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Nei giorni in cui le discussioni sul nostro futuro climatico (e dunque sul nostro futuro tout court) regnano sovrane sulla nostra attenzione (cioè abbiamo lo sguardo inamovibile sull’andamento del vertice di Copenaghen), la Fondazione Eni Enrico Mattei ci fornisce un nuovo indice capace di misurare i rendimenti di un paese in termini di “sviluppo sostenibile”. Ed è anche capace, tale indice, di formulare visioni prospettiche: racconta come andrà il nostro futuro ecologico, e quale sarà l’impatto delle politiche ambientali di oggi sulle future generazioni. L’indice di sostenibilità FEEM (FEEM SI) è costruito tenendo conto di indicatori economici, sociali e ovviamente ambientali (forniti dalle più autorevoli fonti internazionali). I parametri ambientali presi in considerazione: l’intensità di carbonio dell'energia; le emissioni di gas serra pro capite; l’energia utilizzata per unità di PIL; le importazioni; la quota di energia pulita, cioè non fossile, sul totale di quella consumata; la percentuale delle risorse idriche impiegate sul totale di quelle disponibili; la percentuale di specie considerate a rischio sul totale delle specie sia animali sia vegetali.La profonda qualità del FEEM SI è ravvisabile nel suo aspetto predittivo. E’ la sua capacità di formulare un pronostico scientificamente attendibile a farne non un semplice strumento di valutazione, ma un vero e proprio ambiente di simulazione per le politiche ambientali. E’ possibile un confronto, anche protratto nel tempo, sugli effetti prodotti dall’andamento delle politiche dei diversi paesi. E se sono confrontabili sono anche classificabili: si ha, con il FEEM SI, una classifica della sostenibilità. Vediamo quella per il 2009: salvo eccezioni, i paesi maggiormente sviluppati sono più virtuosi sul piano ambientale di quelli in via di sviluppo. E tra i campioni ecologici militano quasi esclusivamente paesi europei (con la decisa esclusione dell’area ex sovietica): solo Canada e Giappone, infatti, sono annoverabili tra i primi dieci classificati. La Svezia è sciolta da ogni confronto possibile, poiché saldamente al primo posto, e con un distacco rilevante dalla Finlandia, che è seconda. Il risultato più scadente, cioè il peggiore indice di sostenibilità, è quello dell’Africa (escluso il Nord Africa e il Sudafrica), che si trova all’ultimo posto della classifica dei peggiori dieci paesi (due sono le classifiche: una che riguarda i migliori dieci e una che elenca i peggiori dieci). Finlandia e Canada sono saldamente e rispettivamente in seconda e terza posizione, mentre gli altri paesi hanno rendimenti ambientali variabili. L’Italia è quindicesima nella classifica mondiale 2009, tra le quaranta regioni incluse nell'analisi dell’indice di sostenibilità FEEM (FEEM SI). Tra i paesi europei, superiamo solo Spagna, Grecia, Portogallo e i paesi dell’Est. Ciò che “precipita” l’Italia in classifica è la componente ambientale (per la quale occupiamo solo il ventiseiesimo posto). Non andiamo male, invece, nella componente sociale, che sopravanza quella economica. Siamo destinati a migliorare nell’arco del tempo sul versante della componente economica. Peggioreremo, secondo l’indice FEEM, ma di pochissimo, nell’ambito della sostenibilità sociale. Ciò che, anche in futuro, raffrenerà la nostra performance sarà, purtroppo, la componente ambientale. Tuttavia, se fosse introdotta la Sustainable Development (SD Policy), cioè una politica che ha l’obiettivo di raggiungere, entro il 2020, specifici risultati ambientali, educativi, sanitari e di diffusione tecnologica, si avrebbe un netto miglioramento della sostenibilità generale dell'Italia. A scapito di una lieve riduzione del rendimento economico, l’introduzione della Sustainable Development, spostando risorse per il compimento delle politiche ambientali, produrrebbe benefici a larga scala. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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