sintesi e linee guida su quello che potrebbe essere il mix di fonti rinnovabili nel 2020.

Il nuovo quadro normativo per le Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche
Nel trattare il nuovo quadro normativo si è fatto riferimento, da un lato, al documento relativo alla “Strategia Energetica Nazionale per un’energia più competitiva e sostenibile” presentato lo scorso Agosto 2012 dal Governo e approvato nel Marzo 2013 e, dall’altro, alle novità normative concretizzatesi nel mese di Luglio 2012 con il Decreto per le Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche.

La Strategia Energetica Nazionale, nella versione di Ottobre 2012, stabilisce obiettivi ambiziosi per le Fonti Rinnovabili al 2020: i) la realizzazione di investimenti per un totale di 180 mld€ per energie rinnovabili, efficienza energetica e fonti fossili; ii) una quota di produzione da fonti rinnovabili complessivamente pari al 23% dei consumi totali lordi con un contributo pari al 38% da quelli elettrici (il Piano di Azione Nazionale si fermava al 26%) e del 20% da quelli termici.

Il Decreto per le Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche stabilisce invece nuovi meccanismi e procedure in sostituzione della Tariffa Onnicomprensiva, la cui scadenza era prevista a fine 2012, e dei Certificati Verdi che, negli ultimi anni, hanno mostrato molti limiti richiedendo l’intervento del GSE per garantirne il funzionamento. I principali obiettivi del Decreto Ministeriale del 6 Luglio 2012 sono tre: i) introdurre nuove procedure per incentivare le fonti rinnovabili elettriche non fotovoltaiche; ii) rimodulare il valore unitario dei singoli incentivi in linea con i miglioramenti tecnologici degli ultimi anni e la vita utile delle tecnologie; iii) definire le quantità di potenza incentivabili per ogni singola fonte, al fine di poter controllare lo sviluppo del mercato negli anni futuri. Complessivamente il raggiungimento di questi tre obiettivi potrà consentire un controllo maggiore dei costi totali del sistema di incentivazione.

Il “Decreto Rinnovabili” fissa, come limite massimo di spesa annuo per incentivare le fonti rinnovabili elettriche non fotovoltaiche, la soglia di 5,8 mld €.

È interessante notare innanzitutto come i livelli di incentivazione previsti dal nuovo Decreto siano, in media, decisamente inferiori a quelli pre-2013 (con riduzioni stimabili tra il 15% e il 30%), anche se sono previsti premi aggiuntivi rispetto alle tariffe incentivanti base (compresi tra 10 e 40 €/MWh) per diverse tipologie e/o configurazioni e modalità di funzionamento sostenibile degli impianti.

Si viene quindi a prefigurare uno scenario in cui i tagli più consistenti avvengono per impianti di grandi dimensioni e nel settore delle bioenergie – in particolare del biogas e dei bioliquidi – premiando tuttavia l’uso di “sotto-prodotti” quali gli scarti di produzione, rispetto all’utilizzo di “prodotti”, ossia di biomassa vergine. Per alcuni cluster di impianti (mini eolico, mini idroelettrico, eolico offshore, forza maremotrice-oceanica) i livelli delle remunerazioni sembrano invece superiori rispetto al passato.

Il GSE ha pubblicato il 15 Gennaio 2013 i risultati della prima procedura di richiesta per incentivi (iscrizione ai Registri e partecipazione alle Aste) ed è quindi già possibile trarre alcune conclusioni:
• con particolare riferimento alle Aste per i nuovi impianti, per l’eolico on shore risultano ammessi impianti per complessivi 442 MW, pari a oltre l’88% del contingente annuo messo ad asta. I ribassi offerti variano dal 2,50% al 24,41%, con un ribasso medio ponderato sulle potenze pari al 7,81%. Per le altre fonti rinnovabili, il Decreto ha concentrato nell’anno 2013 la potenza disponibile per l’intero triennio 2013-2015. Si sono registrate, pertanto, percentuali di saturazione dei contingenti di potenza significativamente inferiori, fatta eccezione per il geotermoelettrico, per il quale la prima procedura ha assorbito l’intera potenza disponibile per il triennio. A proposito delle Aste al ribasso, è possibile notare come sia richiesta un’attestazione di solidità finanziaria (5% del costo dell’investimento tramite fideiussione per partecipare all’Asta e un ulteriore 5% nei 90 giorni successivi alla pubblicazione dei risultati dell’Asta). Questo tipo di richiesta, che potrebbe sembrare un onere aggiuntivo per i partecipanti all’Asta, pare in realtà uno strumento fondamentale a tutela della buona riuscita dell’Asta;
• per quanto riguarda i Registri per i nuovi impianti, si rileva una partecipazione superiore ai contingenti disponibili per tutte le fonti, ad eccezione delle biomasse di tipo c (rifiuti biodegradabili) per le quali il contingente per l’anno 2013 è pari all’intera potenza disponibile nel triennio, e del geotermoelettrico.

Nonostante si siano già visti i primi risultati dovuti all’applicazione del “Decreto Rinnovabili”, è possibile affermare che la strada da compiere per valutarne compiutamente gli effetti è ancora lunga.

Appare ancora più essenziale capire la distanza dalla grid parity delle diverse tecnologie per verificare la loro sostenibilità economica in assenza forme di incentivazione diretta. La classica analisi della grid parity prevede di calcolare il LEC (Levelized Energy Cost) di produzione delle diverse fonti rinnovabili e confrontarlo con quello della produzione tradizionale da fonti fossili. Un approccio alternativo è quello di assumere il punto di vista degli investitori valutando la loro convenienza a effettuare gli investimenti in fonti rinnovabili. L’analisi effettuata con questo approccio per le diverse fonti dall’Energy&Strategy Group porta a conclusioni piuttosto interessanti:
per alcune fonti, come l’eolico o il mini idroelettrico, in alcune situazioni di siti particolarmente ventosi o fiumi con elevata portata d’acqua, le tecnologie rinnovabili non sono molto lontane dalla grid parity presentando rendimenti interessanti anche in assenza di incentivi;
per gli impianti a biomasse, la sola valorizzazione dell’energia elettrica al prezzo di mercato non permettenemmeno di pagare i costi operativi. La sostenibilità economica dipende quindi dalla valorizzazione e dall’utilizzo degli scarti/sottoprodotti e dall’inserimento dell’impianto nel contesto locale al fine di valorizzare al massimo la produzione elettrica e soprattutto termica. Attraverso l’utilizzo di sottoprodotti e il recupero termico anche questi impianti possono avvicinarsialla gridparity.

Le biomasse
Per quanto riguarda le biomasse, il “Decreto Rinnovabili” prevede un taglio delle tariffe che, sebbene discriminato per tipologia di biomassa, va a colpire in particolare le taglie di impianto più grandi e in generale il biogas, con una riduzione mediamente del 30% solo in parte mitigata dalla presenza di “premi” e da un allungamento del periodo di incentivazione (da 15 a 20 anni).

Gli impianti di piccola taglia a biomassa godono però di tariffe più “generose” e facilitazioni di accesso agli incentivi, soprattutto se associati a valorizzazione dei sottoprodotti e riutilizzo degli scarti dei processi di produzione di energia. I bonus combinati permettono, in alcuni casi, come confermano le analisi condotte dall’Energy & Strategy Group e riportate per esteso nel Rapporto, di raggiungere livelli di incentivazione quasi prossimi a quelli della Tariffa Omnicomprensiva in vigore fino al 2012.

Nel corso del 2012, il mercato delle bioenergie ha mostrato di muoversi a diverse velocità: crescita “sostenuta” nel caso del biogas agricolo (+264 MW, in linea con quanto già successo nell’anno precedente), e della produzione di energia da oli vegetali (+153 MW, quest’ultima destinata tuttavia ad arrestarsi nei prossimi anni); crescita “appena accennata” nel caso delle biomasse agroforestali e degli impianti di recupero energetico da RSU. In particolare le biomasse agroforestali nell’ultimo anno hanno registrato una crescita molto ridotta, resa comunque possibile soprattutto grazie a impianti di piccole dimensioni.

Il volume d’affari della filiera del biogas è cresciuto notevolmente negli ultimi anni, più che raddoppiando dai 900 mln € del 2010 ai 2 mld € di fine 2012. Questo è stato possibile grazie all’elevato numero di nuovi impianti entrati in funzione, il cui valore è passato da rappresentare il 25% del volume d’affari complessivo nel 2010 a oltre il 50% nel 2012. La marginalità è invece rimasta costante negli ultimi anni e pari mediamente al 14%.

Il potenziale di sviluppo degli impianti a biogas di origine agricola è strettamente legato alla disponibilità di biomassa da destinare in input al processo di digestione. Dato il crescente “abbandono dei campi” con la superficie agricola non utilizzata in continua crescita, si ha tuttavia la possibilità di sfruttare i terreni non coltivati per produrre le materie prime che alimentino la produzione di biogas senza dover sottrarre spazio alle colture “food”. Numerosi operatori sostengono che la produzione di energia sia un’importante possibilità di diversificazione del rischio e di integrazione del reddito per gli agricoltori, non sottraendo suoli alle colture “food”, ma anzi valorizzando terreni che altrimenti sarebbero rimasti incolti o non produttivi. Il recente cambio normativo tuttavia introduce una maggiorazione degli incentivi per i sottoprodotti agricoli che, quindi, andrà ulteriormente a limitare la realizzazione di nuove coltivazioni ad hoc per gli usi energetici a favore del riutilizzo di sottoprodotti.

Il volume d’affari della filiera agro-forestale italiana è rimasto stabile negli ultimi 3 anni con pochi nuovi MW di impianti sviluppati e con un’importante componente, pari a oltre il 60% del valore totale, derivante dalla vendita dell’energia prodotta. La marginalità, anche nel 2012, è tuttavia destinata a diminuire in tutte le aree di business.

Il mercato dei grandi impianti di produzione di energia elettrica da biomasse agroforestali e le tecnologie usate per questi impianti infatti sono ormai maturi, mentre esistono ancora opportunità di sviluppo per quanto riguarda gli impianti di piccola taglia (< 1 MW). Gli incentivi in vigore negli anni scorsi hanno favorito lo sviluppo di impianti di grandi dimensioni che basano parte del loro approvvigionamento sull’import di biomassa, grazie anche alla strategica localizzazione degli impianti in prossimità di importanti centri logistici come i porti. Con il nuovo sistema di incentivi è prevedibile un radicale cambiamento della situazione. Una corretta gestione delle risorse boschive italiane permetterebbe di ridurre il fabbisogno di import e di valorizzare al meglio le biomasse disponibili. Al contempo, una gestione “attiva” dei boschi, permetterebbe di limitare il rischio di future problematiche idrogeologiche.

Il 15 Gennaio 2013 il GSE ha pubblicato i risultati della prima procedura di iscrizione al Registro e di Asta. Il Registro per le biomasse agroforestali ha ottenuto circa il 30% in più di richieste rispetto al contingente di potenza disponibile. Al contrario per le Aste (impianti sopra i 5 MW) e le biomasse di tipologia c (rifiuti biodegradabili) la richiesta è stata mediamente pari al 10% del contingente.
Considerando i contingenti di potenza incentivabili per i prossimi anni e ipotizzando il loro totale utilizzo, è possibile aspettarsi una progressiva diminuzione della nuova potenza installata con circa 250 nuovi MW di impianti da biomasse nel 2013 e meno di 200 MW all’anno nel 2014 e nel 2015.

L’eolico
Per quanto riguarda l’eolico, il “Decreto Rinnovabili” mette a disposizione per il 2013 dei contingenti di potenza che, se sommati, arrivano a 1,36 GW, pari a più della nuova potenza installata nel 2012. Tuttavia, più della metà di questa potenza è destinata a impianti offshore o rifacimenti per i quali, al momento, non è stata registrata alcuna richiesta. Considerando invece i soli contingenti di potenza per nuovi impianti onshore (500 MW per le Aste e 60 MW per i Registri) e confrontandoli con le installazioni medie annue degli ultimi anni, è possibile osservare come il mercato debba affrontare un brusco rallentamento nel prossimo futuro. I contingenti per nuovi impianti previsti riporteranno il mercato eolico alle dimensioni di dieci anni fa, con valori di installato annuo simili a quelli registrati nel 2004/2005.

Oltre a limitare la potenza incentivabile, il “Decreto Rinnovabili” ha introdotto per il grande eolico il meccanismo delle Aste per accedere agli incentivi. L’analisi di redditività degli investimenti in impianti eolicial variare delle riduzioni rispetto alla tariffa base richieste nelle aste fa emergere alcuni spunti interessanti:
• una riduzione di solo il 2% rispetto alla base d’Asta permette di avere IRR (Internal Rate of Return) positivi e prossimi al 6% anche in siti con ventosità medie tali da garantire 1.750 MWh/MW;
riduzioni maggiori del 15% richiedono siti con ventosità maggiori, un IRR del 6% è raggiungibile con producibilità di almeno 2.000 MWh/MW;
• un incentivo pari a circa 90 €/MWh (riduzione del 30%) richiede siti ad alta ventosità ed esclude di fatto dalla realizzazione numerosi progetti in Italia.

Durante la prima Asta sono state presentate 18 richieste di incentivazione con riduzioni da un minimo del 2,5% a un massimo del 24,4% (ben 5 progetti hanno richiesto una remunerazione totale inferiore a 110 €/MWh). Alcuni operatori hanno quindi presentato offerte di riduzioni minime, probabilmente prevedendo una bassa partecipazione alle Aste. Altri hanno invece “accettato” riduzioni maggiori per essere sicuri di ottenere l’incentivo. In ogni caso, negli ultimi anni, la remunerazione minima per considerare un investimento eolico è sempre stata non inferiore ai 150 €/MWh; il meccanismo delle Aste ha invece mostrato come ci siano operatori pronti a investire con remunerazioni di meno di 100 €/MWh.

Le installazioni eoliche italiane sono prevalentemente concentrate in poche Regioni del Sud Italia dove la maggiore disponibilità di vento permette una più elevata redditività degli investimenti. Anche i nuovi progetti per grandi parchi eolici, già presentati all’Asta e che saranno sviluppati nel corso del 2013, sono tutti localizzati in Puglia, Campania e Basilicata.

Anche il potenziale del repowering rimane circoscritto a quelle Regioni che dispongono di più vento, dove la sostituzione delle turbine installate prima del 2000 con nuove macchine di dimensioni maggiori potrebbe permettere un incremento della potenza di circa 1,6 GW. Tuttavia questo potenziale è, al momento, completamente non sfruttato a causa dell’attuale normativa che rende poco interessante per gli operatori questo tipo di interventi (come testimoniato anche dall’esito del primo Registro per i Rifacimenti che non ha visto presentata alcuna domanda).

Il volume d’affari della filiera dell’eolico si è mostrato in crescita negli ultimi anni con un massimo di 4 mld € raggiunto proprio nel 2012 grazie al record di nuova potenza entrata in esercizio. Poco meno del 50% del valore è stato generato nell’area di business di gestione degli impianti, mentre della restante metà, i 2/3 sono da imputarsi alla produzione di aerogeneratori. Negli ultimi anni tuttavia la marginalità è stata in contrazione.

Il recente cambio normativo ha, inoltre, complicato maggiormente le procedure di richiesta degli incentivi e, soprattutto, sfiduciato gli operatori presenti che vedono continuamente cambiare le “regole del gioco”. Questi due effetti combinati tra loro stanno accrescendo l’interesse per i parchi eolici in esercizio, con la conseguente creazione di un mercato secondario per l’eolico italiano (nell’ultimo anno si sono registrati passaggi di proprietà per oltre 550 MW di impianti in esercizio). Altro tema “caldo” è quello relativo alla componente di gestione degli impianti. In Italia, negli ultimi anni, sono nati numerosi player specializzati nella sola attività di manutenzione che potrebbero sostituirsi ai produttori di turbine che, da sempre, offrivano questo servizio abbinato alla vendita dei loro prodotti. I produttori di turbine, tuttavia, mantengono elevati differenziali competitivi da sfruttare per poter evitare di cedere quote di mercato ai nuovi operatori indipendenti.

Il 15 Gennaio 2013 il GSE ha pubblicato i risultati della prima procedura di iscrizione al Registro e di Asta. Solo nel caso degli impianti eolici presentati a Registro è stato sforato il limite di contingente richiesto, con progetti presentati per oltre 3 volte la potenza disponibile. Per le Aste onshore è stato richiesto circa l’88% della potenza disponibile, mentre per le aste offshore si è richiesto solo poco più del 4% della potenza prevista. Complessivamente, nel 2013, la potenza incentivata sarà pari a 532 MW. Dai risultati dell’Asta emerge chiaramente come gli operatori abbiano deciso di presentare all’Asta solo i progetti “pronti”; dei circa 3.200 MW di impianti con autorizzazioni valide infatti sono stati iscritti alle Aste solo 442 MW. Le ingenti garanzie hanno senz’altro precluso la possibilità di iscriversi a numerosi soggetti.

Nei primi mesi del 2013 si avranno alcune installazioni (attesi circa 150 MW) derivanti dal periodo transitorio concesso fino a Marzo, poi si dovrà aspettare fino a fine anno o inizio 2014 per vedere entrare in funzione gli impianti presentati nell’ultima Asta. Alla seconda Asta parteciperanno impianti che entreranno in esercizio nel 2014; tuttavia il prossimo contingente potrà vedere una riduzione della potenza disponibile dovuta alla capacità allacciata nel periodo transitorio che va sottratta a quella della seconda Asta (solo in parte compensata dalla potenza non assegnata nella prima Asta).

Un ultimo aspetto di interesse riguarda il balzo delle installazioni di mini eolico negli ultimi anni con nuovi impianti per circa 7 MW che hanno portato la potenza totale installata a oltre 20 MW. Le Regioni del Sud fanno registrare un installato complessivo pari al 70% del totale: Puglia 7,3 MW, Basilicata 5,6 MW, e Campania 4,1 MW. Dato che al Registro sono già stati presentati 135 impianti con potenza inferiore o uguale ai 200 kW, il mercato del mini eolico potrà più che raddoppiare la potenza installata a fine 2013.

Le altre rinnovabili elettriche
Il “Decreto Rinnovabili” nel 2013 mette a disposizione incentivi per nuovi impianti pari a 120 MW per l’idroelettrico e 75 MW per il geotermico. Per queste due tecnologie, tuttavia, vista l’età media del parco impianti, i rifacimenti rappresentano importanti opportunità e il Decreto ha messo a disposizione per i Rifacimenti ulteriori 300 MW per l’idroelettrico e 40 MW per il geotermico.

I nuovi incentiviper i piccoli impianti idroelettrici sono rimasti particolarmente “generosi” (da 257 a 96 €/MWh a seconda della taglia) per permettere lo sviluppo di questa fonte che in Italia presenta notevoli potenzialità.

Per il geotermico gli incentivi vanno da 135 a 85 €/MWh, ma possono però salire a 200 €/MWh in caso di utilizzo di particolari tecnologie avanzate: reiniezione del fluido geotermico; utilizzo di nuove aree non ancora sfruttate per la produzione di energia geotermica; impianti ad alta entalpia con abbattimento del livello di idrogeno solforato e di mercurio; fluidi geotermici con concentrazioni minime di gas e con bassi livelli di temperatura.

Il 15 Gennaio 2013 il GSE ha pubblicato i risultati della prima procedura di iscrizione al Registro e all’Asta. La potenza richiesta a Registro per i piccoli impianti idroelettrici è stata pari a più del doppio di quella disponibile dal Registro nuovi impianti. In generale la potenza richiesta dall’idroelettrico è stata elevata ma la distribuzione dei contingenti tra Registro/Aste ha fatto sì che solo meno della metà dei progetti presentati sia riuscita ad ottenere gli incentivi. Considerando la potenza totale richiesta dal geotermico si registrano livelli di saturazione dei contingenti pari complessivamente a circa l’85%, a testimonianza dell’interesse per questa fonte di generazione che dispone ancora di potenziale da sfruttare. Per entrambe le fonti si segnala inoltre lo sfruttamento, solo parziale nel caso dell’idroelettrico, dei Registri per i Rifacimenti.
La produzione idroelettrica in grandi impianti è ampiamente sfruttata in Italia, ma lo scarso interesse degli operatori per la prima procedura d’Asta deriva anche dall’attuale incertezza sulle concessioni idriche. Il mini idroelettrico nei prossimi anni vedrà invece nuova potenza installata in linea con le disponibilità dei contingenti. Lo sviluppo del mini idroelettrico è possibile grazie alle tariffe incentivanti che, per i piccoli impianti, non hanno subito eccessive riduzioni e permettono a questi investimenti di essere economicamente sostenibili. I progetti già presentati al primo Registro permettono di saturare anche il contingente del prossimo anno.

Quale mix produttivo al 2020?
Il Rapporto si chiude con un’analisi di dettaglio che cerca di rispondere alla seguente domanda: a che punto siamo arrivati oggi con le installazioni da fonti rinnovabili e la produzione di energia elettrica da queste fonti e quanto siamo lontani dagli obiettivi da raggiungere nel 2020?

Report sulle Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche 1

Negli ultimi 5 anni si è assistito ad un raddoppio della potenza da fonti rinnovabili installata, da23,6 GW nel 2008 agli oltre 49,2 GW di fine 2012, con dei tassi di crescita medi ponderati del 15%. La fonte con maggior crescita è stata il fotovoltaico con tassi di crescita medi annui di oltre il 105%. Tassi di crescita più contenuti ma sempre significativi (di poco inferiori al 20%)sono stati quelli registrati dall’eolico e dalle bioenergie, entrambi mercati più maturi.

Nel 2012 l’idroelettrico, fonte rinnovabile “storica” per il nostro Paese ha rappresentato quasi la metà della produzione da rinnovabile in Italia. La seconda fonte per produzione è stata il fotovoltaico seguito da bioenergie ed eolico.

Confrontando quanto previsto al 2020 e quanto già raggiunto nel 2012 è possibile notare come ci sia da colmare ancora una certa distanza, anche se alcune fonti fanno già registrare risultati superiori agli obiettivi 2020. In particolare il fotovoltaico già oggi produce circa l’80% di energia in più di quanto avrebbe dovuto raggiungere nel 2020. Anche l‘idroelettrico nel 2012 ha registrato livelli di produzione maggiori rispetto agli obiettivi finali. Le fonti che invece, a oggi, devono ancora raggiungere gli obiettivi al 2020 sono l’eolico, le bioenergie e il geotermoelettrico. C’è stata dunque una deviazione rispetto alla programmazione prevista. Guardando poi il mix di spesa è possibile constatare come non sia propriamente distribuito sulle fonti che maggiormente richiederebbero incentivi per raggiungere i propri obiettivi.

La domanda alla quale è però importante rispondere riguarda il mix produttivo auspicabile per il 2020. Gli attuali Decreti hanno un orizzonte di 3 anni e se, come visto, il PAN non risulta più attuale, poiché già disatteso, diviene essenziale introdurre nuovi obiettivi per bilanciare meglio lo sviluppo delle diverse fonti così da permettere agli operatori del settore di effettuare investimenti mirati e di lungo periodo.

Il Rapporto Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche sarà presentato in un convegno a Milano il prossimo 21 marzo, alle 9.15, (Politecnico di Milano, Aula Dé Carli, Via Durando 10)

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