Il Green deal europeo diventa legge, verso emissioni ‘zero’ entro il 2050

Per la presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen sarà la bussola dell’Europa per i prossimi 30 anni guidandoci nella costruzione di un nuovo modello di crescita sostenibile e di tutte le nostre azioni future. In questo modo entra nella legislazione l’obiettivo principale del Pianeta: ridurre la CO2 fino a neutralizzarla. Ma per Greta Thunberg è una “resa”.

a cura di Tommaso Tetro

Il Green deal europeo diventa legge, verso emissioni ‘zero’ entro il 2050

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Azzerare le emissioni entro il 2050. Un obiettivo netto che diventa il cuore della legge sul Clima proposta dalla commissione Ue, e già annunciata da Ursula von der Leyen.

Intorno alla missione principale, che è la riduzione della CO2 fino alla sua neutralizzazione, il testo che rispecchia il Green deal europeo prevede anche che entro settembre si alzi il livello delle ambizioni e dei target definiti al 2030, che si diano ampi poteri alla commissione per poter apportare aggiustamenti in corsa alla traiettoria (presumibilmente ogni 5 anni), come tra l’altro viene richiesto dall’Accordo di Parigi, e che si delinei il 2021 come orizzonte per proporre modifiche ai regolamenti europei sul clima, tipo quelli sul mercato Ets (cioè lo scambio delle emissioni) oppure sull’efficienza energetica, le rinnovabili, l’agricoltura e i trasporti.

La proposta di legge sul Clima dovrà essere esaminata dal Consiglio e dall’Europarlamento. L’Italia insieme con altri 11 Paesi ha chiesto di accelerare i tempi per aumentare il taglio delle emissioni entro il 2030.

Contemporaneamente la commissione Europea ha anche avviato una consultazione pubblica per un ‘Patto sul clima’ in modo da coinvolgere regioni, comunità locali, società civile, scuole, imprese e cittadini; resterà aperta per 12 settimane e i contributi verranno utilizzati per definire il Patto per il clima che sarà varato prima della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in programma a Glasgow a novembre, cioè la Cop 26.

“I cambiamenti climatici li abbiamo creati noi quindi sta a noi agire – ha osservato von der Leyen – la legge guiderà ogni nostra azione per i prossimi 30 anni, sarà la nostra bussola. Ci dà gli strumenti per misurare i progressi verso l’obiettivo: avere un’Europa a zero emissioni entro il 2050. Il testo è corto e semplice ma ci impegna in azioni fondamentali: obbliga la Ue a inserire gli obiettivi ambientali in tutte le future legislazioni ed è vincolante; offre prevedibilità e certezza a investitori e autorità pubbliche”.

Green deal europeo: i passi da fare 

La proposta prevede una revisione da parte della commissione Europea degli obiettivi climatici per il 2030; proposta che dovrà essere proporzionata al nuovo obiettivo di neutralità climatica del 2050.

La possibilità più concreta dovrebbe essere quella di spingere il nuovo target di riduzione delle emissioni per il 2030 al 55% (rispetto ai livelli del 1990). La commissione Ue dovrà valutare i progressi collettivi fatti da tutti gli Stati membri rispetto all’obiettivo di neutralità climatica, quindi per l’adattamento ai cambiamenti climatici; i risultati delle osservazioni dovranno essere presentati al Parlamento europeo e al Consiglio in occasione della relazione sullo stato dell’Unione dell’energia.

Una revisione che dovrà avvenire ogni cinque anni in linea con quanto stabilito alla Cop 21 a Parigi. Sotto la lente europea dovranno anche passare le misure prese dagli Stati, in base ai Piani nazional integrati per l’energia e il clima; la commissione potrà inviare delle raccomandazioni ai singoli Paesi. Inoltre bisognerà stabilire un “dialogo multilivello su clima e energia” con le autorità locali, la società civile, le imprese, gli investitori.

Green Deal: le reazioni di associazioni e istituzioni 

Greta Thunberg però boccia la proposta della commissione Ue: “Se la tua casa brucia, non aspetti qualche altro anno prima di spegnere l’incendio. E’ questo quello che la commissione sta proponendo oggi. Nel momento in cui l’Ue presenta questa legge, con le emissioni zero entro 2050, indirettamente ammettete la resa. La dura verità è che non ci sono né le politiche né la consapevolezza necessaria. Siamo nel pieno di una crisi che non viene trattata come tale. Quello che manca sono la consapevolezza, la leadership e soprattutto il tempo”.

Intanto arriva un appello da parte di 12 ministri, tra cui anche il nostro ministro dell’Ambiente Sergio Costa; in una lettera inviata al vicepresidente della commissione Europea Frans Timmermans: “Per indirizzare l’Ue sulla strada di una nuova crescita verde e inclusiva – scrivono i ministri – la commissione ha annunciato l’intenzione di presentare, entro l’estate del 2020, un Piano di valutazione d’impatto allo scopo di innalzare l’obiettivo di riduzione delle emissioni dell’Ue. Pertanto, incoraggiamo la commissione a presentare quanto prima, e al più tardi entro giugno 2020, un Piano di target climatici in modo tempestivo”.

E’ la prima volta che l’Italia firma una lettera insieme con il ‘gruppo degli ambiziosi’, di cui fanno parte Austria, Danimarca, Finlandia, Francia, Lettonia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svezia. Alla base della lettera l’idea che l’Ue possa e debba essere l’esempio da seguire a livello internazionale.

Le associazioni ambientaliste, in blocco, chiedono all’Unione europea un taglio della CO2 del 65% al 2030, e emissioni zero già per il 2040. Ma per Timmermans “l’analisi di Greta prevede obiettivi di riduzione più alti” perché fa riferimento a un altro metodo; invece su questo aspetto “noi siamo più ottimisti di lei sulle tecnologie emergenti”.

Intanto anche sette giganti europei dell’energia hanno scritto una lettera, indirizzata a Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo dell’European Green Deal, in cui chiedono la neutralità climatica in tutta l’Unione Europea entro il 2050.

Iberdrola, EDP, Enel, Orsted, SSE, Statkraft e Verbund chiedono inoltre di portare – prima della COP26 – al 55% l’obiettivo di riduzione delle emissioni al 2030.

Insieme con la legge sul Clima, nel campo d’azione del Green deal, è anche cominciata la procedura per la revisione della direttiva sulla tassazione dell’energia e la valutazione di impatto sul futuro meccanismo di adeguamento del prezzo del carbonio alle frontiere. “La tassazione avrà un ruolo chiave perché può incoraggiare comportamenti responsabili e compensare i costi della transizione – ha detto il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni, che si sta occupando dei due dossier – dobbiamo salvaguardare le aziende che spostano la produzione in parti del mondo in cui gli standard sul clima sono meno rigorosi, è qui che entra in gioco il meccanismo di adeguamento delle frontiere del carbonio. Tuttavia, prima di presentare qualsiasi proposta, le varie opzioni devono essere attentamente valutate, in particolare per quanto riguarda le norme Wto e altri impegni internazionali”.


21/2/20

Il Green deal europeo parte lento, il freno delle regole e della riforma del Patto di Stabilità

Tra le divisioni dei governi e la necessità di verificare l’andamento dell’economia, la bozza viene rinviata alla fine dell’anno. Mentre il commissario Ue agli Affari economici Paolo Gentiloni pensa alle misure per la crescita. La chiave per trovare un compromesso potrebbe essere nello sviluppo sostenibile, con l’apertura a una maggiore flessibilità per gli investimenti dedicati alla lotta ai cambiamenti climatici e alla transizione ecologica

a cura di Tommaso Tetro

Il Green deal europeo parte lento, il freno delle regole e della riforma del Patto di Stabilità

Le molte divisioni in Europa, con i governi dei Paesi membri pieni di riserve, hanno spinto la commissione Ue a rinviare alla fine dell’anno la ‘bozza’ di riforma sul Patto di Stabilità e crescita.

Il vicepresidente della commissione Ue Valdis Dombrovskis e il commissario per gli Affari economici Paolo Gentiloni hanno allora deciso di tenere alta l’attenzione sui bilanci nazionali dei singoli Stati per cercare di trovare un compromesso.

La spaccatura è tra due fronti: uno dei Paesi del Sud Europa guidati da Francia e Italia, in linea con Gentiloni, che chiedono maggiore flessibilità in modo da avere risorse da investire nella crescita; l’altro fronte dei Paesi del Nord, con in testa Germania e Olanda sulla scia di Dombrovskis, puntano tutto sul rispetto delle regole europee e la stabilità dei conti.

Sviluppo sostenibile per l’Europa 

Con questo quadro la soluzione sblocca-empasse potrebbe essere proprio l’orizzonte ‘verde’, quel Green deal verso cui la presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen ha indirizzato la politica del suo mandato. Potrebbero essere infatti i principi dello sviluppo sostenibile quelli destinati a rispondere alle esigenze dei due fronti, riuscendo a tenere insieme sia la volontà di nuovi investimenti (con Gentiloni che vorrebbe altre misure per l’economia e soltanto quelle messe in campo dalla Bce) che la richiesta di mantenere un equilibrio strutturale dei bilanci (con Dombrovskis che parla di stabilità finanziaria come precondizione per la crescita e la creazione di posti di lavoro).

Il ruolo di passepartout è il Piano del Green deal, e in particolare la necessità di scovare i grandi investimenti annunciati per la lotta ai cambiamenti climatici e per la transizione ecologica; questo permetterebbe alla Germania di giungere a compromesso dal momento che anche lei ha messo a punto un programma verde impegnativo.

Ora, che i Paesi che chiedono più flessibilità siano anche quelli che hanno maggior bisogno di combattere la crisi climatica, e quindi di investire per la tutela ambientale, può diventare un motivo di riflessione tenendo presente che quegli stessi Stati del Sud hanno anche i debiti nazionali più alti. E’ per questo che un ragionamento, sullo scorporo dal deficit degli investimenti green, non sembra possa finire al momento sul tavolo.

A questo punto bisognerà aspettare i risultati della consultazione pubblica che dovrebbe durare sei mesi, con l’obiettivo di stimolare il confronto con gli Stati e trovare una sintesi delle posizioni in campo; per arrivare a una decisione entro la fine dell’anno.

Il ragionamento che si è da poco aperto riguarderebbe la possibilità di alimentare i bilanci con risorse dei singoli Stati; questo sarebbe un elemento più che consentirebbe di offrire la flessibilità richiesta, anche se per finanziarla si pensa all’introduzione di alcune tasse come per esempio la plastic tax, la carbon tax e lo scambio di quote di CO2.

Da valutare ci sono anche altre opzioni, più strutturali, che garantirebbero però una minore capacità di investimenti, almeno inizialmente. Le proposte sul tavolo per ora vanno tutte nella stessa direzione, quella voluta da Lady Ursula con il suo Piano ecologico per l’Unione europea.

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