Mobilità elettrica in Italia: siamo pronti a una filiera automobilista nazionale?

Le eccellenze non mancano alla mobilità elettrica in Italia, ramo industriale. Ma occorre una visione lungimirante e alcune accortezze, come spiegano gli esperti ANIE e Motus-E

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Auto elettrica in Italia: siamo pronti a una filiera automobilista nazionale?

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Che situazione vive la mobilità elettrica in Italia? La questione oggi è capire se da qui al 2035, anno del phase out delle auto a benzina e diesel e il passaggio ad auto elettriche (o a emissioni zero), il nostro comparto industriale sia pronto per affrontare la transizione. Ma soprattutto, se ci sia una filiera made in Italy pronta a rispondere alle richieste di un mercato che già oggi corre. Secondo i dati ACEA (Associazione europea dei costruttori) nel terzo trimestre dell’anno, la quota di mercato dei veicoli elettrici a batteria (BEV) è aumentata ulteriormente, rappresentando l’11,9% delle immatricolazioni totali di auto nell’Unione Europea.

L’Italia già oggi esprime autentici primati: è made in Italy l’hypercar elettrica più veloce al mondo in accelerazione (Pininfarina Battista), inoltre è “italiana” la BEV più venduta in Europa (Fiat 500). Ma non solo: a livello di infrastrutture di ricarica il nostro Paese mette a disposizione di cento possessori di auto elettrica circa 21 punti di ricarica: è un dato superiore alla media europea, segnala Motus-E.

Anche a livello di componentistica, di elettronica di potenza e di altre soluzioni l’Italia esprime eccellenze riconosciute. Purtroppo però c’è chi paventa grossi rischi per quanto riguarda il passaggio dalle auto “tradizionali” a quelle elettriche: secondo Anfia, 70mila posti di lavoro sono a rischio nell’industria automotive, a causa del bando delle vendite auto benzina e diesel dal 2035, “legata alla produzione di componenti che non serviranno per l’elettrico”, afferma l’associazione.

Cosa fare allora? Abbiamo voluto approfondire alcuni aspetti delicati sull’emobility insieme a due figure di rilievo come Omar Imberti, coordinatore del gruppo E-Mobility di ANIE Federazione, e Francesco Naso, segretario generale dell’associazione Motus-E che raggruppa tutte le parti interessate della mobilità elettrica.

Mobilità elettrica in Italia: la situazione attuale

Torniamo allora alla questione: che situazione vive la mobilità elettrica in Italia? Francesco Naso, segretario dell’associazione Motus-E, cerca di porre la questione in altri termini rispetto alle stime Anfia: «se andiamo a vedere effettivamente lo studio di CLEFA, associazione dei componentisti europei, la Francia nello stesso periodo registrerà una crescita di lavoratori nel settore», afferma. «Occorre ribaltare la narrativa e fare sì che gli operatori italiani siano pronti a cogliere l’opportunità dell’elettrificazione. Al contrario, rallentare è dannoso per le imprese perché il mercato si sta evolvendo verso quella direzione. Bisogna ricordare che le nostre imprese nazionali esportano il 60% dei componenti. Stellantis ha annunciato che elettrificherà la sua gamma auto europea già nel 2028, compresi Fiat, Lancia e Alfa Romeo. Quindi occorre correre, non rallentare, per cogliere quest’opportunità. Altrimenti il rischio, se si rallenta, è ben peggiore».

Auto elettriche in Italia: siamo pronti a una filiera automobilista nazionale?

È concorde in questo Imberti, di ANIE: «L’e-mobility è ineluttabilmente il futuro (anzi, se guardiamo le scelte e gli investimenti dei grandi Car Maker possiamo dire “del presente”) e per questo serve una visione innovativa rispetto ai modelli del passato. Troppo spesso quando si parla di filiera automotive si rimane aggrappati ad una visione tradizionale e quindi, anche nei tavoli politici, si convocano gli attori che fino a ieri erano parte di questa filiera ignorando il cambiamento epocale che di fatto è già avvenuto. Oggi la filiera è cambiata e per avere una visione olistica è necessario coinvolgere tutti gli stakeholder, sia nuovi che vecchi perché solo così si può riuscire a coniugare il modello del passato con il nuovo e soprattutto si può tramutare la teoria in pratica e trasformare quella che, per ora, viene vista dal mondo tradizionale automotive come una minaccia, in una reale opportunità».

Gli elementi mancanti alla filiera dell’emobility

Cosa manca nel complesso per realizzare una filiera per l’emobility italiana? «In senso assoluto credo manchi una politica industriale che riconosca tutte le potenzialità e le opportunità che questo cambiamento epocale offre. Senza una visione olistica continueremo ad avere una visione parziale che inevitabilmente tende a portare divisioni e difesa di interessi di parte che non fanno certo il bene del sistema paese», risponde Imberti. Lo stesso coordinatore ANIE mette in evidenza come oggi la filiera sia cambiata: «per avere una visione ad ampio respiro è necessario coinvolgere tutti gli stakeholder, sia nuovi che vecchi perché solo così si può riuscire a coniugare il modello del passato con il nuovo e soprattutto si può tramutare la teoria in pratica e trasformare quella che, per ora, viene vista dal mondo tradizionale automotive come una minaccia, in una reale opportunità. Quando si parla di nuovi player mi riferisco ovviamente al mondo delle infrastrutture di ricarica che è strettamente legato alle aziende del gruppo e-mobility di ANIE, ma anche al mondo delle batterie, al mondo dei servizi di ricarica senza dimenticare tutta la filiera del materiale elettrico (le infrastrutture devono essere installate e gli impianti progettati) ed è tutto valore che rimane strettamente “made in italy”. In tutto questo credo che la parola chiave non stia tanto nel mero switch del numero di posti di lavoro tra nuovi e vecchi, ma piuttosto di coniugare le competenze che possono essere comuni ed anche in questo serve un cambio di mindset importante».

Auto elettrica in Italia, gli elementi mancanti alla filiera dell’emobility

Motus-E ha messo in luce la situazione che vive il contesto europeo e il nostro Paese:

“Paesi come Germania, Francia, Spagna e Polonia, hanno già pianificato la trasformazione del loro ecosistema industriale, l’Italia non ancora. È quindi necessario, e non più rimandabile, stilare il prima possibile un piano di politica industriale per l’evoluzione della filiera automotive italiana e del suo allargamento ad altri settori, così come un piano di formazione di nuove competenze dei lavoratori del settore.”

Per cercare di comprendere meglio la situazione italiana Motus-E e CAMI (Center for Automotive and Mobility Innovation), rete di professori e ricercatori esperti delle dinamiche dell’industria automotive, lanceranno un Osservatorio permanente “che sarà in grado di garantire questo monitoraggio e di lanciare survey verso le imprese mappate nel database”.

Lo stesso segretario generale evidenzia come, da un’indagine condotta dalla associazione e che verrà presentata prossimamente, risulta che la stragrande maggioranza delle imprese e dei lavoratori possa riposizionarsi attraverso azioni di riqualificazione abbastanza modeste, in quanto molti prodotti continuano ad esistere sul veicolo. «Il numero di imprese con un portafoglio prodotto esclusivamente vocato all’endotermico sono molte meno di quello che si pensa. In ogni caso è cruciale conoscere bene la costituzione della filiera automotive, allargata alla mobilità elettrica, per avviare politiche di sostegno mirate ed efficaci».

Punti forti e limiti della filiera italiana della mobilità elettrica

In quali comparti la filiera della mobilità elettrica in Italia è forte e in quale è, invece carente? Partiamo dai pregi: oltre al comparto del materiale elettrico anche sul tema infrastrutture di ricarica le eccellenze non mancano. A quest’ultimo proposito, secondo una raccolta statistica promossa da ANIE, dalle prime proiezioni che è possibile anticipare che per quanto riguarda le ricariche standard (AC in corrente alternata) il numero di stazioni di ricarica prodotte in Italia è pressoché pari al numero di stazioni installate. «Questo non significa che tutte le stazioni installate in Italia sono made in Italy, ma che il saldo tra quanto importiamo e quanto esportiamo è allineato», segnala Imberti. «Se passiamo al mondo di ricarica Fast (DC in corrente continua) addirittura abbiamo i due maggiori produttori europei che producono sul territorio nazionale, autentiche eccellenze che vanno valorizzate e stimolate a continuare a investire in Italia».

Mobilità elettrica, l'eccellenza delle infrastrutture di ricarica

Anche dal punto di vista della gestione dei servizi di ricarica certamente l’Italia non ha nulla da invidiare agli altri partner europei. Le carenze – a suo giudizio – vengono certamente da un lato per la parte di produzione dove, anche se abbiamo un grande produttore sul territorio italiano, i grandi player tendono a preferire altri paesi europei per fare i loro investimenti. «In questo senso servirebbero politiche mirate ad attrarre investimenti in questo senso».

Sull’elettronica di potenza – segnala per parte sua il segretario generale di Motus-E – l’Italia ha continuato a mantenere una competenza adeguata e una buona capacità produttiva, sia lato veicoli sia lato infrastrutture di ricarica. «Anche la parte elettrotecnica (cavi, componenti elettrici ecc.) vive una buona situazione, con una presenza ancora reale sul mercato e una rilevanza internazionale, in particolare sulle infrastrutture di ricarica. Su quest’ultimo ambito, in particolare, l’alta potenza è un segmento di appannaggio dell’Italia in Europa. Si registra una situazione abbastanza lusinghiera anche per quanto riguarda le wallbox, infrastrutture di bassa potenza». Dall’esito della valutazione effettuata da Motus-E e ANIE è possibile affermare che il 60-70% delle infrastrutture di ricarica vendute in Italia sono made in Italy.

L’altro grande tema riguarda la produzione di batterie e le materie prime ad esse legate. «Sulla prima parte abbiamo qualche bella realtà in Italia (spesso sottovalutata) ma è innegabile che i grandi numeri si fanno fuori dall’Italia ed in questo senso è un peccato che l’eccellenza chimica che avevamo sviluppato nel tardo dopoguerra sia stata lasciata andare in declino e che oggi si debba rincorrere (con fatica)», analizza Imberti. L’annuncio della giga factory di Termoli di Stellantis è certamente positivo, «ma servirà molto di più se vogliamo pensare ad una filiera davvero competitiva». Sul tema materie prime, aggiunge, c’è un’opportunità importante legata all’industria del riciclo «dalla quale potremmo ricavare quelle materie prime che ci servono».

Norme, istituzioni, politica: la mobilità elettrica in Italia passa da qui

A livello normativo-istituzionale cosa si richiede al nuovo Esecutivo e alla politica in generale? «Innanzitutto serve certezza, con una programmazione pluriennale e una politica industriale di medio-lungo periodo, compresa la strategia sugli incentivi – risponde Naso –. Anziché lamentarsi del phase out al 2035, che va letto invece come un segnale importante verso cui già sta dirigendosi il mercato, l’Italia dovrebbe far sentire la propria voce, riguardo agli strumenti per accompagnare gli Stati verso questa transizione. Un esempio, si è parlato troppo poco di una revisione della normativa europea sugli aiuti di Stato, che sia mirata agli effettivi bisogni. Gli strumenti ora attivi per l’aiuto alle imprese in realtà non affrontano degnamente il tema della transizione. Va giocata una partita a livello europeo per sostenere questo passaggio».

Anche Imberti è concorde sulla necessità in senso assoluto «di una seria e illuminata politica industriale che da troppo tempo, purtroppo, manca al nostro paese. Più nello specifico, serve innanzitutto un’analisi puntuale e profonda delle competenze che della filiera tradizionale possono essere messe a fattore comune per le professionalità richieste da questo nuovo paradigma. Questa analisi è determinante per riuscire a definire quanti siano i lavoratori che davvero necessitano di un reskill rispetto a un semplice ricollocamento. Tutto ciò è determinante per non sprecare risorse ed energie e per indirizzare efficacemente tutte le azioni. Purtroppo il tempo stringe e dirigere fin da subito gli sforzi in questo senso è determinante per evitare che altri player possano prendere campo occupando quegli spazi di mercato che oggi possono e devono rimanere in Italia». In questo senso giocano un ruolo determinante la formazione, che deve essere indirizzata laddove possiamo occupare gli spazi che si stanno creando, e gli strumenti di supporto alle aziende per riuscire a cogliere l’opportunità di questo cambio epocale. «Tali strumenti devono essere semplici, fruibili ed efficaci anche per le Pmi che sono parte integrante del tessuto industriale del nostro paese e che troppo spesso sono poco organizzate per sfruttare al meglio gli strumenti di supporto. Purtroppo invece ancora troppo spesso assistiamo a sterili disquisizioni sul “se” sia opportuna o meno l’elettrificazione mentre il focus dovrebbe andare sul “come” essere protagonisti di questa transizione energetica che di fatto i grandi car maker (che ormai producono fuori dall’Italia) hanno di fatto già definito».


20/04/2021

Auto elettriche in Italia: cresce la voglia di e-mobility

Il mercato auto elettriche in Italia cresce, anche in controtendenza rispetto al tradizionale. Le case automobilistiche ci credono: ecco allora le novità. Ma servono gli incentivi

Le auto elettriche crescono in Italia e in Europa

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Cresce il numero di auto elettriche in Italia. Lo scorso mese di marzo, le PEV, ovvero le auto alla spina Plug-in Electric Vehicle, somma di BEV e PHEV, hanno evidenziato una crescita notevole, con quasi 30mila auto vendute.

Per la precisione, evidenzia Motus-E, il totale di elettriche e ibride plug-in sono 29.606, con un forte balzo (+255%) se si guarda nel confronto con il 2020, in cui si era raggiunto un totale di 8336 auto.

Così oggi il parco circolante in Italia è di 128.798 electric vehicle, contando su 68.196 pure elettriche e 60.602 PHEV.

Solo nel mese di marzo in particolare le BEV, come sempre alla fine dei trimestrali, segnano un clamoroso 7.314 unità, mentre le hybrid sono 7.697, assottigliandosi quindi molto il divario tra 100% elettriche e ibride.

Auto elettriche e ibride in Europa: la crescita c’è

A confortare sul positivo trend della mobilità elettrica, c’è anche quanto messo in luce dal gruppo Repower. Nella quinta edizione del White PaperLa mobilità sostenibile e veicoli elettrici”, emerge come nel 2020 siano crollate le immatricolazioni di veicoli, che hanno registrato un -28% (il dato peggiore dagli anni ’70) una contrazione pari a 535.000 vetture, di cui -40,2% diesel -38,7% benzina, -31,1 % GPL, -18,1 % metano. Mentre il comparto auto ha sofferto, è salito il numero di veicoli elettrici (full electric e plug in hybrid) immatricolati: nel 2020 BEV e PHEV insieme hanno visto 59.900 nuove immatricolazioni contro le 17.065 nel 2019. In termini percentuali, l’aumento complessivo del 2020 per entrambe le categorie è del 250% rispetto all’ anno precedente, anche grazie agli incentivi governativi e regionali.

Gli incentivi sono essenziali per sostenere la crescita, evidenzia Motus-E. E naturalmente resta il nodo delle infrastrutture di ricarica. Intanto però si nota come un po’ tutte le Case automobilistiche stiano lanciando nuovi modelli puri elettrici o ibridi, a conferma di una tendenza in costante evoluzione. Un trend che trova conferme anche nell’andamento positivo in termini di noleggio auto a lungo termine: ANIASA, associazione di settore, mette in luce come più del 40% delle nuove auto elettrificate è immatricolato dal noleggio. Secondo l’Arval Mobility Observatory il complesso delle vetture elettriche più ibride è passato da una quota del 6,6% (127mila vetture circa) sul totale immatricolato del 2019 al 20,3% (281mila auto) del 2020, più che triplicando quindi il loro peso sul mercato.

Partnership e nuovi attori nel mercato della e-mobility

Quello che colpisce è che nel mercato della mobilità elettrica non ci sono solo le aziende tradizionali a lanciarsi sul mercato: il colosso dell’Hi-tech Xiaomi, ha annunciato la discesa in campo come produttore nel mercato BEV, avvalendosi di un partner consolidato che, secondo le indiscrezioni, dovrebbe essere il produttore cinese Great Wall Motors.

Partnership e nuovi attori nel mercato della e-mobility

Ci sono poi le alleanze tra Case automobilistiche e non: tra queste la joint venture tra Stellantis ed Engie EPS denominata “Free2Move eSolutions” che si propone come attore a livello mondiale di prodotti e servizi per l’e-mobility.

Auto elettriche in Italia: le più vendute e le novità

Per quanto riguarda le auto elettriche in Italia più vendute quest’anno, tra le BEV il best seller di marzo 2021 è la Tesla Model 3 con 1.363 veicoli. A seguire l’italiana 500e che addirittura raddoppia rispetto a febbraio e raggiunge le 1.054 unità.

Raddoppiate a marzo le vendite della 500e
La 500e

Terza classificata è la Smart Fortwo con 759 veicoli, quarta la Twingo con 738 e con 722 chiude la top 5 la Zoe. “Eccetto per la Model 3 quindi anche le BEV confermano che i grandi numeri si fanno con i segmenti A e B, al contrario delle PHEV delle quali modelli mass-market ancora se ne targano pochi”, segnala l’associazione che riunisce e rappresenta il mondo interessato alla mobilità elettrica.

A parte quelle già proposte, a colpire sono le novità previste sul mercato da molte Case automobilistiche.

Partiamo da quella che è destinata a destare l’interesse di una grande fascia di utenti: quello delle utilitarie. Auto elettriche in Italia a meno di 10mila euro non erano ancora arrivate. Ma grazie agli incentivi e alla rottamazione questo “muro” è infranto dalla nuova Dacia Spring 100% elettrica: infatti, è proposta ad aprile a 9460 euro. Lunga 3,73 metri, l’auto segmento A conta su una autonomia variabile tra 250 e 300 km secondo lo stile di guida.

Per chi volesse spendere ancora meno, vale la pena segnalare la Citroën Ami, sbarcata da poco in Italia: si tratta però di un quadriciclo leggero, guidabile a partire da 14 anni a patto di aver conseguito la patente AM. Le sue misure sono 2.41 m lunghezza x 1.39 metri larghezza x 1.52 m altezza, e ha un’autonomia di 75 km, ricaricabile in 3 ore. Un’ottima alternativa per la città (per due persone) acquistabile in contanti o in leasing.

La nuova electric car Citroen AMI
Citroën Ami

Si propone invece come una minicar (segmento M1) l’italiana Tazzari ZERO EM2 SPACE. Con una autonomia massima di 200 km e una velocità massima da 100 km/h è un’auto perfetta anche in questo caso per l’ambito urbano. Il prezzo è interessante: 22.800 euro.

Electric car Tazzari ZERO EM2 SPACE
Tazzari ZERO EM2 SPACE

Anche la Kia si lancia nel mercato pure electric: la novità 2021 è la crossover EV6 (sarà sul mercato a partire da settembre a partire da 49.500 euro) e ordinandola prima del 31 dicembre 2021, si avrà diritto a una serie di vantaggi esclusivi sulla ricarica tramite il servizio KiaCharge. Per esempio l’accesso alla rete di ricarica Ionity per un anno e la possibilità di ricarica a tariffe agevolate in tutte le stazioni Ionity, oltre a un voucher prepagato per i primi 1.000 km di ricarica pubblica presso la rete KiaCharge o Ionity. Si presenta con numeri importanti: autonomia superiore ai 510 km, meno di 4,5 minuti per una ricarica ultra rapida per coprire 100 km e un’accelerazione impressionante: 3,5 secondi per passare da 0 a 100 km/h.

In tema di full hybrid è pronta ad arrivare in Italia una doppia novità Ford: S-MAX Hybrid, la prima versione elettrificata dello sport activity vehicle, dotata di 7 posti, motore a benzina da 2,5 litri e batteria agli ioni di litio da 1,1 kWh; Galaxy Hybrid che si propone la stessa motorizzazione ibrida da 190 CV della S-MAX Hybrid, un’efficienza dei consumi pari a 6,4-6,5 l/100 km, emissioni di CO2 da 148 a 149 g/km WLTP e un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 10 secondi. Per i prezzi, nel caso della S-Max si parte poco sotto i 40mila euro, mentre la Galaxy è sopra la soglia.

La nuova S-MAX Hybrid
La nuova S-MAX Hybrid

Per gli amanti dell’avventura e del fuoristrada c’è la JEEP WRANGLER 4xe, ibrida plug-in che combina il motore termico 2.0 a benzina da 272 cavalli a quello elettrico capace di aggiungere fino a 145 CV per un totale di 380 CV. La versione First Edition viene proposta a 73.100 euro.

Restando invece nel campo delle “auto da sogno” va segnalata la Audi e-tron Gt che arriverà dopo l’estate 2021(c on un prezzo superiore ai 105mila euro). Realizzata sulla piattaforma J1, condivisa con la Porsche Taycan, si presenta con un motore puro elettrico da 646 cavalli e un’autonomia accreditata nel ciclo Wltp fino a 488 chilometri.

Auto elettriche in Italia: essenziali gli incentivi

Se l’andamento positivo fa ben sperare per la crescita del mercato auto elettriche in Italia è altrettanto essenziale contare sugli incentivi. Lo rileva ancora una volta Motus-E, segnalando come preoccupante l’attuale velocità di spesa dei fondi Ecobonus, “senza considerare l’attuale addendum proveniente dal rafforzamento del Dl Rilancio attraverso la Legge di Bilancio 2021 e considerando solo i fondi che incentivano con 6000 e 2500 euro l’acquisto rispettivamente di BEV e PHEV, a fronte di rottamazione di un veicolo endotermico, e con 4000 e 1500 euro le stesse fattispecie, ma senza la rottamazione di un veicolo a supporto”. Per le caratteristiche di tali fondi, come sono previsti a livello istituzionale, in pratica il 37% degli incentivi previsti per l’intero 2021 è stato utilizzato nei primi tre mesi dell’anno (in realtà due mesi e mezzo poiché sono partiti il 18 gennaio). Il rischio, quindi, è di arrivare a secco ben prima della fine dell’anno.

Incentivi per l'acquisto di auto elettriche

Lo scorso anno diverse Regioni e Comuni hanno introdotto ulteriori bonus per facilitare il passaggio a veicoli elettrici o a basse emissioni.

Ibride ed elettriche: il punto in Germania, Francia, UK e Norvegia

In Germania, il più grande mercato automobilistico europeo, la quota di mercato delle vetture elettriche, pure o ibride, per il trasporto passeggeri ha raggiunto l’8,4% nel giugno scorso, in netto aumento rispetto al 3,4% dello stesso mese 2019.

Dei 18.598 veicoli “a spina” venduti a giugno, circa il 55% era costituito da ibridi plug-in (PHEV) e il restante 45% era costituito dalle BEV.

Dati a giugno del mercato delle auto in Germania

Il pacchetto di incentivi post Covid-19 della Germania, il più consistente in Europa, è stato raddoppiato: per gli electric vehicle si è passati da 3mila euro a 6mila euro, con l’aggiunta di altri 3.000 euro da parte dei produttori. Questo significa contare su 9mila euro per i veicoli nuovi che costano meno di 45mila euro.

Anche nel Regno Unito i veicoli elettrici stanno andando bene. Stando ai dati mensili della Society of Motor Manufacturers and Traders, a maggio le nuove immatricolazioni di auto pure elettriche sono aumentate del 21,5%, mentre quelle delle auto a benzina e diesel sono diminuite di circa il 90% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

In Francia, nonostante all’inizio di maggio fosse ancora in lockdown e il mercato complessivo fosse in calo di quasi il 50%, il mercato delle auto elettriche e ibride plug-in ha registrato una significativa espansione: In totale, sono state vendute circa 7.564 nuove auto elettriche plug-in (+61% rispetto all’anno precedente), secondo i dati di Avere France, l’Associazione nazionale per lo sviluppo della mobilità elettrica.

In Norvegia, primo Paese europeo in termini di veicoli elettrici, dalla prima metà del 2020 la quota di mercato complessiva di BEV e PHEV si sta avvicinando al 60% e la quota di mercato dei veicoli completamente elettrici è passata dal 45% al 48% da gennaio a giugno.


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