A rischio gli ambiziosi obiettivi dell’economica circolare

Avviata la fase di negoziazione del pacchetto economia circolare in Europa. Allarme Legambiente sul rischio di uno stallo della riforma se prevarranno le posizioni conservatrici

A rischio gli ambiziosi obiettivi dell’economica circolare 1

Consiglio, Parlamento e Commissione europea hanno iniziato la fase di negoziazione relativa al pacchetto Economia circolare, riforma ambiziosa il cui successo dipende però da quale posizione riuscirà a prevalere tra quella conservatrice espressa da alcuni paesi e quella invece più aperta al cambiamento sostenuta da altri Stati.

Gli obiettivi approvati dal parlamento europeo parlano del 70% del riciclo per i rifiuti urbani e 80% per gli imballaggi; target per la preparazione al riutilizzo; un aumento della raccolta differenziata per tutte le tipologie di rifiuti, ed in particolare un obbligo generalizzato di separazione della frazione organica; nuove norme a livello europeo per la responsabilità del produttore e obiettivi di prevenzione al 2030.

Legambiente riporta i risultati dell’indagine a livello europeo guidata da European Environmental Bureau (EEB), Friends of the Earth Europe and Zero Waste Europe, a cui ha contribuito anche l’associazione ambientalista, che evidenziano che nel caso di una prevalenza della posizione conservatrice sostenuta da alcuni Paesi la transizione verso l’economia circolare nei prossimi anni sarà molto probabilmente in stallo.

L’indagine è stata realizzata attraverso un questionario inviato agli stati membri per capire se sia loro intenzione durante i negoziati di Bruxelles, sostenere le proposte chiave per rafforzare la politica europea sui rifiuti.

Emerge la mancanza di una posizione comune sul pacchetto sull’economia circolare che fa temere che i Paesi più contrari stanno avendo la meglio, mettendo a rischio non solo l’avvio di politica virtuosa dei rifiuti, ma stoppando quella che potrebbe essere una reale rivoluzione economica e occupazionale.

Tra i Paesi che si oppongono maggiormente alla proposta ci sono la Danimarca e la Finlandia, da sempre considerati a sproposito leader nelle politiche sui rifiuti, nonostante l’enorme quantità di rifiuti prodotti. Altri Paesi che rifiutano categoricamente gli obiettivi più ambiziosi del pacchetto sono Ungheria, Lituania e Lettonia.

Repubblica Ceca, Italia, Svezia, Portogallo, Lussemburgo e Slovacchia, sono a favore di un obiettivo di riciclo del 65%, ma non sembra che farebbero lo stesso con i target relativi alla preparazione al riutilizzo, all’obiettivo di riutilizzo del 10% degli imballaggi e a supporto di target di prevenzione dei rifiuti, tutte misure che costituiscono priorità del pacchetto dell’economia circolare.

Il Regno Unito, la Germania, la Polonia, l’Irlanda, la Slovenia e la Croazia invece non hanno voluto condividere la loro posizione, in contrasto con la posizione progressiva e trasparente adottata dal Parlamento europeo.

Ci sono invece alcuni Stati del Sud Europa, come la Grecia e la Romania, nonché la Spagna, che chiedono un maggiore impegno nei confronti del riciclo, della prevenzione dei rifiuti, e della raccolta differenziata. Altri paesi che sostengono le riforme sono la Francia, il Belgio e i Paesi Bassi.

L’Italia rispetto ai 6 punti che le associazioni ritengono prioritarie e su cui EEB ha costituito le domande rivolte ai Governi dei Paesi membri, ha dichiarato che supporterà, i target di riciclo proposti dalla Commissione, i requisiti minimi riguardo la responsabilità estesa al produttore e l’obbligo di raccolta differenziata per la frazione organica dei rifiuti urbani. Non sosterrà invece i i target specifici per la preparazione al riutilizzo dei rifiuti urbani e non ha preso posizione riguardo i target di prevenzione dei rifiuti (al 2025 e al 2030) e l’obiettivo di almeno il 10% di riutilizzo di imballaggi.

A questo proposito Giorgio Zampettiresponsabile scientifico di Legambiente commenta che il nostro paese sta svolgendo un ruolo di retroguardia, in contrasto con gli interessi nazionali, nonostante ci siano aziende molto impegnate nella circular economy. Inoltre va considerato che l’Italia è leader in Europa per know-how e tecnologie su riciclo e riuso e abbiamo alcune esperienze di gestione dei rifiuti tra le migliori a livello internazionale, come Milano o Treviso. Quindi se la riforma fosse applicata si tratterebbe di un’opportunità importante di sviluppo economico.

E’ importante che i Governi abbiano il coraggio di intraprendere le azioni necessarie e coraggiose per stimolare la transizione reale verso l’economia circolare. Si stima  infatti che una transizione completa a un’economia circolare, oltre alle proposte attualmente in discussione a Bruxelles, potrebbe generare risparmi di circa 2mila miliardi di euro entro il 2030. Ciò equivale a un aumento del 7% del PIL dell’UE, con un aumento dell’11% del potere d’acquisto delle famiglie e 3 milioni di nuovi posti di lavoro supplementari.

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