Rinnovabili e finanziamenti: nuovi record attesi per la transizione energetica

Il 2022 ha registrato investimenti record per le rinnovabili e per la mobilità elettrica. Lo segnala l’ultimo report BNEF. Il 2023 sarà l’anno delle opportunità, ma occorre crederci, segnala IEA

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Rinnovabili e finanziamenti: nuovi record attesi per la transizione energetica

Il legame tra rinnovabili e finanziamenti è più saldo che mai. Seppure il 2022 sia stato funestato dalla invasione ucraina e dalla rincorsa agli approvvigionamenti di gas, l’interesse verso le fonti rinnovabili non è mancato. Tutt’altro. Nel 2022 sono aumentati del 31% rispetto ai livelli del 2021, “raggiungendo per la prima volta i 1.000 miliardi di dollari” segnala l’ultimo report BloombergNEF (BNEF) intitolato “Energy Transition Investment Trends”. La stessa società di analisi evidenzia che gli investimenti globali nella transizione energetica sono andati ben oltre, arrivando a registrare un totale di 1100 miliardi di dollari. Si tratta di un “nuovo record e di un’enorme accelerazione rispetto all’anno precedente”, motivato dalla crisi energetica e dalle azioni politiche che hanno stimolato una più rapida diffusione delle tecnologie energetiche pulite.

Quasi tutti i settori considerati nel rapporto hanno raggiunto un nuovo livello record di investimenti nel 2022. Tra di essi vanno segnalati in particolare le fonti energetiche rinnovabili, l’energy storage, la mobilità elettrica, le tecnologie CCS di cattura e stoccaggio del carbonio.

Concluso un anno positivo, cosa c’è da aspettarsi da quello che stiamo vivendo? Potrebbe fornire un nuovo slancio alla transizione energetica in termini di opportunità: a rilevarlo è il report IEA Energy Technology Perspectives 2023.

Rinnovabili e finanziamenti, emobility e Cina: ecco chi cresce di più

Il buon andamento che lega rinnovabili e finanziamenti lo si nota innanzitutto da eolico, fotovoltaico & C. Queste e altre fonti rinnovabili sono rimaste il settore più importante in termini di investimenti, raggiungendo un nuovo record di 495 miliardi di dollari impegnati nel 2022, con un aumento del 17% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, c’è chi ha fatto ancora meglio, ed è forse questa la novità più significativa: l’emobility, più precisamente dei trasporti elettrificati, che comprende la spesa per i veicoli elettrici e le relative infrastrutture, è arrivato quasi a pareggiare le energie rinnovabili, con 466 miliardi di dollari spesi nel 2022 e segnando un aumento “impressionante” del 54% rispetto all’anno precedente.

Nel 2022 crescono i finanziamenti nell'e-mobility

Tra le varie voci, quella riguardante l’idrogeno è in tono minore: BNEF rileva che è il settore caratterizzato dal minor impegno finanziario, con appena 1,1 miliardi di dollari nel 2022. Si tratta di una quota pari allo 0,1% del totale investimenti. Tuttavia, malgrado sia ancora “di nicchia”, è il settore in più rapida crescita, con investimenti più che triplicati rispetto all’anno precedente.

Per quanto riguarda i Paesi, il report evidenzia che la protagonista è di gran lunga la Cina: in termini di investimenti per la transizione energetica, la Repubblica Popolare è riuscita ad attrarre 546 miliardi di dollari, ovvero quasi la metà del totale globale. Al secondo posto si piazzano gli Stati Uniti con 141 miliardi di dollari, la Germania si conferma al terzo posto; dietro a lei si posiziona la Francia che scavalca il Regno Unito. Bloomberg fa notare che l’Unione Europea, se fosse considerata un’unica realtà, costituirebbe la seconda realtà mondiale, con 180 miliardi di dollari di finanziamenti raccolti.

Tendenza positiva, ma non basta per raggiungere gli obiettivi “net zero”

Il documento di analisi BNEF mette in evidenza le buone notizie in termini di rinnovabili e finanziamenti, ma non nasconde che c’è ancora molto da fare. “Nonostante i risultati impressionanti del 2022, gli investimenti globali in tecnologie a basse emissioni di carbonio rimangono tristemente al di sotto di quanto necessario per affrontare il cambiamento climatico”, si legge. Per raggiungere una traiettoria net zero di emissioni di CO2 da qui al 2050, gli investimenti devono triplicare da subito. “Includendo gli ulteriori 274 miliardi di dollari investiti nella rete elettrica, gli investimenti per la transizione energetica raggiungeranno 1380 miliardi di dollari nel 2022”.

Sono pochi: questo richiederà, per centrare gli obiettivi, uno sforzo notevole in termini d’investimenti stimati in 4550 miliardi di dollari ogni anno fino al 2030, per essere in linea con lo scenario Net Zero del BNEF.

Rinnovabili e finanziamenti per la neutralità climatica

Il report ha considerato – seppure a parte – anche i finanziamenti alle imprese nel settore climate-tech: il comparto ha accumulato 119 miliardi di dollari nel 2022 di investimenti pubblici e privati. Rispetto al 2021 si registra un decremento sensibile (-29%) rispetto all’anno precedente. È il prezzo da pagare al calo delle offerte di azioni pubbliche “durante un anno difficile per i mercati azionari globali”. La nota positiva è caratterizzata dai finanziamenti privati: nonostante le turbolenze, venture capital e private equity hanno continuato a investire, anzi il comparto è cresciuto del 3% nel 2022 rispetto all’anno precedente.

Si segnalano in aumento anche gli stanziamenti dedicati agli impianti industriali di produzione per tecnologie energetiche “pulite”: sono cresciuti a 78,7 miliardi di dollari nel 2022, rispetto ai 52,6 miliardi di dollari del 2021. Gli impianti di produzione di batterie e componenti correlati hanno rappresentato la quota maggiore, con 45,4 miliardi di dollari, mentre le fabbriche produttive di impianti e componenti per il solare hanno attirato 23,9 miliardi di dollari. C’è da dire, però, che la Cina detiene il monopolio: il Paese, infatti, ha rappresentato il 91% degli investimenti nel settore manifatturiero nel 2022, nonostante gli sforzi di altri Paesi per catturare una parte maggiore dell’opportunità globale dell’energia pulita.

Cosa ci attende nel 2023: le prospettive della lEA

La transizione energetica sta accelerando, sotto la spinta di una combinazione di politiche, cambiamenti tecnologici ed economia. La necessità di ridurre drasticamente e urgentemente le emissioni di gas a effetto serra, di fronte alle prove sempre più sorprendenti del cambiamento climatico globale, è ormai ampiamente accettata e si riflette in obiettivi nazionali sempre più ambiziosi. A scriverlo è la IEA, nel suo report Energy Technology Perspectives 2023, in cui si segnala che alla fine di novembre 2022, 87 Paesi e l’Unione Europea avevano annunciato l’impegno a ridurre le emissioni a zero in questo secolo, coprendo oltre l’85% delle emissioni mondiali e l’85% del prodotto interno lordo. “Il mondo dell’energia è nella fase iniziale di una nuova era industriale, quella della produzione di tecnologie energetiche pulite”, esordisce l’Agenzia internazionale dell’Energia, fornendo numeri che inducono all’ottimismo:

“esiste un’opportunità di mercato globale per le principali tecnologie energetiche pulite prodotte in serie del valore di circa 650 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 – più del triplo del livello attuale – se i Paesi di tutto il mondo attueranno pienamente gli impegni annunciati in materia di energia e clima”.

La spinta combinata tra rinnovabili e finanziamenti sortirebbe una leva occupazionale incredibile: secondo IEA, i posti di lavoro nel settore manifatturiero dell’energia pulita passerebbero dai 6 milioni di oggi a circa 14 milioni entro il 2030, di cui oltre la metà legati ai veicoli elettrici, al solare fotovoltaico, all’eolico e alle pompe di calore. “L’avanzamento della transizione energetica oltre il 2030, potrebbe portare un’ulteriore e rapida crescita industriale e occupazionale”. Tuttavia, l’Agenzia non nasconde i timori riguardanti i livelli potenzialmente rischiosi di concentrazione nelle catene di approvvigionamento dell’energia pulita, sia per la produzione di tecnologie che per i materiali su cui si basa. In poche parole: la Cina domina la produzione e il commercio della maggior parte delle cleantech energetiche.

Servono misure drastiche, in termini di stimolo alle filiere produttive, che possano creare condizioni più competitive, tramite incentivi dedicati: vanno in questa direzione iniziative quali l’Inflation Reduction Act negli Stati Uniti, come il pacchetto Fit for 55 e il piano REPowerEU nell’Unione Europea, il programma Green Transformation del Giappone e quello approvato dall’India (Production Linked Incentive) per stimolare la produzione di fotovoltaico e batterie.

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