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Gli stati membri dell’UE su proposta della Commissione Europea hanno approvato ieri una strategia che prevede una combinazione di dazi antidumping e prezzi d’importazione minimi, per aumentare i prezzi dei pannelli solari esportati dalla Cina e per imporre misure anti-dumping e anti-sussidi, che la Commissione europea ritiene che la Cina versi illegalmente ai produttori di pannelli solari. I dazi saranno applicati a partire dal 6 dicembre fino alla fine del 2015 alle industrie cinesi che non hanno aderito all’accordo. La Commissione ha infatti confermato le intese bilaterali raggiunte all’inizio di agosto con gli esportatori cinesi di pannelli solari, che prevedono un prezzo minimo di 56 centesimi di euro per watt e un tetto con un limite annuale di 7 gigawatts ai volumi delle importazioni fino a tutto il 2015. Hanno aderito all’intesa un centinaio di esportatori cinesi, che riforniscono circa il 60% del mercato europeo. Le misure anti-dumping e anti-sussidi approvate ieri riguardano gli esportatori cinesi che non si riconoscono in quell’accordo e che contano per circa il 30% delle esportazioni verso l’Europa: a seconda delle imprese coinvolte i dazi anti-dumping vanno dal 27,3% al 64,9%; quelli anti-sussidi vanno dal 3,5% all’11,5%. Milan Nitzschke, presidente di EU ProSun, che aveva aperto un reclamo antidumping, ha espresso cauta soddisfazione: “Finalmente l’UE si è decisa a mettere in pratica delle misure contro il dumping cinese. I nuovi dazi del 48% circa compensano, anche se solo in parte, gli investimenti che lo stato cinese impiega per respingere i produttori europei o non cinesi dal mercato del solare. Si tratta di una battaglia tra economia pianificata ed economia di mercato”. EU ProSun in un comunicato sottolinea inoltre che negli utlimi anni la Cina ha creato una enorme sovraccapacità per la produzione di moduli solari, assicurandosi più dell’80% del mercato europeo e mondiale e provocando un tale abbassamento dei prezzi da rendere impossibile alcun margine di guadagno e il fallimento di molte aziende europee e statunitensi. EU ProSun giudica tuttavia in modo critico i prezzi minimi stabiliti per le importazioni cinesi. “I prezzi minimi concordati con la Cina continuano a essere troppo bassi. Restano ancora inferiori ai costi reali della produzione di moduli solari in quel paese”, ha concluso Nitzschke. Il Comitato IFI, associazione che riunisce circa il 90% dei produttori nazionali di celle e moduli fotovoltaici, esprime la propria soddisfazione, mitigata anche in questo caso dal fatto che i dazi previsti non troveranno applicazione per via dell’accordo sul prezzo minimo all’ esportazione. Alessandro Cremonesi, presidente IFI ha commentato: “La volontà politica dell’Unione Europea in questa disputa non lascia dubbi: mettere da parte ogni evidenza che ponesse in luce il comportamento illegittimo e predatorio da parte dei produttori di moduli fotovoltaici cinesi e scegliere la via negoziale, iniqua si, ma tale da scongiurare le ritorsioni economiche già annunciate dalla Cina verso altri settori economici. Una scelta che mette in luce tutta la debolezza politica dell’Europa di fronte allo strapotere economico cinese, consegnandogli altresì una “patente di legittimità” per invadere illegalmente il proprio spazio economico, commerciale e manifatturiero”. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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