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Nel corso dell’incontro “La disciplina del settore energetico: integrazione di interessi e competenze” organizzato dal CRIET – Centro di Ricerca in Economia del Territorio in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, è emerso che i comuni italiani nei quali è installato almeno un impianto di produzione energetica da fonti rinnovabili sono più che raddoppiati in due anni, passando da poco più di 3mila a quasi 7mila (6.993, per la precisione). Tuttavia, il comparto delle rinnovabili, che avrà un ruolo importante nel riequilibrio del mix di fonti di energia in vista del 2020, come previsto dagli obiettivi del progetto europeo 20-20-20 e dal Piano d’azione per le energie rinnovabili, elaborato dal ministero dello Sviluppo economico lo scorso giugno, è frenato e penalizzato da processi autorizzativi troppo lunghi. La ricerca condotta da Camilla Buzzacchi e Luciano Salomoni ricercatori nella facoltà di Economia dell’Università di Milano-Bicocca analizza le criticità del processo decisionale energetico in Italia e affronta i diversi aspetti del problema: conflitti di competenze, conflitti di interessi, primi tra tutti la salvaguardia dell’ambiente e della salute. In Italia l’apporto delle energie rinnovabili atteso per il 2020 è pari a 131,2 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio). In particolare, le rinnovabili rappresenteranno il 6,38% del consumo energetico del settore trasporti, il 28,97% per l’elettricità e il 15,83% per il riscaldamento e il raffreddamento. A fronte di tali risultati attesi vi sono, però, difficoltà nel conseguirli se si considera come il governo del settore sia tuttora poco equilibrato: da un lato sono previsti generosi incentivi, evidentemente a carico degli utenti, per chi produce energia da fonti rinnovabili, dall’altro i procedimenti autorizzativi continuano ad essere troppo lunghi, cosicché l’amministrazione è incapace di dare risposte in tempi rapidi. A titolo di esempio, nell’ottobre 2009 la regione Sicilia doveva pronunciarsi su 1198 istanze per la realizzazione di impianti di produzione da fonte rinnovabile, di cui 146 per l’eolico e 1004 per il fotovoltaico; addirittura in Puglia nel biennio 2006/2008, sono state presentate 7056 richieste per il solo settore eolico. Proprio la crescita dell’eolico e del fotovoltaico (rispettivamente +25,2% e +388,6% nel 2009) determina poi strozzature nella distribuzione esistenti. Una volta realizzati i piccoli impianti – ai quali sono stati in ogni caso corrisposti gli incentivi – è spesso impossibile che una pluralità di enti locali si accordino per autorizzare le linee elettriche necessarie a connettere efficacemente le singole unità di produzione: gli impianti vengono così realizzati senza potere poi immettere l’energia prodotta nella rete di distribuzione e di trasmissione. Il sistema italiano, hanno fatto notare i ricercatori del CRIET, risulta ancora tra i più cari al mondo per kilowattora di energia elettrica prodotta da fonte rinnovabile, e ciò in ragione degli alti costi dell’energia convenzionale nonché degli elevati incentivi per le rinnovabili: l’ammontare complessivo dell’onere del sistema di incentivazione potrebbe infatti raggiungere la cifra di circa 7 miliardi nel 2020 per una produzione elettrica da fonti rinnovabili di circa 90 TWh; incentivazione che è tuttora a carico dei clienti finali e non della fiscalità generale, con gli ovvi problemi di equità distributiva che da ciò discendono. Dalle riflessioni sul settore energetico, prenderà avvio nell’ambito di CRIET un Osservatorio sulle public utilities, luogo di incontro tra economisti e giuristi in cui seguire, a stretto contatto con gli operatori, le novità nella disciplina e nella regolazione di settori caratterizzati dall’intervento pubblico: l’Osservatorio è stato presentato dai professori Anna Marzanati e Massimo Beccarello dell’Università di Milano-Bicocca. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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