Il mercato elettrico in Italia ed in Europa

Il mercato elettrico –in Italia ed in Europa – è alle prese oggi con una delle più profonde trasformazioni degli ultimi decenni, stretto com’è tra le grandi evoluzioni della tecnologia e del mercato da un lato e dalla necessità di adeguare il quadro normativo e regolatorio che da sempre ne “irreggimenta” il funzionamento

Il mercato elettrico in Italia ed Europa

Il 25 Ottobre sarà presentato a Milano l’Electricity Market Report, realizzato dall’Energy & Strategy Group che approfondisce, con il consueto approccio analitico, la trasformazione in atto nel mercato e la sua possibile evoluzione.

Vi proponiamo in anteprima i principali risultati del Rapporto, invitandovi ad iscrivervi alla presentazione del 25 ottobre  al Politecnico di Milano – Campus Bovisa, via Lambruschini 4, Edificio BL28 – Aula Magna Carassa Dadda.

Sono ben 18 i grandi trend di cambiamento (rappresentati in figura) che l’Electricity Market Report analizza nel dettaglio, dalle modifiche alla “natura” del consumatore elettrico – che sempre più spesso è prosumer (e quindi anche produttore di energia) e soddisfa con l’elettricità, in maniera “smart”, una quota sempre maggiore del proprio fabbisogno energetico – alle liberalizzazioni e all’apertura del mercato dei servizi di dispacciamento, con il conseguente possibile ingresso di nuovi operatori.

Evoluzione del mercato elettrico

Per ciascuno di essi, all’interno del Rapporto, vengono analizzate le caratteristiche principali e le implicazioni “teoricamente” attese sui diversi attori della filiera del mercato elettrico: generazione, trasmissione, distribuzione e vendita.

La fotografia del mercato elettrico in Italia

Sono estesi infatti i confini del mercato elettrico del nostro Paese, sia per dimensione che per numerosità e volumi degli operatori in gioco.

Nel corso del 2016 il fabbisogno di energia elettrica nazionale (ovvero l’energia elettrica di cui ha bisogno l’Italia per far funzionare tutti gli impianti, strumenti o mezzi alimentati ad energia elettrica soddisfatta grazie alla produzione nazionale e all’import di energia elettrica dai Paesi limitrofi) è risultato pari a 310 TWh (-2% rispetto al 2015 e ben 8 punti percentuali sotto il picco del 2011). A questo fabbisogno finale corrisponde una generazione elettrica nazionale (tenendo conto di perdite ed autoconsumi) di 275 TWh di energia.

Generazione elettrica che è già oggi soddisfatta per circa il 42% da fonti rinnovabili e con una data simbolo ormai, il 21 maggio 2017, dove l’87% della domanda di energia elettrica in Italia è stata coperta dalle “nuove” fonti di produzioni di energia.

Il controvalore complessivo del mercato finale dell’energia elettrica in Italia è stato pari a circa 61 miliardi di € nel 2016 e quasi 31 miliardi di € nel primo semestre del 2017, distribuito come rappresentato in figura tra i vari attori del mercato: oltre 12.600 operatori nella fase di generazione (con almeno 100 kW di potenza installata, anche se poi i primi sei operatori detengono il 50% della capacità installata totale), 11 gli attori della fase di trasmissione (anche se qui è ancora più evidente la preminenza di Terna), 137 gli operatori che si occupano della distribuzione in media e bassa tensione (con i primi 3 operatori che distribuiscono circa il 93% dell’energia totale) ed infine 625 imprese registrate all’anagrafe degli operatori per la vendita di energia elettrica.

Il tutto per servire un mercato finale fatto da 36,5 milioni di punti di prelievo sul territorio nazionale, di cui circa l’80% domestici.

Valore del mercato elettrico in Italia

Se al quadro così ricostruito si applicano i grandi trend che si sono indicati all’inizio per scoprire quanti di questi abbiano già degli effetti sulla composizione e le caratteristiche del mercato elettrico italiano si rischia tuttavia di rimanere delusi.

Il quadro che esce dall’analisi dell’intensità dei macro trend che hanno effettivamente un impatto sul mercato elettrico in Italia, e che è dibattuto nel capitolo 3 del Rapporto, è sintomatico di un mercato che si può a buona ragione rubricare come “conservatore”.

Con la sola eccezione infatti della tecnologia degli smart meter 2.0 (ma dove l’Italia aveva già una tradizione di eccellenza da mantenere) e – anche se con intensità minore – alla riforma delle tariffe e alla diffusione della generazione distribuita (frutto di un sistema di incentivazione che per anni è stato decisamente generoso), la gran parte dei macro trend non si è ancora osservata all’azione nel nostro Paese.

L’apertura del MSD e la possibilità di avere degli “aggregatori” è appena ai suoi albori, e nessuno dei meccanismi carbon tax, PPA e aste a tecnologia neutra – che rappresentano il possibile “futuro” della gestione della generazione distribuita da rinnovabili dopo l’incentivazione sono ad oggi osservabili nel nostro Paese.

Anche la diffusione della mobilità elettrica e dei sistemi di storage è ancora solo appena accennata, rendendo per certi versi più difficile la “rivoluzione” degli aggregatori o lo sviluppo di un “bilanciamento” distribuito nella gestione della rete.

Se si riassumono gli effetti dei macro trend che hanno una intensità almeno significativa (quindi solo 3 su 18) si evidenzia come questi siano piuttosto limitati. In nessuno dei casi si è assistito ad una modifica significativa nel numero e nelle caratteristiche degli operatori coinvolti nel mercato, così come non vi sono stati apprezzabili impatti sulla domanda elettrica o sulle condizioni di prezzo dei clienti finali (se si eccettua la riforma tariffaria del mercato domestico che tuttavia non ha ancora mostrato appieno i suoi effetti).

Insomma la maggior parte delle trasformazioni del mercato elettrico italiano sono ancora da manifestarsi e, forse proprio per questa ragione, ancora più interessanti appariranno i risultati della survey condotta tra gli operatori in merito alle aspettative future e che è oggetto del Rapporto.

Il benchmark a livello europeo

La situazione vista sopra può quindi a buon ragione destare qualche preoccupazione, soprattutto se la si confronta con il quadro che è possibile ricostruire analizzando gli altri Paesi europei.

I Paesi selezionati – attraverso il confronto con i partner della ricerca – per questo confronto sono 7 (Germania, Regno Unito, Norvegia, Danimarca, Spagna, Francia e Portogallo), ed insieme all’Italia rappresentano il 70% del totale della domanda elettrica in Europa.

Per ciascuno dei Paesi si è riportata una analisi simile a quella svolta per il mercato italiano.

A solo titolo di esempio – e rimandando al Rapporto per ulteriori dettagli – è possibile dare uno sguardo al mercato elettrico tedesco e a quello inglese.

La Germania, con una domanda elettrica alla fine del 2016 di 590 TWh (47% in più dell’Italia), è il primo Paese europeo per dimensione. Il mercato elettrico è stato completamente liberalizzato già nel 1998 tramite il decreto denominato «Energy Industry Act».

Lo European Energy Exchange (EEX), con sede a Lipsia, istituito nel 2002 in seguito alla fusione dei mercati per gli scambi di energia tedeschi di Francoforte e Lipsia, è oggi la principale “borsa elettrica” a livello europeo con oltre 4.456 TWh di transazioni all’anno.

Accanto alle quattro grandi società (E.ON AG, RWE AG, Vattenfall GmbH e EnBW AG), attive nella generazione, distribuzione e fornitura di energia elettrica, vi è un fiorente mercato di fornitori regionali e comunali, che si dividono il 70% dell’intero mercato.

La gestione del mercato vero e proprio avviene con sessioni prossime al real time, grazie al fatto che si sono prese scelte “coraggiose” con riferimento ai soggetti abilitati ad operare nei servizi di rete (tra cui aggregatori e storage farm) e alla conseguente scelta di adeguare i meccanismi di controllo (con il mercato ex ante dei servizi ancillariin sostituzione al più tradizionale “capacity market”)

Il Regno Unito, con una domanda elettrica alla fine del 2016 di circa 340 TWh (9% in più dell’Italia), è il terzo terzo Paese europeo per dimensione.

Il mercato elettrico del Regno Unito è stato completamente liberalizzato in tutte le fasi della filiera, dalla generazione alla vendita, addirittura nel periodo 1989-1990. Inoltre, un ulteriore area in cui il Regno Unito ha fatto da apri pista è stata l’apertura dei servizi di bilanciamento della rete alla domanda, ivi comprese le fonti rinnovabili non programmabili e i sistemi di storage, che sono stati abilitati nel 2015. Tra le ragioni di questo approccio non si possono però non citare le caratteristiche della infrastruttura elettrica, soprattutto quella di trasmissione, che presenta – anche per ragioni geografiche – diversi problemi in termini di capacità trasportabile e di gestione dei carichi.

Nonostante il paradigma della “generazione distribuita”, soprattutto da rinnovabili, non abbia trovato lo stesso sviluppo ad esempio visto per il mercato tedesco, è indubbio come il Regno Unito sia tra i più avanzati mercati europei per quanto riguarda la abilitazione di nuovi operatori di mercato (aggregatori e storage farm) e nella strutturazione di rapporti di vendita e acquisto di lungo termine tramite i PPA, che sono la forma più diffusa di contrattualizzazione energetica tra i grandi operatori.

Se si guarda al complesso delle informazioni raccolte rispetto ai 7 Paesi (Germania, Regno Unito, Norvegia, Danimarca, Spagna, Francia e Portogallo) è possibile identificare alcune comunanze e differenze.

Innanzitutto vi sono alcuni trend che risultano essere complessivamente “significativi”, ossia con limitate differenze all’interno del campione, e che possono quindi a buon ragione essere considerati la “base comune” della evoluzione dei mercati elettrici verso una maggiore efficacia ed efficienza di funzionamento. Il passaggio verso il mercato libero, l’apertura dei mercati dei servizi per il dispacciamento, l’abilitazione degli operatori virtuali e le riforme tariffarie sono solo alcuni esempi degli sforzi messi in campo dalle autorità nazionali al fine di rendere sempre più efficiente e competitivo, a vantaggio dei consumatori e dell’intero sistema, il mercato elettrico.

Altri trend complessivamente “deboli” ovvero con una presenza decisamente ridotta ad oggi nel campione, quasi che non si consideri il mercato sufficientemente maturo da trovare soluzioni adeguate in questi ambiti. Questi sono le aste neutre, i power purchase agreement e i SDC; tutti caratterizzati da importanti criticità nella loro applicazione.

Altri trend, infine, dove si può osservare una differenza significativa tra i Paesi del Centro e Sud- Europa ed i Paesi del Nord Europa. Con questi ultimi che sembrano privilegiare la diffusione di veicoli elettrici e la sperimentazione di soluzioni V2G, forse proprio in risposta alla mancanza di una sufficiente base di prosumer e diffusione della generazione distribuita. Esattamente l’opposto di quanto accade nei Paesi del Centro e Sud-Europa, dove la forte presenza di generazione di piccola e media taglia localmente distribuita sembra catalizzare gli sforzi di sviluppo del mercato elettrico.

Quali sono le attese degli operatori italiani sulla evoluzione del mercato?

Se è un dato di fatto quindi che il mercato italiano sia “in ritardo” rispetto alla maggior parte degli altri Paesi europei presi come termine di paragone, quali sono le reali aspettative di “evoluzione” dei nostri operatori?

La risposta a questa domanda si è ottenuta attraverso una surveyche potesse raccogliere le impressioni degli operatori del mercato italiano con riferimento sia ai macro trend che agli effetti attesi. Nel complesso sono stati raccolti oltre 180 questionari, somministrati ad un campione rappresentativo di operatori della generazione, distribuzione, trasmissione e vendita di energia elettrica, nonché ad un panel di esperti e ricercatori del settore.

Il quadro che ne esce mostra, pur con qualche distinguo, una chiara “visione” da parte degli operatori. Orientamento che è rappresentato nella figura della slide seguente, dove il colore del cursore rappresenta la probabilità con cui gli operatori si aspettano che un trend si realizzi, mentre la posizione del cursore ne identifica la tempistica attesa di accadimento.

Attese degli operatori italiani sulla evoluzione del mercato

Se si considerano i risultati dell’indagine empirica le aspettative degli operatori ci permettono di definire un mercato “di riferimento” dove:

  • il completamento della liberalizzazione del mercato, della riforma tariffaria e l’abilitazione di SDC ed energy communities sicuramente metteranno gli utenti elettrici in grado di valutare offerte di vendita (e generazione distribuita) di energia più variegate, con una maggiore rilevanza della componente di servizio (in risposta ad esigenze più complesse) rispetto a quella della commodity energia;
  • l’aumento del livello di “smartness” della rete ed il varo di un capacity market adeguato permetteranno una maggior “stabilizzazione” nella fase di gestione della rete di distribuzione e trasmissione, allo stesso tempo garantendo maggiori possibilità di sfruttamento di asset produttivi “tradizionali” (che ancora giocano una parte rilevante nel patrimonio di molte delle nostre utility);
  • le possibilità – meno “certe” delle precedenti – che un incremento del sistema competitivo per la generazione di energia (aste a tecnologia neutra e PPA) e per la fornitura dei servizi di rete (con l’apertura ”completa” dell’MSD), manterranno su buoni livelli – trainati dalla crescita della domanda – la vivacità del comparto elettrico, sia quello legato alla generazione da rinnovabili che alle nuove forme di “aggregazione” per la fornitura di servizi;
  • Il comparto delle rinnovabili vedrà terminare non soltanto la disponibilità di incentivi (per lo meno nella forma e con le modalità che lo hanno caratterizzato negli ultimi anni) ma anche la priorità di dispacciamento, lasciando quindi “attivi” solo gli operatori che avranno fatto – investendo in competenze e strutture organizzative di gestione – della produzione di energia da fonti rinnovabili un vero business industriale dell’energia.

Se si guarda invece agli effetti che ci si attende è possibile sottolineare i seguenti, rimandando al Rapporto per tutti gli ulteriori approfondimenti.

Attese degli operatori italiani sulla evoluzione del mercato

Il 39% degli operatori si aspetta un aumento del PUN (Prezzo unico nazionale). Di poco superiore il «peso percentuale», il 44%,  dei soggetti che affermano che il prezzo della componente energia rimarrà stabile sui valori attuali.

Uno stretto legame con l’aspettativa di aumento del PUN riguarda la crescita dei consumi. Il 46% degli operatori si attende un aumento della domanda di energia elettrica nell’intorno del 2% – 4%. Ed ancora un 27% degli operatori è convinto che la domanda permanga sui valori registrati negli ultimi anni.

Più che ad un effetto quindi del cambiamento del mix energetico, gli operatori si attendono che la salita della domanda finale porti ad un incremento dei prezzi dell’energia.

Alla domanda «come varieranno i prezzi dell’energia elettrica al cliente finale» una risposta molto chiara è emersa nell’ambito delle utenze residenziali: sicuramente una variazione del prezzo ci sarà, il dubbio riguarda se con segno negativo o positivo, con quest’ultimo che raccoglie più consensi.

In aumento, anche se limitato, sono previsti i prezzi per la Pubblica Amministrazione, mentre più “stabile” (compreso tra un +/-5%) il prezzo per le PMI ed in generale le utenze industriali.

In prima battuta queste modifiche sono il frutto di quanto visto con riferimento all’andamento della domanda finale e del prezzo della componente energia. Tuttavia è importante sottolineare come gli operatori si aspettino in generale un incremento – di pari passo con la liberalizzazione – della “varianza” dei prezzi all’interno della singola tipologia di clienti, di fatto ipotizzando la presenza di offerte commerciali più diversificate.

Ci si attende infatti un mercato caratterizzato sempre più da utenti «smart» sensibili a nuove tipologie di servizi, come potrebbero essere le nuove tecnologie per il controllo dei propri consumi e/o per il confort della propria abitazione (smart building e domotica).

Gli operatori credono nell’arrivo di nuovi operatori con la chiusura del mercato tutelato. Tuttavia, appare improbabile che questi possano raggiungere una quota di mercato superiore al 5% del mercato totale in termine di numero di punti di prelievo. Sono pochi quelli che credono questa quota possa addirittura arrivare al 10%

Il cammino intrapreso dalle rinnovabili, circa una decina di anni fa, è percepito come definitivo e non reversibile. I traguardi imposti dall’Unione Europea, seppur di lungo periodo, paiono essere credibili e non inderogabili. Il 78% degli operatori considera raggiungibile il traguardo al 50%, sulla produzione totale di energia elettrica, per il parco di generazione da rinnovabili entro il 2021. E’ interessante sottolineare come – nell’ipotesi di mantenere lo stesso mix di generazioni di rinnovabili attuali – questo vorrebbe dire installare 10-12 GW di nuova potenza.

Anche la crescita della quota dei “prosumer” pare sia cosa certa, perlomeno per il 63% degli operatori e con un raddoppio della quota attuale sulla produzione complessiva raggiungendo quota 4%. Anche in questo caso vorrebbe dire che la potenza di generazione in mano ai prosumer dovrebbe salire di circa 2,5 GW.

Alte, infine, sono le aspettative riguardo al comparto dello storage di energia con oltre il 70% a favore di una crescita (anche se moderata) nel breve termine. Di questi, il 59% stima in una crescita del 5% annua la base installata rispetto alla quota attuale. Sicuramente, l’attesa crescita delle rinnovabili fino al 50% del mix di produzione, l’avvento del mercato della capacità unita all’apertura del MSD, sono visti come elementi trainanti per i sistemi di accumulo energetico.

E’ uno scenario, tuttavia, estremamente lento nell’avverarsi, con oltre il 76% degli intervistati a credere che questi cambiamenti avverranno non prima del periodo 2021-2025

E questa “lentezza” avrà evidentemente delle ricadute importanti:

  • da un lato – in positivo – perché permetterà agli operatori “storici” del nostro Paese di adeguare le proprie competenze e la propria offerta di servizi, e agli operatori delle rinnovabili di portare a termine il processo di “professionalizzazione” e concentrazione che è già in corso ormai da qualche anno e che avrà tutto il tempo di giungere a maturazione, consentendo quindi un passaggio “graduale” verso il mercato elettrico del futuro;
  • dall’altro – in negativo perché a differenza di quanto accaduto in altri Paesi, come ad esempio l’Inghilterra o la Germania (per citarne due di dimensioni significative), questa ridurrà la spinta competitiva apportata da nuovi operatori che avrebbero invece potuto profittare della “rapidità” dei cambiamenti per aggredire, in puro spirito imprenditoriale, il mercato, ovviamente sempre nel rispetto delle regole.

Non pare quindi lecito attendersi sconvolgimenti né sui prezzi finali dell’energia – dove semmai la tendenza sarà ad una maggiore differenziazione (per effetto anche della componente servizi) ma non ad una generale riduzione degli stessi – né sulle diverse “fasi” del mercato, grazie all’effetto di stabilizzazione del capacity market e di consolidamento della produzione da rinnovabili, accompagnato dalla apertura “dolce” (proprio perché lenta) del mercato dei servizi.

Non è questo necessariamente un fatto negativo, se è vero che – in un settore critico come quello dell’energia – non sempre “rivoluzione” faccia il paio con “evoluzione” e pur tuttavia appare meno “virtuoso” rispetto ad altri Paesi un percorso che avvantaggi sì gli attuali operatori ma renda meno competitivo e sfidante il loro percorso.

Quale futuro per il mercato elettrico in Italia?

E se non si verificassero nemmeno tutti i cambiamenti che sono stati identificati nello scenario di riferimento? Cosa accadrebbe se quelli giudicati relativamente meno probabili – apertura del MSD, aste a tecnologia neutra e PPA – dovessero rimanere solo “sulla carta”?

Appare evidente che questo renderebbe ancora meno “sfidante” la transizione al nuovo mercato, giacchè la limiterebbe sostanzialmente alla modalità di ingaggio ed interazione con il cliente finale, rendendo invece meno interessante qualsiasi cambiamento che abbia a che vedere con le fasi di generazione, distribuzione e trasmissione

Da un lato quindi, si metterebbe meno mano a quelle parti del sistema (distribuzione e trasmissione) che oggi sono soggette a maggior regolazione, ma dall’altro lato ancora una volta si ridurrebbe la spinta imprenditoriale e la generazione di nuovi modelli di business lungo la complessa filiera del mercato elettrico.

Quali sono le altre strade possibili? Molte e allo stesso tempo nessuna in grado di rappresentare la ricetta “perfetta”, come dimostra la varietà di soluzioni adottate negli altri Paesi che già hanno percorso un tratto di strada in più rispetto a noi.

Forse sarebbe possibile ”spingere” ancora in maniera decisa la generazione (distribuita) da fonti rinnovabili, trovando nuove forme di incentivazione meno impattanti sulla “bolletta”? O forse meglio spingere su una generazione “centralizzata” da fonti rinnovabili, tornando a facilitare investimenti per impianti di taglia maggiore? Forse una apertura maggiore del mercato dei servizi elettrici – mettendo sin da subito in campo lo storage farm (reali o virtuali) – potrebbe ridurre in maniera più significativa il costo di questa ”fase” del mercato, che è stata oggetto negli ultimi anni anche di forme di speculazione?

 

In ogni caso – qualunque sia la strada scelta – è forse proprio il “tempo” quello di cui dovremmo preoccuparci maggiormente, perché è proprio da questo che dipende quanta “competizione” (di quella sana e positiva) si vuole mettere sul mercato.

Presentazione Electricity Market Report

25 ottobre 2017 – ore 9.30
Politecnico di Milano – Campus Bovisa, via Lambruschini 4, Edificio BL28 – Aula Magna Carassa Dadda

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