Cosa serve davvero per avere un edilizia sostenibile

Norbert Lantschner, padre fondatore del protocollo CasaClima, illustra le azioni da attuare per contare su un patrimonio edilizio efficiente e sostenibile

Norbert Lantschner ci spiega cosa serve per avere un'edilizia sostenibile

La sostenibilità è fondamentale oggi, per invertire la rotta o quantomeno arginare i danni provocati dal riscaldamento globale. Siamo in grave in ritardo sulla questione, sottolineava non molto tempo fa l’Ipcc.

Occorre quindi intervenire a migliorare la situazione, partendo dall’edilizia. Questo settore energivoro deve diventare NZEB prima possibile. “Pensare sostenibile” è quindi fondamentale.

Norbert Lantschner ci spiega cosa serve per avere un'edilizia sostenibileNe è convinto Norbert Lantschner, fondatore del progetto e del protocollo CasaClima, che ha dato questo titolo al suo intervento in occasione di Klimahouse. E lo spiega così: «Prima di mettere in atto interventi è fondamentale pensare, e solo poi progettare e costruire. Serve un background culturale che tenga conto delle sfide da affrontare, la prima delle quali riguarda il clima. Per questo serve una cultura legata alla sostenibilità. Sappiamo quanto sia importante collegarla al settore edilizio». Lantschner comprende, nel suo pensiero, anche la sostenibilità sociale: «oggi l’uso intelligente dell’energia si rivela un grande aiuto per le famiglie, alle prese con le difficoltà economiche e con la fatica di dover far fronte alle bollette. Penso, in particolare, al 16% degli italiani che non riesce a riscaldare casa: è la povertà energetica e affligge più di 9 milioni di persone».

A che punto siamo in Europa e in Italia in tema di edilizia sostenibile?

Siamo lontani dagli obiettivi stabiliti a livello europeo sia al 2020 sia al 2030. La riduzione del fabbisogno energetico e la necessità di fare efficienza energetica dovrebbero trovare riscontro nei due settori più energivori: edilizia e trasporti. Nel mondo edile scontiamo un grave arretrato: pensiamo alle nuove costruzioni, dove ancora oggi il termine NZEB è pressoché sconosciuto. Tutto ciò è paradossale: l’obiettivo di costruire near zero energy building risale infatti al 2010.

Anche se consideriamo detrazioni fiscali ed ecobonus, malgrado statistiche positive, ancora troppo poco è stato fatto. Entro il 2030 dovremmo sottoporre a riqualificazione energetica il 70-75% del nostro patrimonio immobiliare, costruito dal Dopoguerra. Non ci stiamo nemmeno avvicinando all’obiettivo ed è una grave perdita, considerando che riscaldare condomini in classi energetiche infime significa una forte dipendenza energetica ai fossili e ai Paesi fornitori.

E a proposito di benessere e del comfort abitativo?

Non ne parliamo. Ancora oggi in Italia esistono case con  spifferi, muffa, umidità, tutti fattori che mettono a rischio la salute dei residenti. Per questo, a maggior ragione, occorre accelerare per rispondere agli impegni presi per un’edilizia davvero sostenibile.

Gli strumenti e le soluzioni ci sono, come abbiamo potuto vedere anche a Klimahouse: non ci dobbiamo inventare nulla. Però non ci sono applicazioni sufficienti.

Quali sono le azioni concrete da eseguire per avvicinarsi quanto meno agli obiettivi posti dall’UE in tema efficienza energetica in edilizia?

L’Italia sconta un grande problema di mancanza di consapevolezza sul tema da parte della classe dirigente: non abbiamo mai avuto un Governo sensibile a queste tematiche.

Per accelerare e rispondere alle sfide ci sono tre strumenti da attuare:

  • le prescrizioni per creare un’agenda che fissi impegni per intervenire sul patrimonio costruito;
  • gli incentivi, fiscali e finanziari, per permettere alle famiglie che oggi non hanno più le risorse economiche di contare su un modello casa nazionale di prefinanziamento. Questo punto è di pertinenza pubblica che ha tutto l’interesse a riqualificare l’esistente. Lo Stato avrebbe tutto da guadagnarci contando su un’indipendenza energetica oltre che su una migliore qualità dell’aria. La riqualificazione energetica dovrebbe essere una priorità nazionale tanto quanto la rigenerazione urbana delle nostre città;
  • la comunicazione e il coinvolgimento dei cittadini. È uno strumento trascurato. Eppure abbiamo dimostrato con l’esempio del progetto CasaClima che esso è in grado di sprigionare energie straordinarie, comprovato oggi dall’esempio del Trentino Alto Adige dove si conta su un elevato standard delle costruzioni proprio perché è stata generata una partecipazione attiva dei cittadini, coinvolti mediante un’azione comunicativa efficace.

Quindi servono leggi, finanziamenti, ma serve anche una forte spinta culturale per creare consapevolezza e generare un atteggiamento propositivo.

A proposito di incentivi: cosa serve di più o meglio rispetto a quanto già c’è oggi?

Innanzitutto non mi pare corretto dare un bonus che non tiene conto della riqualificazione e della qualità energetica dell’intervento. Parlo in particolare delle detrazioni fiscali al 50% che non tiene conto dei requisiti minimi da rispettare. Inoltre serve un’azione che premi nella misura in cui si ottenga il massimo risultato, attuando una visione di lungo termine, contando su benefici in caso di reale efficienza energetica.

È necessario anche uno strumento fiscale: la tassazione dell’immobile dovrebbe tenere conto della classe energetica. Ciò valorizzerebbe gli edifici virtuosi. In questo modo gli stanziamenti finanziari si concentrerebbero sui risultati effettivi e non sarebbero parcellizzati su interventi che non guardano al complesso, all’involucro edilizio che è il cuore dell’intervento di riqualificazione.

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