Bolletta elettrica alle stelle: tutta colpa delle rinnovabili?

Analisi di tutte le voci in fattura e del contributo dato dai combustibili fossili e dalle energie pulite

Abbiamo analizzato tutte le voci in fattura e in particolare il contributo dato dai combustibili fossili e dalle energie pulite, per capirne l’incidenza sul prezzo finale.
Sono stati fatti due conti nel caso di utenze con impianti fotovoltaici installati in casa. Il risultato? Si risparmia anche con incentivi ridotti.

Il costo delle bollette elettriche si è impennatonegli ultimi dieci anni. Secondo i dati dell’Autorità per l’energia la spesa annua delle famiglie per l’elettricità è passata infatti da una media di 338,43 euro nel 2002 a 515,31 euro nel 2012. Ossia quasi 177 euro in più a famiglia con un aumento del 52,5%. A chi dobbiamo dare dunque la colpa di tutto questo?
Se dovessimo stare dietro agli autorevoli pareri degli esperti avremmo già un ragguardevole numero di sospettati. Nel tempo si sono alternati: l’impennata del prezzo del petrolio ai tempi della guerra post-11 settembre, il monopolio sostanziale di Eni in materia di gas (cioè del principale combustibile per alimentare le nostre centrali elettriche) che ha fatto il bello e cattivo tempo sul prezzo, ma anche la difficoltà di diversificare il mix energetico che ci lega ai gasdotti della Russia e del Nord Africa, per non parlare poi dell’ evergreen nucleare, il cui abbandono risale a venticinque anni fa, ma ancora oggi fa dire a molti che se non avessimo spento i reattori pagheremmo l’energia molto meno.
In effetti tutti questi fattori hanno una propria responsabilità sui costi in fattura energetica. Negli ultimi tempi, però, si è fatto sempre più pressante un tiro al bersaglio del tutto inedito da sacrificare sull’altare dei diritti dei consumatori e delle imprese: gli incentivi alle rinnovabili, rei – secondo i fautori di questa corrente – di aver fatto impennare le tariffe elettriche attraverso il sostanzioso sostegno pubblico dato a fotovoltaico, eolico ecc. Ma è veramente così? Siamo andati così a studiare una bolletta elettrica per capire meglio quello che contiene, andando a soppesare il contributo dei combustibili fossili e quello delle energie rinnovabili sul prezzo finale, ma anche di tutte le altre voci, come ad esempio gli oneri di sistema, per farci un’idea. Quindi ci siamo spinti oltre e dopo aver ipotizzato l’installazione di un impianto fotovoltaico (diversificando per tipologia di utenza, dal contratto standard alla villetta) abbiamo tentato di verificare se ci sono degli effettivi vantaggi economici rispetto al chilowattora tradizionale.
Ecco cosa abbiamo capito.

Perché l’energia ci costa tanto
Una premessa di scenario è in questo caso necessaria. L’Italia ha costi elettrici alti perché fondamentalmente dispone di scarse risorse di sottosuolo (oggi sono al 7% del fabbisogno complessivo) e quindi deve importare quasi tutto il combustibile con cui è stato alimentato fino ad oggi il parco termoelettrico nazionale. Il prezzo del barile è schizzato a causa delle guerre globali e civili combattute anche in nome del petrolio e del gas nei Paesi produttori, e gli importatori sviluppati ne hanno fatto le spese.
Nel 2011 circa il 76% dell’elettricità ha avuto origine fuori dai nostri confini. Infatti, il 14% l’abbiamo importata dai nostri vicini e il 62% l’abbiamo prodotta con i nostri impianti ma con materia prima fossile in gran parte importata. Il restante 24% è stata prodotta in Italia con energia rinnovabile.
Nello stesso anno la bolletta energetica dell’Italia ha raggiunto un nuovo record storico: a fronte di un crollo dei consumi ininterrotto da diversi anni, sono stati spesi quasi 59 miliardi di euro. Di questi, 35 sono andati per il petrolio, 21 per il gas naturale e 3 per il carbone, arricchendo ulteriormente sceicchi arabi e oligarchi russi.
Analizziamo a questo punto le varie voci presenti in bolletta nel tentativo di capire effettivamente se e in che misura le rinnovabili influenzano le bollette. In base al grafico (vedi sotto) riferito al primo trimestre 2013, per famiglia residente con consumi pari a 2700 kWh/anno e potenza pari a 3 kW- servito in maggior tutela ecco la composizione.

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Fonte: Autorità per l’energia elettrica e il gas

Eccolo dunque il dettaglio delle voci di spesa secondo i dati dell’Authority. I 515 euro/anno di un utente medio annuo – di cui si parlava in precedenza – sono così ripartiti:
1. servizi di vendita (A), sono le voci legate all’energia e approvvigionamento. Stiamo parlando di gas e petrolio, i cui prezzi s’impennano (così come le nostre bollette) a ogni alito di vento di guerra nel mondo e nel caso in cui l’alta finanza decide di gonfiare i futures su queste commodity (in vista di guadagni di lì a poco) e determinano il prezzo dell’energia elettrica ‘consegnata’ al cliente finale; rappresentano il 54,25% della spesa totale per la bolletta ed è pari a circa 280 euro/anno, la quota senza dubbio principale. La voce “quota energia” è legata all’andamento del prezzo del petrolio ed è semplicemente decollata negli ultimi dieci anni, passando da 106,06 euro a 293,96. Esattamente 187,36 euro in più a famiglia per spese legate al prezzo del petrolio con un aumento del 177,2%.

2. servizi di rete (B), si parla in questo caso di tariffe di trasporto, distribuzione e misura dell’energia elettrica, suddivise per quota fissa e potenza impegnata. Esse rappresentano complessivamente il 14.46% della spesa totale per la bolletta, pari a 75 euro/anno;

3. Ma la parte principale dei servizi di rete sono i famigerati oneri di sistema (A3), che remunerano i costi per interventi effettuati sul sistema elettrico nazionale o – più prevalentemente – per perseguire delle finalità di interesse generale. Essi rappresentano il 17.98% della spesa totale, pari a 93 euro/anno. All’interno degli oneri di sistema troviamo quelli al centro della polemica, legati cioè al sostegno delle fonti rinnovabili e assimilate (cogenerazione, ma soprattutto recupero di scarti di lavorazione del petrolio) che pesano per circa 77 Euro a famiglia.
Tra gli oneri di sistema vi sono però altre voci di spesa tra cui ricerca, bonus per famiglie indigenti, promozione efficienza, sicurezza nucleare, ma anche altri interessanti aiuti alle Ferrovie dello Stato per pagare di meno la corrente o la compensazione per le imprese elettriche minori.
4. imposte e tasse, divise tra tassa e Iva comprende l’accisa che si applica alla quantità di energia consumata indipendentemente dal contratto o dal venditore scelto. I clienti domestici con consumi fino a 1800 kWh godono di un’agevolazione per la fornitura sulla prima casa. L’Iva si applica, invece, sul costo totale della bolletta che per i clienti domestici è pari al 10%; per i clienti con “usi diversi” è pari al 21%. Complessivamente pesano per 68 euro.

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Una bolletta Enel. Si noti la suddivisione, tra servizi di vendita (A), servizi di rete (B) e imposte (C)

Insomma, gli incentivi alle rinnovabili, saranno stati pure generosi ma – conti alla mano – vanno a incidere in bolletta in misura comunque relativa. Intendiamoci, sono comunque da ridurre progressivamente (e gli ultimi due governi lo hanno già fatto) in una logica di fattibilità economica tale per cui un settore produttivo negli anni deve saper vivere di vita propria (vedi grid parity). Ma se qualche inguaribile liberista non fosse ancora convinto della necessità di un intervento statale, forse è il caso di ricordare anche altri dati, ancora più eloquenti: i combustibili fossili beneficiano di sgravi fiscali che l’Ocse ha stimato in oltre 1,5 miliardi € nel 2010 cresciuti oltre i 2 miliardi € nel 2011. Quanto poi a contributi diretti o indiretti a gas e petrolio, secondo l’Earth Policy Institute (EPI), che si basa sui dati della International Energy Agency (IEA) nel 2011 alle fonti convenzionali sono andati nel mondo ben 620 miliardi di dollari, mentre alle rinnovabili appena 88.
Il problema principale, aldilà dei risvolti sui costi elettrici per l’utenza, è tuttavia un altro. Oggi, come tenteremo di spiegare nel prossimo paragrafo, il mercato elettrico, dal quale dipendono anche le grandi imprese energivore, è a caccia di chilowattora sempre più economici e per farlo sta attingendo a piene mani anche dall’energia rinnovabile, che è più “a buon mercato” nelle ore più calde e sta rivoluzionando il sistema energetico costituito prevalentemente da centrali termoelettriche, le quali, negli ultimi tempi a causa del crollo dei consumi, riescono ad andare a regime solo a intermittenza. È in questo contesto che le più flessibili rinnovabili diventano pericolose e temibili per i vecchi ed elefantiaci impianti che debbono “lavorare” di continuo per rendere dal punto di vista dell’efficienza elettrica, ma anche economicamente. In ballo, dunque, non ci sono solo i costi degli utenti, ma soprattutto un modello che sta cambiando.

Il peso della borsa elettrica
Quando si parla di bollette quasi mai si parla del meccanismo più attuale che conosciamo, quello che stabilisce il prezzo dell’elettricità nella Borsa Elettrica (IPEX). Qui, infatti, si forma il prezzo di circa i due terzi dell’energia elettrica venduta in Italia e, grosso modo, i tre quarti di quella destinata ai clienti a maggior tutela (i piccoli consumatori).
Le offerte di energia elettrica da parte dei produttori vengono accettate dall’Acquirente Unico in ordine di merito economico, cioè in ordine di prezzo crescente, fino a quando la loro somma in termini di kWh arriva a soddisfare la domanda prevista. Il prezzo del kWh dell’ultimo offerente accettato (quindi quello più alto) viene attribuito a tutte le altre offerte.
Lo scorso anno è accaduto un fatto che molti hanno definito da cambiamento “epocale” nel sistema elettrico italiano. Il 2 e 3 Maggio 2012 il prezzo del kWh nella Borsa elettrica nella Zona Sud ha toccato lo zero per diverse ore diurne. Merito della produzione da fonti rinnovabili, e in particolare del solare fotovoltaico, che ha portato a conseguenze sulla riduzione dei costi che hanno influenzato anche il prezzo medio nazionale. Un’altra circostanza significativa si era verificata qualche settimana prima: il lunedì di Pasquetta tra le ore 13 e le 14, il 64% dell’elettricità prodotta in Italia è arrivata dalle rinnovabili. Nello stesso momento in Sicilia le rinnovabili hanno fornito il 94% dell’energia elettrica richiesta. Sono situazioni particolari, che però spazzano via tanti slogan ascoltati in questi anni sulla inutilità e inefficienza delle rinnovabili, e anticipano quanto succederà con sempre maggiore evidenza nei mesi estivi sulla strada del contenimento del prezzo dell’elettricità. Un ultimo dato: secondo Terna, la società delle reti nazionali, per ogni punto percentuale in più di elettricità generata da rinnovabili il prezzo diminuisce di 2 €/MWh.

Il fotovoltaico in bolletta
Una volta esaurita la parte più generale sui numeri veri nelle nostre bollette, andiamo più nel dettaglio su ciò che accade quando il consumatore decide di toccare con mano la possibilità del fotovoltaico.
Abbiamo per questo utilizzato uno studio di CentroSolar che ha presentato un’interessante analisi di comparazione tra le varie tipologie di utenze Enel (con produzione da impianto fotovoltaico e senza). Il documento suggerisce con tutta probabilità la direzione futura da seguire (per i consumatore e le imprese) derivante dal venir meno degli incentivi: per essere conveniente il solare dovrà infatti puntare in misura crescente sulla generazione distribuita, fatta sempre più di autoconsumo.

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La tipologia del contratto e la tariffa sono indicati nel punto indicato dalla freccia

Per capire quanto costa un chilowattora e se convenga in effetti installare un impianto fotovoltaico è bene dunque tornare alla nostra bolletta elettrica cerando di leggerla con tutte le spiegazioni del caso.
Dopo aver approfondito le voci principali valide per tutti, è bene profilare -bolletta alla mano – il nostro identikit.
Anzitutto occorre partire dalla tipologia del contratto: D2, sta per contatore fino a 3 kw che è quello standard montato un po’ a tutti e D3 che va oltre i 3 kw fino a 16,5 per chi ha necessità di potenze superiori. Poi c’è la distinzione tra monoraria e bioraria a seconda che la tariffa sia unica o divisa tra fascia di punta che comprende l’energia utilizzata dalle 8:00 di mattina alle 19:00 di sera, nei giorni feriali e Fascia non di punta, che comprende le ore notturne dalle 19:00 di sera alle 8:00 di mattina e i giorni festivi.
Un altro discrimine centrale è legato allo scaglione dei consumi annui cui si appartiene ed è importante individuarlo per riuscire poi a capire la potenzialità di risparmio effettivo.
Il primo scaglione è fino a 1.800 kWh e corrisponde più o meno al contatore delle luci delle scale; il secondo fino a 2.640 e da giovane coppia sempre fuori casa o anziana sola; dal terzo scaglione i riferimenti appaiono più probanti ai più: fino a 4.440 kWh si trova la maggioranza delle famiglie con consumi comunque normali; al quarto troviamo le famiglie più numerose fino a 6.000 kWh o case particolarmente “energivore”.

Sono tre le tipologie utilizzate nelle simulazioni da CentroSolar: standard (grosso modo il terzo scaglione); consumi più sostenuti (quarto scaglione) e villetta energivora.
Partiamo dall’esempio classico del contatore da 3 kw con 3.500 kWh di consumi annui (con il 40% di consumo nella fascia giornaliera). In questo caso si prevede un quota di autoconsumo da 1.000 kWh.
La simulazione (vedi immagine sotto) prevede un risparmio di 292,79 euro determinato da una quota (energia) che passa da 717 euro circa (senza fotovoltaico) a circa 425 euro (con FV). Il costo al kWh diventa così di 0,29 €/kWh.

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Fonte: CentroSolar

Il secondo esempio riguarda la famiglia con contatore da 4,5 kw con consumi di 5.000 kWh e auto consumo da 1.600 kWh. La simulazione prevede un passaggio da 1.276 euro per la bolletta senza fotovoltaico a circa 783 con fotovoltaico. Il risparmio è di quasi 973 euro annui. Il costo al kWh è di 0,31 €/kWh
Il terzo caso riguarda la villetta con contatore da 6 kW e consumi da oltre 6.000 kWh. In questo caso si passa da 1.936 euro senza solare a 1.097, il risparmio è qui di 839 euro. Il costo al kWh è di 0,33 €/kWh.

Conclusioni
Per sua natura il fotovoltaico produce quando l’energia elettrica quando costa di più, di giorno. Tuttavia quando si calcola il risparmio, ricorda l’analisi di CentroSolar, moltiplicare per un kWh medio ipotetico non tiene conto degli scaglioni, né dei costi per Fascia oraria. E qui che entra in ballo l’autoconsumo: anche se il premio è inferiore alla tariffa onnicomprensiva, esso permette di abbattere prima i kWh più cari, quelli che costano di più, degli scaglioni più alti, in fascia “giornaliera” per poi arrivare a quelli meno cari. Il ricavo economico è generalmente dato dal risparmio in bolletta, più il premio annuo per autoconsumo, più la tariffa onnicomprensiva. Ed è sempre significativo.
Con un impianto integrato innovativo che produce 6.000 kWh annui e un costo di 15mila euro la rendita ventennale arriva al 15,3%, se costasse 12.500 la rendita salirebbe al 18,4% alle condizioni attuali.
Se si volesse poi godere delle detrazioni al 50% per le ristrutturazioni edilizie (valide fino al 30 giugno 2013), i tempi di ammortamento dell’impianto (quello da 15mila euro) sono di 6 anni e mezzo e salgono a 7 anni con detrazioni al 36% (in vigore dal 1 luglio 2013).
Insomma, incentivi o meno, il guadagno, seppure in maniera ridotta rispetto al passato, continua a esserci e – statene certi – crescerà in futuro, perché i moduli solari stanno continuando a diminuire di prezzo e il mercato energetico che oggi garantisce un quarto della domanda, non potrà più fare a meno dell’energia dal sole, come dal vento e dall’acqua.

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