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Legambiente fa notare che, dal momento che, dall'attuale 5,2%, dobbiamo arrivare al 17% di produzione da fonti rinnovabili, entro il 2020 (questo obiettivo, fissato dall'Unione europea, è vincolante per tutti i Paesi membri), l'Italia deve ottenere una produzione da fonti rinnovabili di 22,5 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), e quindi deve agire sulle principali voci dei consumi energetici: elettricità, calore, raffrescamento, biocarburanti. Le Regioni del Nord, grazie al "vecchio" idroelettrico, sono quelle che storicamente hanno la maggiore produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, mentre è in quelle del Sud che, grazie a eolico e solare fotovoltaico, negli ultimi anni c'è stata la maggiore crescita. La sfida è quella di trasformare l'obbligo in un'opportunità di cambiamento in positivo, spingendo solare fotovoltaico e termico, eolico e biomasse, mini-idroelettrico e geotermia. Innovando così e creando nuovi posti di lavoro in ogni territorio, a seconda delle vocazioni e delle risorse naturali presenti. "Le Regioni – osserva Legambiente – hanno una responsabilità fondamentale: l'Unione europea aspetta il Piano nazionale già a giugno 2010, con un'articolazione degli impegni divisi per regione. Questo sarà il primo banco di prova dei nuovi Governatori nella loro interlocuzione con il Governo. Diversamente, come per l'Accordo di Maastricht, pagheremo altre multe. Sono parte dei contenuti di Ambiente Italia 2010, resoconto annuale di Legambiente, presentato ieri a Roma, che disegna il profilo del turbolento stato di salute del Paese. "L'Italia ha perso negli anni novanta l'opportunità di diventare un pioniere nell'industria delle rinnovabili. E oggi, se continuerà a mancare una convergenza tra pubblica amministrazione e imprenditoria e ricerca, saremo tagliati fuori anche dalla nuova green economy – ha dichiarato Duccio Bianchi dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia. Lo sviluppo della Green economy dipende molto anche dal comportamento delle Regioni. Laddove vi è una volontà i risultati si conseguono rapidamente e sono misurabili. Non è un caso infatti che le due regioni leader nel fotovoltaico siano il Trentino Alto Adige e la Puglia". Dal rapporto emerge un apparato di eloquenti dati che fa apparire negative le prestazioni italiane: "con 550 milioni di tonnellate di CO2, l'Italia è il terzo paese europeo per emissioni (era quinto nel 1990 e quarto nel 2000). Rispetto al 1990 – anno di riferimento per l'obiettivo di riduzione del 6,5% entro il 2010 del Protocollo di Kyoto – la crescita delle emissioni lorde italiane è stata del 7,1%, soprattutto a causa dell'aumento dei consumi per trasporti (+24%), della produzione di energia elettrica (+14%) e della produzione di riscaldamento per usi civili (+5%). Le emissioni nette, considerando i cambiamenti d'uso del suolo e l'incremento della superficie forestale, sono cresciute del 5%. Tutto ciò, mentre a livello europeo si registra una riduzione del 4,3% (Eu a 15) delle emissioni rispetto al 1990, con Germania, Regno Unito e Francia che hanno già superato gli obiettivi del Protocollo di Kyoto, seguiti dall'Olanda che li sta raggiungendo. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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