In Italia più di 1000 impianti rinnovabili sono fuori norma

L’Autorità impone l’adeguamento alle prescrizioni di sicurezza entro i primi mesi del 2017, altrimenti si rischia il distacco e la sospensione di tutti i benefici pubblici

In Italia più di 1000 impianti rinnovabili sono fuori norma 1

A cura di Rödl & Partner – Studio di consulenza internazionale in ambito legale, fiscale e di revisione.

In Italia ci sono oltre mille impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, considerati non a norma dall’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas ed il Sistema Idrico (Aeegsi), per un totale di circa 960 mega Watt prodotti.

Trattandosi, nella maggioranza dei casi, di impianti fotovoltaici o eolici che nei giorni di assenza di vento o di mancanza di sole, producono molto poco mentre in altri, invece, possono essere estremamente intensi, non risultano lineari. Questa caratteristica se non è controbilanciata da opportune apparecchiature e sistemi di sicurezza, può generare nella rete di distribuzione sbalzi di energia troppo rilevanti, che secondo l’Autorità possono comprometterne la tenuta, facendo registrare quei famigerati black-out tanto temuti nelle nostre città.
Nonostante l’Aeegsi avesse imposto a questi impianti di mettersi in sicurezza già nel 2012, ancora oggi si registra un numero elevato (1064) di “fuori legge”. L’Autorità ha quindi optato per il pugno di ferro, intimando l’adeguamento alle prescrizioni di sicurezza entro il 31 gennaio 2017 per gli impianti con potenza superiore a 50 kW, ed entro il 31 marzo 2017, per gli impianti con potenza inferiore a 50 kW.

“L’esplosione del settore degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili ha creato diverse opportunità ma anche qualche problema” dice l’avvocato Tiziana Fiorella, Associate Partner dello studio Rödl & Partner di Milano ed esperta di legislazione legata al mondo dell’energia. “Se da un lato il sistema di generazione distribuita consente una maggiore sicurezza dell’approvvigionamento energetico (in pratica è stato infranto l’oligopolio della produzione di energia elettrica), dall’altro l’allacciamento di una miriade di impianti di produzione – benché di piccola e media potenza – ha posto una sfida importante per il mantenimento della stabilità e la sicurezza della rete di distribuzione e, conseguentemente, di tutto il sistema elettrico nazionale”.

Il fenomeno di eventi di sottoproduzione o sovrapproduzione di energia immessa poi in rete è stato in un primo tempo sottovalutato. Nessuno, o quasi, aveva previsto che sarebbero stati installati così tanti impianti di produzione in generazione distribuita. Le misure di sostegno ed incentivazione alle fonti rinnovabili, poste in essere dal Governo a partire dal 2005, hanno invece fatto registrare un boom nel settore. Per dare un’idea dell’entità del fenomeno, si è passati da 2.544 impianti presenti nel 2005 a 159.876 impianti nel 2010 (fonte: Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas ed il Sistema Idrico, “Monitoraggio dello sviluppo degli impianti di generazione distribuita per l’anno 2010”).

“A tal fine – spiega l’avvocato Carlo Spampianato Senior Associate dello studio Rödl & Partner di Milano – l’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas ed il Sistema Idrico (Aeegsi) ha emanato la delibera numero 84 del 2012, con la quale ha imposto a tutti gli impianti di produzione allacciati in bassa e media tensione di rispettare una serie di prescrizioni tecniche volte ad assicurare la stabilità e la sicurezza della rete di distribuzione (tra le quali spicca l’adozione di particolari interfacce che consentano al gestore di rete di disconnette l’impianto di produzione dalla rete elettrica da remoto)”.
Tali prescrizioni oggi diventano perentorie. “Nel 2012 – dice l’avvocato Spampinato – si garantiva l’accesso ad un contributo pubblico fino a 5.000 Euro. Oggi, tale beneficio non è più previsto, anzi gli impianti ‘ritardatari’ dovranno pagare un contributo di 200 euro per le spese di sopralluogo che il gestore di rete farà per verificare che l’adeguamento sia avvenuto nei termini previsti”.
Quegli impianti che non si adegueranno entro i termini, saranno immediatamente disconnessi dalla rete elettrica, quindi tutta l’energia che produrranno non potrà più essere venduta e sarà perduta.
Inoltre l’Aeegsi ha disposto che, fintantoché non si saranno adeguati alle prescrizioni di sicurezza, agli impianti venga sospeso immediatamente il riconoscimento degli incentivi o delle particolari condizioni di vendita dell’energia di cui dovessero beneficiare.
“La sospensione immediata di tali benefici – dicono gli avvocati Fiorella e Spampinato – può rappresentare un grave danno per i proprietari degli impianti, in quanto la regolare percezione degli incentivi è – nella quasi totalità dei casi – un elemento fondamentale per il funzionamento del business plan (la semplice vendita dell’energia nel caso di impianti alimentati da fonti rinnovabili spesso non è sufficiente a coprire i costi di investimento per la realizzazione e gestione dell’impianto stesso) ed il motivo per cui l’AEEGSI ne ha disposto la sospensione è proprio per costringere i produttori ritardatari ad adeguarsi il prima possibile.

Per tale motivo lo studio Rödl & Partner, nell’ambito delle attività di assistenza della propria clientela intenzionata ad investire in impianti che beneficiano di incentivi pubblici, ha sempre verificato, o fatto verificare, anche la conformità degli impianti alle disposizioni per la sicurezza e la stabilità della rete elettrica nazionale.

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