Idrogeno: ecco i piani dell’Italia e delle aziende

In Italia l’idrogeno potrebbe coprire il 25% di tutta la domanda energetica nazionale entro il 2050. Ecco perché Snam ed Eni ci scommettono, ma anche il Governo sembra crederci

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Quanto pesa l’idrogeno nello scacchiere energetico italiano? Nel Piano nazionale integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) il termine compare 55 volte, superando il fotovoltaico (48 ricorrenze) e l’eolico (33).

A livello istituzionale, il Pniec dà quindi prova di interesse, ma nell’ultimo anno sono diversi i segnali positivi. A partire dalle previsioni di mercato, che confermano tutte le potenzialità dell’idrogeno per l’Italia.

Esso potrebbe coprire quasi un quarto di tutta la domanda energetica nazionale entro il 2050, trovando segmenti di domanda particolarmente interessanti nel trasporto, nel riscaldamento degli edifici oltre ad alcune applicazioni industriali.

Lo segnala uno studio di Mc Kinsey commissionato da Snam. La società specializzata in infrastrutture energetiche lo scorso autunno ha avviato test di immissione di idrogeno nella propria rete di trasmissione con percentuali in volume fino al 10%. È stata la prima azienda in Europa a farlo. Le implicazioni green di questa operazione sono enormi: se verrà immessa nelle reti di tutta Europa una quota del 10% di gas rinnovabili, insieme all’aumento dell’elettricità da fonti rinnovabili, per l’UE sarà possibile raggiungere la neutralità climatica nel 2050 abbattendo del 55% le emissioni di CO2 già entro il 2030. A rivelarlo è uno studio che il consorzio europeo Gas for Climate ha commissionato a Guidehouse (ex Navigant Consulting).

Snam ha scommesso forte sull’idrogeno: è l’azienda italiana più rappresentativa nel settore, ma non l’unica. Anche Eni sta sviluppando progetti dedicati e diverse altre aziende sono attive. In Italia a promuovere il ruolo di questa risorsa ci sta pensando anche H2IT, associazione che vede coinvolti attori quali il gruppo Sapio, Alstom, Falck Renewables.

Idrogeno in Italia: il Pniec…

Torniamo al Piano Nazionale Integrato Energia e Clima. In esso si parla della produzione di idrogeno per il suo possibile contributo al fine di perseguire obiettivi di sicurezza e flessibilità, pensando a un suo impiego e a una crescente integrazione delle infrastrutture delle reti elettriche e a gas.

C’è poi un accenno al ruolo dell’idrogeno per l’energy storage. Accanto al pompaggio e all’accumulo elettrochimico, si intende promuovere lo sviluppo di altre tecnologie che consentano lo stoccaggio energetico.

Tra queste, un ruolo di primo piano potrà essere ricoperto, nel lungo termine, dal power to gas, ossia la produzione di idrogeno e/o metano sintetico a partire dalle rinnovabili.

L’introduzione di questo gas nelle reti energetiche può rappresentare il primo passo per la diffusione e lo sviluppo di idrogeno verde da fonti rinnovabili, abbattendone i costi.   Il green hydrogen generato tramite elettrolisi dell’acqua, processo che avviene senza emissioni di CO2, ha infatti il vantaggio di poter sfruttare le capillari infrastrutture gas esistenti. Ed è qui che entra in gioco Snam di cui parleremo più avanti.

… e i piani del Governo

Il Pniec è stato approvato in maniera definitiva lo scorso gennaio. Un mese prima l’Associazione Italiana Idrogeno e Celle a Combustibile (H2IT) pubblicava il “Piano Nazionale di Sviluppo Mobilità Idrogeno Italia” che delinea le potenzialità di sviluppo dell’infrastruttura di rifornimento del gas sul territorio nazionale e le azioni necessarie per la sua realizzazione.

Esso giungeva tre anni dopo la realizzazione del Piano Strategico per lo sviluppo dell’infrastruttura per il combustibile alternativo idrogeno, che recepisce la Direttiva 2014/94/UE (DAFI) sui combustibili alternativi. Nel testo della Direttiva, l’idrogeno era solo opzionale, ma già a settembre scorso, il governo lo aveva inserito nel testo del Decreto. Così l’Italia pareva dimostrare interesse a riguardo. Però, le cinque stazioni di rifornimento, tre delle quali non in funzione, non parevano confermarlo.

Qualcosa ultimamente sembra essere cambiato. A livello normativo, grazie anche al Decreto Ministeriale del 23 ottobre del 2018, che ha introdotto una nuova regola tecnica per progettare, costruire e far funzionare le stazioni di rifornimento di idrogeno per applicazioni automobilistiche.Idrogeno per applicazioni automobilisticheLo scorso ottobre il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, in occasione dell’Hydrogen Challenge organizzato da Snam, ha ricordato l’avvio di vari altri strumenti prima del Pniec: il Piano triennale per la ricerca di sistema del settore elettrico (2019-21), approvato ad agosto scorso in collaborazione con Arera, che prevede una linea di ricerca dedicata ai sistemi di accumulo, compreso il power to gas  l’avvio effettivo del programma internazionale Mission Innovation, che studia come affiancare rinnovabili e idrogeno; lo sviluppo del Tavolo sull’idrogeno, avviato a giugno 2019 dallo stesso Mise, cui hanno aderito oltre 40 operatori, tra enti di ricerca e imprese per definire le priorità nel settore.

Le strategie di Snam

Secondo quanto emerge dal citato studio condotto da Snam con McKinsey, l’idrogeno in Italia potrebbe diventare un elemento prioritario nel mix energetico.

Anche come carburante: il trasporto pesante su lunga distanza sarà uno dei primi segmenti in cui potrà essere sostenibile economicamente. In una nota allo studio si scrive che:

“Il costo dell’idrogeno potrà essere competitivo già entro il 2030 – in anticipo rispetto ad altri mercati europei. Considerando la forte presenza di energie rinnovabili nel nostro paese, l’idrogeno “verde” raggiungerà il punto di pareggio con l’idrogeno “grigio” derivante da gas naturale, 5-10 anni prima rispetto a molti altri paesi, tra cui la Germania. Ciò rende l’Italia il luogo ideale per l’utilizzo su vasta scala dell’elettrolisi”.

Le potenzialità, quindi, ci sono. Su queste lavora Snam. L’introduzione nelle reti energetiche può rappresentare il primo passo per la diffusione e lo sviluppo di idrogeno verde, prodotto mediante elettrolisi da fonti rinnovabili, con il conseguente calo dei costi. Esso potrebbe sfruttare le capillari infrastrutture gas esistenti. I test effettuati sulla rete per l’immissione di un 10% sono promettenti in questo senso.

Per dare forza al progetto di transizione energetica che vede al centro rinnovabili, idrogeno, biometano ed efficienza energetica la stessa società proprio questo mese ha concluso oggi con successo l’emissione del suo primo Transition Bond. Si parla di 500 milioni di euro di proventi potenziali che verranno impiegati per finanziare progetti green.

Ha da poco firmato con Alstom un accordo quinquennale per lo sviluppo di treni a idrogeno in Italia. Un altro lo ha siglato con Rina per dare il via a test sulle infrastrutture e sperimentare nuove tecnologie legate a questa risorsa sostenibile  . La società specializzata in testing possiede, con l’Università della Calabria, il primo laboratorio in Italia e uno dei pochi al mondo capace di eseguire test ad altissima pressione per lo stoccaggio di gas.

Produzione di idrogeno: cosa sta facendo Eni

Anche Eni sta lavorando alla transizione energetica con la riconversione green delle raffinerie di Gela e di Porto Marghera, nei pressi di Venezia, che è stato il primo esempio al mondo. Qui la società è parte integrante dell’Hydrogen Park, costituito per realizzare un Distretto locale dell’idrogeno. Tra i soci vi sono anche Confindustria Venezia, Area Metropolitana di Venezia e Rovigo, Sapio, Berengo, Arkema e Decal. Uno dei progetti è finalizzato a realizzare un vaporetto a celle a combustibile a idrogeno.

In Sicilia, Eni ha speso finora 294 milioni di euro e se ne aggiungeranno altri 73 milioni. Riguardo alla bioraffineria, si parla di una capacità di lavorazione massima di 750mila tonnellate annue, per il trattamento di oli vegetali usati e di frittura, grassi animali, alghe e sottoprodotti di scarto per produrre biocarburanti di alta qualità. Per realizzare l’impianto Ecofining è stato costruito lo “Steam Reforming” per produrre idrogeno, componente fondamentale nel processo di produzione del biodiesel che   addizionato al gasolio fossile in una quota pari al 15%, compone il carburante premium Enidiesel+.

Inoltre, Eni ha da poco rinnovato l’accordo con Fincantieri per condurre interventi riguardanti il waste to energy, ma anche per la produzione e trasporto di vettori energetici e sulle applicazioni di fuel cell.

Aziende e ricerche: H2IT e le altre realtà attive

Venti distributori per idrogeno entro il 2020; 42 progetti europei finanziati su idrogeno e fuel cell mediante Horizon 2020 in cui si contano partner italiani; 3700 autobus a celle a combustibile entro il 2030. Sono i numeri ambiziosi che pone in home page H2IT, Associazione Italiana Idrogeno e Celle a Combustibile.Mappa distributori idrogeno in ItaliaSi tratta di un’organizzazione autonoma che intende promuovere il progresso delle conoscenze, le tecnologie e i sistemi per produrre e impiegare l’idrogeno. Nata 15 anni fa, H2IT conta attualmente oltre 26 soci fra istituzioni, università, centri di ricerca, soci individuali e aziende. In quest’ultimo comparto ci sono, oltre a Snam, altre realtà di alto livello comeAlstom, il gruppo Sapio, Falck Renewables, Tenaris, Iveco, Fincantieri.Bus a idrogenoDella stessa associazione fa parte MobilitàH2, che riunisce i protagonisti della mobilità elettrica a idrogeno e fuel cell in Italia. Un comparto che conta su un fatturato annuo stimato a 3,5 miliardi di euro, su una capacità di produzione potenzialmente già attuabile di idrogeno pari a 600mila tonnellate e su 7500 persone impiegate nel settore. Tra queste c’è Iveco che è parte di CNH Industrial che sul trasporto pesante a idrogeno ha investito 250 milioni di dollari in Nikola Corporation, progettista e produttore di veicoli a zero emissioni elettrici a batteria e a idrogeno. Oggi Iveco conta sul 7% del pacchetto azionario di Nikola.

Dietro questa associazione si stanno portando avanti molte attività da parte di enti R&D e delle stesse aziende. Fra queste ultime, per esempio, c’è Enapter, produttore di elettrolizzatori modulari per idrogeno, che sta lavorando per rendere più conveniente il processo di elettrolisi, che è stato rinnovato proprio lo scorso anno, aumentando potenzialmente la capacità produttiva di Enapter di otto volte e riducendo i costi dei dispositivi d’elettrolisi di oltre il 20%.

Partner H2IT per la parte della ricerca c’è Enea. Sta portando avanti da qualche mese un nuovo impianto sperimentale per generare biogas in grado di aumentarne resa e contenuto in metano oltre il 70. Nel prossimo futuro, l’impianto verrà ampliato e dotato di altri componenti per sperimentare su scala pilota una serie di innovazioni tecnologiche e di processo molto promettenti per la produzione di biometano e bioidrogeno.

“In particolare, si prevede di realizzare una copertura con pannelli fotovoltaici, che serviranno sia per alimentare le utenze dell’impianto che per produrre, mediante elettrolisi dell’acqua, una corrente di idrogeno che verrà impiegata in processi innovativi di bioconversione della CO2 contenuta nel biogas in metano”.

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