Edificio concepito come organismo completo e flessibile, ad elevata permeabilità



Tecnologia e sostenibilità per un edificio ad uso uffici direzionali.

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L’intervento di sostituzione edilizia e riqualificazione urbana oggetto del progetto dell’area milanese, rientra nella più generale ristrutturazione del comparto ATU 10 prevista dal Piano di Governo del Territorio.

L’area  interessata è inserita in un contesto periferico situato a Nord-Est del capoluogo lombardo, caratterizzato da importanti infrastrutture viarie e ferroviarie e da un tessuto urbanizzato fortemente disomogeneo nel quale, alle consistenti preesistenze a carattere produttivo, si sono andate via via aggiungendo attività legate al terziario,sia ricettive che commerciali e direzionali.

Linee guida del progetto

Già ad un primo sguardo, appare evidente come la morfologia dell’area sia fortemente caratterizzata dalla sovrapposizione di tre sistemi, spesso in collisione tra loro.

Le grandi infrastrutture della mobilità veloce, che disegnano il territorio con traiettorie lineari ed ampie curve; Iltessuto di origine industriale,di modesta altezza, organizzato secondo un reticolo ortogonale Est-Ovest.

Gli edifici a torre di più recente costruzione, che costituiscono di fatto un sistema a sé privo di allineamenti prospettici e di continuità con ifronti stradali.

Ci si è subito chiesti, quindi, quale vincolo di appartenenza al territorio si intendeva dare al nuovo edificio, perché potesse farsi elemento di innesco di un processo di ricucitura di questo brano di periferia urbana.

E infine: scegliere la strada del ricompattamento del fronte stradale, o quella della permeabilità? Quella dell’allineamento agli edifici industrialiadiacenti, o quella della creazione di scorci visuali in grado di riconnettere, ad esempio, le aree verdi già esistenti o previste dal piano, creando così un embrione di sistema del verde?

Abbiamo scelto questa seconda strada, lavorando sulla permeabilità dell’area – attraverso ampi spazi verdi e coni visivi profondi – e dell’edificio stesso,concepito in modo da poter ospitare importanti funzioni “pubbliche” oltre che aziendali.
Una architettura leggera,che riprende le traiettorie dinamiche dei solchi infrastruttural iprestandosi sia ad una percezione veloce che ad una esplorazione lenta e a misura d’uomo:l’edificio, infatti, è in buona parte sospeso da terra,così da poter essere “attraversato” senza necessità di varcarne la soglia.

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Aspetti tecnologici e sostenibilità

Il nuovo edificio è costituito da lunghi setti in parte sospesi,realizzati con travi in legno lamellare e pannelli tipo X-LAM. Le porzioni sospese poggiano su pilastri in acciaio. Tutta la struttura fuori terra è sorretta, a sua volta,da strutture e fondazioni in c.a.

Al livello interrato, sopra il piano di fondazione, sono state ricavati magazzino e autorimessa, così da liberare le volumetrie fuori terra.

Con eccezione del piano interrato, tutto l’edificio è concepito con modalità costruttive a secco ed elementi parzialmente assemblati fuori opera. Le prestazioni energetiche dell’involucro sono state ottimizzate – oltre che con l’uso di pareti e strutture in legno – attraverso schermature solari a lamelle fisse e orientabili poste sia verticalmente che orizzontalmente, in presenza di tratti di copertura trasparente e nella zona roof-garden.
Le pareti trasparenti del volume a terra, come anche molte pareti interne, sono realizzate in PMMA, un vetro acrilico dalle alte prestazioni acustiche e termiche.

La porzione esterna fuori sagomata, più esposta ai raggi del sole, ha una composizione chimica modificata (già sperimentata in altri progetti) che, bloccando selettivamente le frequenze luminose, riduce sensibilmente l’effetto-serra.

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Funzionalità, economia e comfort

L’edificio è concepito come un organismo completo e flessibile, ad elevata permeabilità, con funzioni integrate pubblico­ privato modulabilie scalabili: l’area esterna, quasi totalmente a giardino, la sala conferenze, la caffetteria,sono fruibili indipendentemente dalle attività aziendali.
Queste ultime integrano servizi ai dipendenti che favoriscono la vivibilità dell’ambiente di lavoro, il comfort, il comune senso di appartenenza: asilo nido, palestra, cucina, spazi dedicati al relax, ma anche luoghi per ritrovare la concentrazione, ambienti per i lavori di gruppo, sale riunioni, postazioni di lavoro condivise (desk sharing) che consentono di liberare significative quantità di spazio senza pesare sui costi aziendali.

Grande attenzione, infine, al comfort visivo, acustico, tattile (pavimentazioni fonoassorbenti Liuni, pareti in legno e in PMMA, illuminazione naturale ed artificiale perfettamente integrate e “mixate” digitalmente, “warm-feeling”, ergonomia, fluidità di movimento.

La qualità del contesto periferico rappresenta certamente l’ostacolo maggiore per una efficace riconversione dell’area in terziario avanzato. Un intervento di riqualificazione non può, pertanto, prescindere dall’affrontare il tema della marginalità, del non-luogo, della percezione veloce, della assenza  di punti di riferimento alla piccola scala.

Per questo, abbiamo scelto  un percorso  forse   più   complesso  rispetto  al mantenimento delle attuali coordinate del tessuto edificato. Un percorso che trascina poeticamente segni lasciati sul suolo dalle grandi infrastrutture di collegamento fin dentro cluster del reticolo della viabilità locale. Generando un organismo ibrido, cangiante (la sua morfologia varia continuamente al variare del punto di osservazione), che da una parte intercetta le direttrici reticolari del tessuto esistente, dall’altra le squarcia, le flette dinamicamente irrompendo nello spazio con aperture e scorci visivi inediti. Proprio grazie a questo “momento di rottura” – ottenuto senza salti di scala né alterazioni dello skyline – è possibile innescare dinamiche attrattive, forze centripete in grado di contrastare il distante e distratto fluire della vita lungo le grandi arterie, così come nella grigia uniformità di una periferia (ex) industriale. E’ la genesi di un “luogo”, un posto dove sostare, guardare, lavorare, senza sentirsi nel nulla.

L’area di intervento

Le grandi infrastrutture della mobilità veloce disegnano il territorio con traiettorie lineari ed ampie curve, isolando brani di periferia che divengono, in tal modo, dei microsistemi a se stanti. La loro forza di impatto – sia percettiva che funzionale – è tale da appiattire il tessuto edificato al ruolo di pura mesh tridimensionale.

Tali microosistemi si organizzano, a loro volta, secondo una struttura ortogonale (nel nostro caso con orientamento est-ovest), ed in maniera a-gerarchica. Chiudendosi, di fatto, sia alla possibilità di interconnessioni fuori dal proprio “recinto infrastruturale”, sia alla creazione di luoghi caratterizanti al proprio interno.

Fanno eccezione gli edifici a torre di più recente costruzione, che costituiscono un non-sistema quasi randomico, nel quale l’assenza di allineamenti prospettici e di un disegno dello spazio urbano in grado di includerli e metabolizzarne la scala, lirende episodi isolati, più che elementi strutturanti.

La qualità del contesto periferico rappresenta certamente l’ostacolo maggiore per una efficace riconversione dell’area in terziario avanzato. Un intervento di riqualificazione non può, pertanto, prescindere dall’affrontare il tema della marginalità, del non-luogo, della percezione veloce, della assenza di punti di riferimento alla piccola scala.

Cinque setti che si flettono, invitando ad andare più in profondità con il passo e con lo sguardo, attraversare lo spazio verde reso pubblico e oltre, verso l’area anch’essa verde al di là della strada. Una sorta di riconnessione visiva che apre lo sguardo su altri luoghi,su altri giardini.

Cinque setti che si inarcano, sollevandosi dal suolo e las­ ciandosi attraversare. Perché lo spazio comune, quello pubblico, arriva fin dentro il cuore dell’edificio: una sala conferenze, un giardino, un bar.

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Non solo per chi “abita” l’edificio: sono luoghi che possono essere utilizzati anche indipendentemente dalle attività lavorative che vi si svolgono nel quotidiano.

Una piazza ombreggiata, verde, a disposizione di tutti, nata per essere percorsa a piedi, scandita dall’alternarsi di ombra e luce da linee nette, taglienti,che solcano il terreno secondo le antiche direttrici dei fondi agricoliche una volta occupavano questi suoli.

Una “bolla” trasparente, protettiva, che racchiude iservizi di ingresso, la hall, l’asilo nido aziendale, la caffetteria. Perché accogliere è anche mostrarsi da dentro, eliminare le barriere opache, gli inutili filtri.

Nello spazio tra la terra e il ventre inarcato dell’edificio un volume interamente trasparente, sapientemente ammor­ bidito nelle forme, ci porta al suo interno quasi senza ac­ corgercene, tanto è leggera, quasi eterea, la membrana cristallina che lo racchiude.

Una piazza sulla piazza, per le persone che lavorano all’interno dell’edificio. Perché gli spazi comuni, la libertà di movimento, gli ambienti informali, le “boccate d’aria” sono importanti per chi lavora. E’ importante sentirsi a casa senza le incombenze e le distrazioni della casa. E quindi un grande roof garden, tanta luce (opportunamente scher­ mata), spazio fitness, relax, tanti micro-spazi per lavori che richiedono la massima concentrazione, e tanti spazi per lavori di gruppo, meeting più o meno allargati.



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