Idrogeno circolare: così una startup italiana crea H2 verde dagli scarti

La startup milanese ReActive ha brevettato una tecnologia per produrre idrogeno dalla reazione tra acqua e polveri metalliche, ricavabili dagli scarti. Un’idea green che è destinata a farsi spazio

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Idrogeno circolare: così una startup italiana crea H2 verde dagli scarti

Generare idrogeno circolare è possibile e tutto sommato semplice. La ricetta si compone di acqua e polveri metalliche ed è la base di H2st, tecnologia eco-friendly che permette di generare idrogeno on demand dall’acqua senza richiedere energia. Le polveri sono in grado di scindere spontaneamente la molecola d’acqua e di catturarne l’ossigeno, rilasciando idrogeno e calore.

A metterla a punto ci ha pensato una startup italiana, ReActive – Powder Technology, nata nel 2018 (ma costituita ufficialmente nel 2019) come spin-off del Politecnico di Milano dal Laboratorio di Propulsione Aerospaziale afferente al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali dello stesso ateneo.

Così è possibile creare idrogeno rinnovabile in modo semplice, usando scarti metallici, senza peraltro richiedere acqua pura. Infatti, per la reazione si può impiegare acqua non potabile. Per generare il processo non viene richiesto alcuna fonte energetica, evitando così consumi ed emissioni.

Idrogeno circolare: come funziona

Alla base dell’idea dell’idrogeno circolare ci sono le polveri a base metallica. «Possono essere di magnesio o alluminio, trattate con un processo di attivazione meccanica ad alta energia – brevettato – che permette di rendere le polveri molto reattive e pronte per reagire con acqua. La polvere versata nel liquido ha una reazione spontanea che scinde la molecola di acqua in due – ossigeno e idrogeno – catturando il primo e rilasciando il secondo. Si tratta di un processo simile all’idrolisi senza però l’impiego di energia elettrica, sfruttando quella chimica dell’alluminio», spiega Stefano Dossi, Ceo di ReActive. Si può partire da alluminio di scarto, in polvere, tipico sotto prodotto delle tornerie. In Italia i quantitativi potenziali sono notevoli: nel 2022 sono stati avviati a riciclo più di 60mila tonnellate di imballaggi di alluminio, registra CIAL.

La tecnologia della startup milanese ReActive per l'idrogeno circolare
Sa sx Giudice e Stefano Dossi di ReActive

L’impiego della polvere metallica per scindere idrogeno e ossigeno dall’acqua non è un concetto nuovo: esiste già dal 2006. «Tuttavia finora produrre partendo dalla polvere richiedeva delle 4 alle 6 ore di tempo; con la nostra tecnologia si produce in un tempo sensibilmente inferiore, rendendola scalabile e interessante a livello industriale, e non solo a livello scientifico».

Il cuore tecnologico è rappresentato da una formulazione di polveri metalliche a base di alluminio o di magnesio opportunamente processate attraverso la già citata tecnica. Le polveri così trattate sono in grado di generare idrogeno al contatto con acqua o liquidi a base acquosa grazie a una reazione chimica spontanea. Il liquido non necessita di un particolare livello di purezza: si possono impiegare tutte le tipologie di acqua e persino liquidi biologici (urina, per intenderci). La polvere, anche in forma di pastiglie, è ampiamente personalizzabile in termini di tempi di rilascio di idrogeno, da pochi secondo a diverse ore. Il materiale può essere conservato per lunghi periodi di tempo pronto per l’uso ed è in grado di sviluppare oltre 1 litro di idrogeno per grammo.

I residui di reazione così come le polveri sono totalmente atossici e possono essere recuperati o reinseriti nel ciclo di produzione dell’alluminio e del magnesio per essere rigenerati in un’ottica circolare di processo.

La tecnologia proposta da ReActive è pensata per essere una “pila d’idrogeno” in grado di garantire il gas rapidamente, in ogni situazione ambientale e senza necessità di stoccaggio in pressione o in cartucce a idruri.

Costi e opportunità dell’idrogeno circolare

Ecco spiegato il vantaggio della tecnologia dell’idrogeno circolare. I costi variano a seconda di quanto si voglia essere circolari: «partendo da materiali di scarto e rivendendo i residui di reazione,  non dannosi per l’uomo né per l’ambiente, composti principalmente da idrossido di alluminio (e di magnesio, entrambi usati come antiacido contro bruciori e dolori di stomaco) il costo di un chilogrammo di questo tipo di idrogeno, che chiamiamo idrogeno bianco, è inferiore a 4 euro al chilo, producendo le polveri con il nostro impianto pilota», precisa Dossi. In futuro potranno anche calare. «Invece, se l’idea è utilizzare i residui metallici per reintrodurli nel ciclo di produzione dell’alluminio rigenerando nuovo materiale, i costi salgono». Il ciclo è replicabile pressoché all’infinito.

Oltre all’economia circolare, il processo è sostenibile a livello ambientale. «Si aggiunga anche il fatto che le industrie di alluminio negli ultimi anni hanno fatto passi da gigante, non soltanto eliminando energia elettrica proveniente dal carbone ma anche gli elettrodi di grafite utilizzati nell’ultimo processo di trasformazione da allumina ad alluminio sono stati finalmente sostituiti da nuovi elettrodi che non producono più CO2».

Gli sforzi verso la produzione di alluminio “net zero” sono perseguiti da varie aziende: tra queste Apple, che ha investito 4,7 miliardi di dollari in green bond nella sua azione carbon neutral finanziando ELYSIS, società ideatrice del primo processo al mondo di fusione diretta dell’alluminio privo di carbonio, ha annunciato di aver prodotto il primo alluminio primario di purezza commerciale su scala industriale da utilizzare per i prodotti della “Mela”. Così un giorno non così lontano si potrà produrre idrogeno circolare partendo da alluminio a zero emissioni.

Chi sono i potenziali interessati

La startup milanese è nata dall’acquisizione di competenze in termini di polveri aerospaziali, ambito di interesse tuttora vivo. Offre, infatti, servizi di consulenza che spaziano dalla semplice caratterizzazione di polveri, passando per la risoluzione di problematiche industriali legate all’utilizzo dei materiali dispersi. «ci siamo resi conto, però, che questo processo estremamente innovativo e versatile poteva essere applicato anche ad altri campi e quindi lo abbiamo impiegato per produrre idrogeno». L’interesse sulla tecnologia è molto alto, afferma il Ceo di ReActive: «stiamo discutendo con diversi attori industriali per applicare la tecnologia a casi specifici».

I clienti potenzialmente interessati sono numerosi: «ovunque ci sia la necessità di generare idrogeno on demand e on site con elevati livelli di sicurezza e impiegando poco spazio, sono queste le applicazioni ideali dove la tecnologia è vincente». Si spazia dalle necessità della mobilità alle esigenze dei laboratori di analisi alle necessità di energia on demand ed energy storage.

Non è concorrente ai sistemi di produzione dell’idrogeno verde, ma va a soddisfare delle nicchie dove diventa interessante attivare la generazione di idrogeno circolare, creando nuovi presupposti per generare un elemento determinante per la transizione energetica.

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