Sfide di sostenibilità e urbanistica made in Italy: parla Stefano Boeri

Come clima, acqua e legno ridisegnano le città di domani. Architetto, professore, politico: in occasione della visita a Milano del sindaco di Chicago Rahm Emanuel, Stefano Boeri si fa anche chaperon.

 

Stefano BoeriVisita guidata d’eccezione per il sindaco americano al Bosco Verticale, in compagnia del padre di una nuova generazione di edifici verdi. Una passeggiata nel quartiere di Porta Nuova diventa l’occasione per fare due chiacchiere con l’architetto che più di tutti, in Italia, punta sul verde per migliorare qualità e condizioni di vita.

Intervista a Stefano Boeri

Architetto, investire in sostenibilità può essere la risposta alle condizioni di povertà dei Paesi in via di sviluppo?

Partecipo da qualche tempo a un progetto di Commonwealth: Regenerative Development to Reverse Climate Change. 52 Paesi ragionano sui cambiamenti climatici in vista della COP 23 che si terrà Bonn in novembre:  il tema è quello dello sviluppo rigenerativo; l’intento, dimostrare come le politiche sulla sostenibilità devono e possono utilizzare le risorse locali, andando a lavorare sulla condizione economica anche delle fasce più disagiate delle popolazioni. Fare impresa nel campo della sostenibilità, della forestazione, della energia rinnovabili è qualcosa che può cambiare davvero le caratteristiche di un Paese arretrato. Se si pensa a India, Cina e ai Paesi in via di sviluppo in genere, questa è una scommessa eccezionale. Credo assolutamente che le due sfide che hanno di fronte le metropoli del mondo oggi, la questione ambientale e quella della povertà, debbano essere affrontate insieme.

Parlando di accordi sul clima: come si conciliano progetti sostenibili di città americane come Chicago con il passo indietro di Trump rispetto alla COP di Parigi?

A Chicago stanno facendo cose eccezionali: sulla riduzione delle auto a combustibile, l’aumento degli alberi e della forestazione, la viabilità via acqua. In quel tipo di politiche le città sono del tutto autonome, nel caso del sistema federale americano lo sono anche gli Stati. La California ad esempio è uno degli Stati più avanzati al mondo in fatto di sostenibilità, nonostante Trump.

Guardando all’Italia: anche Milano può puntare sulla sostenibilità per aiutare le periferie?

Milano ‘vanta’ un arcipelago di periferie che corrisponde in maniera quasi precisa ai quartieri di edilizia economica popolare costruiti negli anni ’80: vicino alla darsena, o alla Fondazione Prada. Quello che apprezzo e condivido delle politiche del Sindaco Sala è proprio l’approccio al tema: sin dal principio ha messo il problema delle periferie al centro del suo programma. E lo sta rispettando. (Nelle intenzioni del comune lo stanziamento di 355 milioni di euro circa per migliorare edifici, scuole, strade e il verde delle periferie, nei prossimi 4 anni; ndr).

Un altro tema caldo dell’urbanistica meneghina è il progetto di riapertura dei Navigli. Cosa ne pensa il Boeri uomo politico oltre che architetto?

Ho sempre detto che l’idea di aprire completamente i Navigli non mi appassiona. Temo sia un progetto nostalgico e che Milano abbia scelte più importanti da fare in questo momento, come quella di riprendere tutti gli scali merce.  Ha sicuramente senso aprire la Martesana passando da Melchiorre Gioia, una stazione urbana folle, fino ad arrivare a San Marco, un luogo ancora incompiuto. La mia proposta è: riapriamo da qui fino alla Martesana e rendiamolo un percorso bello e utile. Sul resto credo che potrebbe creare più problemi che vantaggi.

E’ possibile che il referendum che Sala vuole indire, possa presentare anche un’opzione di questo tipo?

Credo che il Sindaco abbia giocato bene questa carta, in maniera intelligente. Sono sicuro che sarà lui stesso il primo a capire come e quando dosare questo investimento: si parla di 400milioni, cifre importanti. La Martesana ha condizioni spaziali molto più semplici rispetto al resto: io partirei da lì.

Oltre all’acqua anche il legno può essere uno strumento importante in fatto di sostenibilità. In un’intervista all’ Unità ha detto che per l’Italia sarebbe importante rilanciarne: come e perché?

Mi piacerebbe moltissimo un Ministero del Legno e delle Foreste. Siamo l’unico Paese al mondo in cui al consumo di suolo (le città sono cresciute) si accompagna la crescita delle foreste. L’Italia ha avuto un aumento di quasi il 35% della superficie alberata forestale negli ultimi 20 anni: questo sviluppo è dovuto però al fatto che abbiamo abbandonato i pascoli, gran parte dell’agricoltura, sopratutto nelle zone vallive e collinari esterne alle città, e quindi la foresta spontanea è cresciuta. Oggi dobbiamo fare i conti con questa realtà e credo necessario un grande investimento su tutta la filiera che lavora sul legno, innanzitutto per la selvicoltura naturalistica. I boschi hanno bisogno di essere curati, per poter crescere meglio:la biodiversità si coltiva tagliando gli alberi, rinforzando le specie.

Bisogna poi guardare alla prefabbricazione: oggi in Paesi vicini come Austria e Francia, nell’edilizia è già realtà, a differenza di ciò che accade da noi. Per non parlare dell’utilizzo del legno come biomassa per la creazione dell’energia: sono tantissimi i modi in cui il legno può contribuire all’economia del Paese, in maniera sostenibile. In Italia le foreste sono dappertutto: si potrebbero creare delle filiere regionali.

Basti pensare al lavoro che stiamo facendo nei territori del terremoto: il legno potrebbe essere il modo per realizzare un’architettura sicura, leggera, di grande flessibilità. Una scelta molto politica.

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