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Che tempo farà? È una delle domande più ricorrenti nelle conversazioni. Non abbiamo resistito e così, incontrando Mario Giuliacci, meteorologo e volto noto tv, gli chiediamo subito cosa ci dobbiamo attendere per il prossimo inverno: lasciamo un po’ di suspence e rimandiamo la risposta in fondo a quest’intervista. Prima c’è da occuparsi del clima sempre più caldo e dei problemi che subiscono quanti abitano nelle città. I cambiamenti climatici in atto che impatto hanno sulle nostre città? Innanzitutto è bene evidenziare che il riscaldamento globale, causa dei cambiamenti climatici, è una certezza suffragata dai dati. Sulle cause, invece, nessuno oggi è in grado di dire oggettivamente quanto sia responsabile l’uomo di questo. Di certo a soffrire maggiormente questa situazione sono le città che, specie d’estate, soffrono proprio per la loro conformazione. L’intrappolamento dei raggi del sole fa sì che le temperature siano di 4-5 °C superiori dei valori in periferia. Pensiamo al calore incorporato dall’asfalto, capace di toccare i 60-70 °C: questo è solo un esempio che fa comprendere come le realtà cittadine siano facilmente surriscaldabili. In più si crea l’effetto canyon nei contesti metropolitani: i raggi solari colpiscono la strada e i palazzi alti e ravvicinati creano le condizioni perché la radiazione venga intrappolata da una serie di riflessioni tra una parete e l’altra e così la maggior parte dell’energia rimane imprigionata nelle vie cittadine. A tutto questo si aggiunge l’insufficienza di verde urbano, che permette di ombreggiare e di ridurre questi effetti. Così il clima in città è più ostile. Quali possono essere le strategie e le soluzioni utili per sviluppare città resilienti? La soluzione ci sarebbe, ma è difficile rimediare: occorrerebbero molti parchi, perché il verde tende a raffrescare la città, le foglie catturano l’energia solare mettendo in atto l’evapotraspirazione e assicurando maggiore ombreggiamento. Purtroppo questa risorsa importante è stata spesso sacrificata a scapito dell’edilizia selvaggia. Anche aggiungendo mille piante in più non si risolve il problema del raffrescamento cittadino. Da qui la necessità che ognuno si “difenda” nelle mura della propria casa, usando i mezzi più adatti a raffrescare l’ambiente. Che ne pensa dei tetti e delle facciate verdi come strumento di resilienza? Tetti e facciate verdi sono ottime soluzioni di cui ci sarebbe bisogno. Tuttavia sono difficilmente applicabili nelle città italiane, costituite prevalentemente da edifici storici, sottoposti a vincolo storico-architettonico. Cosa ne pensa della possibilità di agevolare le ristrutturazioni per migliorare l’isolamento termico? È una via certamente utile. Il problema, specie con i vecchi edifici, è che dovendo spesso intervenire dall’interno per i vincoli sopra citati, si riducono ulteriormente gli spazi abitabili. Ma sarebbe una misura importante, da incentivare per legge. Come può essere di aiuto la tecnologia? Lo è nella misura in cui migliora il comfort interno. Già oggi, per esempio, esistono soluzioni di climatizzazione pensate per generare flussi d’aria indiretti ed evitare quello diretto, non certo positivo per la salute. Ma anche a livello di materiali edili, è importante puntare su prodotti in grado di migliorare non solo le prestazioni energetiche, ma anche il comfort interno. Quanto può essere di aiuto la meteorologia e, in generale, la scienza per affrontare quanto sta accadendo? Beh, già pensiamo alla stessa informazione meteorologica e alla sua importanza per fare prevenzione, informando le persone sulle condizioni del tempo. Così le persone possono trarre le indicazioni utili per affrontare con i dovuti mezzi la situazione. Detto del calore estivo, d’inverno il problema principale è lo smog. Che fare? Una delle strategie è incentivare la mobilità elettrica, meglio se noleggiata, che contribuirebbe al miglioramento generale dei trasporti. Un altro strumento è stimolare lo sviluppo del fotovoltaico, che garantirebbe un minor apporto dei combustibili fossili. Solo contando sul 20% dei tetti coperti da pannelli, pensiamo a quanta energia rinnovabile si potrebbe produrre, riducendo le emissioni climalteranti. Clima a parte, che tempo ci dobbiamo attendere quest’inverno? Dagli anni Duemila a oggi le estati sono state quasi tutte più calde della media. Ci dovremo attendere, per questo, una minor probabilità di neve in pianura e anche in montagna. L’aumento medio della temperatura nel paesaggio montano di 2 °C significa questo: la neve fonde 300 metri prima di toccare il suolo rispetto agli anni Settanta. L’inverno 2019-20, oltre a risentire del global warming, risentirà dell’influsso della Niña. È un fenomeno che definisce un anomalo raffreddamento delle acque dell’Oceano Pacifico che si ripercuote sull’andamento stagionale. La Niña caratterizza inverni freddi, ma negli ultimi anni è stata meno frequente del Niño e quest’anno non ci sarà. Infine, c’è anche da considerare la temperatura delle acque del nord Atlantico, un valore tutto da studiare. Nel complesso è possibile prevedere un inverno più caldo della media degli ultimi cento anni. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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