Emobility per la filiera elettronica italiana: un’opportunità da non perdere

Il mondo emobility offre potenzialità uniche per le aziende elettrotecniche ed elettroniche italiane. Vanno però colte. Come? Lo spiega Omar Imberti, coordinatore gruppo E-Mobility di ANIE

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Emobility per la filiera elettronica italiana: un’opportunità da non perdere

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L’emobility per l’elettronica italiana ed elettrotecnica è un’occasione da non perdere. Anche se molti vincoli e ostacoli che si parano sul percorso che riguarda la mobilità elettrica e l’infrastruttura di ricarica non mancano, è fondamentale farsi trovare pronti, consapevoli che i numeri sono lusinghieri da tempo.

Nel 2020 sono state immatricolate in Italia 59.875 EV (+251% sul 2019) e si registrano già nei primi quattro mesi del 2021 41.270 electric vehicles immatricolati, pari a circa il 70% dell’immatricolato elettrico dell’intero 2020. Le stesse infrastrutture di ricarica crescono di numero in tutta Italia: secondo elaborazioni MOTUS-E, allo scorso dicembre c’erano 19.324 punti di ricarica in 9.709 infrastrutture di ricarica accessibili al pubblico. “Nel corso del 2020 le installazioni sono cresciute mediamente del 39%”, fa sapere l’associazione.

In Europa, ha messo in luce ACEA (Associazione dei costruttori automobilistici europei), nel secondo trimestre del 2021 la quota di mercato dei veicoli elettrici a batteria è più che raddoppiata, dal 3,5% nel secondo trimestre del 2020 al 7,5% dello stesso periodo dell’anno in corso, mentre gli ibridi plug-in hanno rappresentato l’8,4% di tutte le nuove auto vendute. Anche la domanda di auto ibride è fortemente aumentata durante il trimestre: oggi costituisce il 19,3% delle immatricolazioni di auto nell’Ue.

Tutto questo lo sa bene ANIE, Federazione che rappresenta 1500 aziende del settore elettrotecnico ed elettronico, che danno lavoro a 500mila persone e il cui fatturato complessivo assomma a 84 miliardi di euro (così al 2019). Un segnale chiaro di interesse della stessa è l’avvio del gruppo E-Mobility, il cui coordinatore è Omar Imberti.

Omar Imberti, coordinatore del gruppo E-Mobility di Anie
Omar Imberti

«Ci sono già aziende che hanno colto questa transizione e hanno già iniziato a produrre prodotti e servizi legati alla mobilità elettrica. In particolare, in ANIE c’è un orientamento maggiore verso prodotti quali stazioni di ricarica e soluzioni di accumulo: questo mondo si sta sviluppando e inevitabilmente è vocato a un’evoluzione ancora più ampia nei prossimi anni. A parte gli obiettivi contenuti nel Fit For 55, il mondo automotive aveva già dato chiare indicazioni sulla direzione da intraprendere: si guarda all’elettrico. Lo si nota anche guardando all’offerta delle Case automobilistiche rivolta al mercato», afferma, lo stesso coordinatore. Lo abbiamo incontrato in occasione dell’inaugurazione dell’area sperimentale di ricarica di RSE. Nell’occasione abbiamo voluto delineare grazie a lui scenari, potenzialità e vincoli per il comparto.

Che opportunità ci sono e saranno in tema emobility per l’elettronica italiana e l’elettrotecnica?

Se parliamo di emobility per l’elettronica italiana e per l’elettrotecnica, per le aziende si apre uno scenario molto interessante. Per il mondo elettronico ed elettrotecnico si prospettano notevoli opportunità in termini di infrastrutture di ricarica e servizi. Certo, c’è ancora una buona parte del mondo automotive legato all’endotermico che dobbiamo aiutare a “cambiare pelle”.

Per questo occorre muoversi innanzitutto per supportare le aziende nell’ideazione e messa a punto di progetti di ricerca e sviluppo mirati all’emobility e, più complessivamente, alla mobilità sostenibile, di cui l’elettrico fa parte.

Nel momento in cui certi prodotti non avranno più ragione d’esistere servono progetti di R&D debitamente supportati per consentire questa transizione all’elettrico. L’elettrificazione dei trasporti creerà più posti di lavoro: lo confermano svariate ricerche. Ma questo cambiamento va sostenuto, condiviso e imboccato. Quindi serve un “re-skill” delle risorse umane. Inoltre è necessario aiutare le aziende a cambiare direzione. In quest’ultimo senso, serve una pianificazione su scala nazionale. In Italia tarda a essere avviata, diversamente da altri Paesi europei dove sono state previste risorse importanti in tal senso.

C’è però da evidenziare anche il “lato oscuro” della emobility: terre rare e materie prime di difficile reperimento. Si stanno studiando alternative?

Certamente, ne siamo consapevoli. Per quanto riguarda il litio, fondamentale per le batterie, si sta già lavorando sull’alternativa che guarda al sale. A questo proposito c’è un’opportunità tutta italiana che guarda alle saline dell’area tra Marsala e Trapani che potrebbero contribuire sensibilmente alla produzione del litio. Questo potrebbe innescare la creazione di un’ulteriore gigafactory nel Sud Italia, oltre a quella di Termoli annunciata da Stellantis.

C’è poi il cobalto, oggi proveniente per la maggior parte dal Congo. Ci sono moltissimi progetti di ricerca che stanno mettendo a punto alternative. Con lo sviluppo della ricerca si troveranno soluzioni decisamente più sostenibili. Aggiungo che NorthVolt, la gigafactory svedese, ha già annunciato che il 50% della loro produzione deriverà dal riciclo delle batterie. Quindi a oggi è una possibile criticità, ma nel prossimo futuro le prospettive per soluzioni alternative e decisamente più green sono già in arrivo.

In questo senso l’e-mobility offre la possibilità di passare da un modello industriale lineare dell’auto endotermica a un modello circolare e sostenibile.

Qual è il fattore vincente della filiera italiana che dovrà giocarsi bene per garantirsi un futuro ricco di soddisfazioni, in tema di emobility?

Credo che il punto forte dell’Italia sia costituito dalla creatività e dalla rapidità ad adattarsi. Anche nella storia siamo bravi a cambiare e a farlo velocemente. Manca però la capacità di fare sistema: serve un coordinamento.

 Quali sono i vincoli che sconta lo sviluppo della mobilità elettrica? Sappiamo del problema burocratico (ottomila Comuni e altrettanti regolamenti…). Su cosa si deve lavorare?

Innanzitutto occorre superare la questione burocratica perché crea diversi ostacoli e problemi. Serve un’uniformità di regole e regolamenti. La stessa questione la noto sugli incentivi locali, che in alcune regioni ci sono e in altre no, crea difformità e meccanismi che rischiano di bloccare lo sviluppo. Servono regole, ribadisco anche in questo caso, certe e incentivi strutturali per accompagnare la transizione.

Così l’emobility per l’elettronica italiana e per l’elettrotecnica potrà diventare un’opportunità.

Come gruppo E-Mobility di ANIE su cosa state lavorando?

Abbiamo collaborato con ARERA alla definizione della delibera 541 per l’opportunità di ricaricare il proprio veicolo elettrico avendo la disponibilità di una potenza di circa 6 kW, di notte, di domenica e negli altri giorni festivi, senza richiedere un aumento di potenza al proprio fornitore di energia elettrica, quindi senza sostenere costi fissi aggiuntivi dovuti all’incremento della potenza. Stiamo collaborando col GSE per quanto riguarda il Conto Termico. Abbiamo sviluppato momenti di confronto insieme a Motus-e, ANFIA e ANCMA utili anche per cogliere le necessità delle aziende.

Collaboriamo inoltre attivamente con il CEI per la definizione delle norme tecniche.

Come gruppo e-mobility stiamo collaborando alla redazione del Vademecum ANIE sul Superbonus, e stiamo predisponendo un contribuito per la definizione di ulteriori CAM (Criteri Ambientali Minimi) su prodotti del merceologico ANIE. Ricordiamo infatti che il Ministero della Transizione Ecologica sta revisionando il D.M. CAM Edilizia la cui pubblicazione è prevista entro fine anno. Vogliamo cercare di fare contaminazione e collaborazione con tutte le parti interessate per avere una visione strategica, unica e condivisa, in grado di raffrontarci col decisore politico in modo da avere le idee ben chiare.

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