Riciclo plastica: l’idea italiana di ridare nuova vita al 100% ai rifiuti

L’emiliana Plastic Sort ha messo a punto e brevettato una tecnologia e un impianto di riciclo plastica in grado di recuperarla producendo materiali puri al 100%. Ottima idea, ma tanti gli ostacoli

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Riciclo plastica: l’idea italiana di ridare nuova vita al 100% ai rifiuti

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Servono soluzioni per il riciclo plastica. Perché ogni anno da questo materiale ottenuto dal petrolio produciamo circa 300 milioni di tonnellate di rifiuti.

È un peso quasi equivalente a quello dell’intera popolazione umana, evidenzia Unep. Lo stesso Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente offre qualche altra cifra: dall’inizio degli anni Cinquanta sono state prodotte più di 8,3 miliardi di tonnellate di plastica. Il 60% circa è finita in una discarica o nell’ambiente naturale.

Cosa fare allora? Un’idea tutta italiana è quella di ridare nuova vita per davvero almeno a una parte di questo immane quantitativo. Grazie all’idea di uno studio di ingegneria che ha brevettato una tecnologia, ha creato prima una startup innovativa che oggi è un’azienda attiva a Imola. E che, mediante un impianto ad hoc messo a punto dalla stessa, è in grado di “ridare vita”, come plastica pura al 100%, a 800/1000 chili di materia prima seconda proveniente da rifiuti plastici ogni ora.

Riciclo plastica: l’idea innovativa di un’ex startup emiliana

Plastic Sort nasce come startup innovativa nel 2010, a Imola, per volontà di Stefano Cassani, ingegnere. È nata come progetto di ricerca all’interno dello studio di Engineering Multiprojecta, titolare di oltre 25 brevetti e che lavora per aziende del calibro di Ima, leader mondiale nella progettazione e produzione di macchine automatiche di confezionamento. Cassani da subito cerca di mettere a punto una tecnologia che sia realmente in grado di dividere la plastica per singolo polimero, sfruttandone le proprietà elettriche intrinseche.

«L’idea nasce nel 2010, come alternativa ai metodo ancora oggi utilizzati per dividere la plastica», racconta Marco Visentin, key account manager di Plastic Sort.

Riciclo plastica, la macchina separatrice realizzata da Plastic Sort
La macchina separatrice realizzata da Plastic Sort

Attualmente, per dividere la plastica si usano tre processi: per flottazione (o per densità); ottico mediante telecamere a spettroscopia nell’infrarosso; elettrostatico. Il galleggiamento e il metodo ottico sono quelli più impiegati per individuare e selezionare le bottiglie di PET.

Cassani studia e cerca di affinare l’effetto triboelettrico, fenomeno elettrico che consiste nel trasferimento di cariche elettriche, positive e negative, tra materiali diversi quando vengono sfregate tra loro. «La purezza cui si è arrivati con le altre metodologie è del 95%. Tale percentuale è stato il punto di partenza da cui si è partiti con la startup Plastic Sort». Sembra tanto il 95%, ma non lo è, o almeno è necessaria una purezza assoluta per il riutilizzo della plastica quanto meno in svariati ambiti che spaziano dall’edilizia all’automotive fino alla produzione di componenti elettrici ed elettronici.

Il costante lavoro di ricerca e sviluppo ha portato nel 2019 ad affinare la tecnica, arrivando a una soluzione in grado di avere un output continuativo di polimeri purificati al 100%, partendo da fonti di materiale differenti, di qualsiasi tipo di materiale plastico: PET, PA, TPU, ABS eccetera.

Oggi Plastic Sort opera anche in conto lavoro, ovvero trattando materiale di proprietà di altre aziende per la trasformazione. Per lo più oggi si occupa di materia prima seconda proveniente sia da rifiuti plastici industriali, ma anche da raccolta differenziata.

Recupero e riciclo plastica: difficoltà, ostacoli e potenzialità

Tutto semplice? Purtroppo non è così nel variegato mondo del riciclo plastica. O, almeno, non è così semplice ricavare plastica pura dai rifiuti. Perché spesso vengono conferiti materiali diversi, alcuni dei quali non riciclabili, come i poliaccoppiati. Questi materiali, multistrato, generalmente di polietilene, carta e alluminio, sono largamente impiegati nell’imballaggio alimentare.

«I poliaccoppiati entrano nella raccolta differenziata e non si possono gestire – specifica Visentin – Il problema è che gli imballaggi, alimentari e non, sono costituiti da questi materiali creati nel packaging. Il riciclo è inefficace. Questo è un grosso ostacolo che non permette di differenziare così tanta plastica, come avviene invece nel caso di vetro, alluminio e carta/cartone. Idem dicasi per materiali inscindibili. Solo i poliaccoppiati incidono nel quantitativo totale di rifiuti, specie quelli da post consumo, anche fino al 50%».

Altro ostacolo è la burocrazia: «stiamo attendendo da tempo l’autorizzazione per gestire rifiuti non pericolosi». Plastic Sort, tra l’altro, potrebbe gestire varie tipologie di rifiuti plastici domestici, una volta opportunamente fatta una pre-selezione. «Le potenzialità sono infinite», ipotizza il manager, segnalando che la tecnologia brevettata è in grado di separare anche polimeri ABS da ABS autoestinguente RAEE.

Riciclo plastica: le future prospettive, dagli scarponi da sci all’automotive

L’azienda emiliana prosegue la propria attività di ricerca nel campo del riciclo plastica, anche per riciclare film multilayer per packaging dal post-consumo. Da tempo sta collaborando a un progetto LIFE, come partner tecnico, partecipando a Reskiboot.

Quest’ultimo è finalizzato al recupero di scarponi da sci post-consumo e al successivo riutilizzo in produzione del TPU purificato e Plastic Sort collabora con la ditta di prodotti da sci Dalbello e con l’Università di Bologna. L’obiettivo è lanciare sul mercato scarponi da sci realizzati con circa il 90% di materie prime riciclate, producendo mille paia di scarponi. Per questo s’intende sviluppare un processo di produzione ottimizzato utilizzando circa il 90% di materie prime riciclate ed eliminando gli scarti di lavorazione.

Tuttavia, il settore automobilistico sarebbe il più grande campo di applicazione della tecnologia Plastic Sort. Già oggi i veicoli sono costituiti per il 20-25% da materie plastiche, ma nel caso di auto elettriche e nel futuro nelle connected car la quota si eleverà al 30%. Le criticità attualmente sono le numerose tipologie di plastiche presenti, oltre ai materiali inseriti, che rendono complesso il loro recupero e separazione per materie in purezza. «Tuttavia, si potrebbe creare un mercato enorme già solo con i paraurti delle auto odierne», conclude Visentin.

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