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La particolarità nella produzione di acqua calda sanitaria con pompe di calore nasce per il fatto che, a differenza di una caldaia, le pompe di calore hanno dei limiti sulle temperature massime, limiti stringenti nel caso delle pompe di calore elettriche (tipicamente 50°C come massima temperatura di mandata), che per le unità ad assorbimento a gas sono decisamente più ampi, ma non oltrepassano comunque i 70°C. Quindi non si può, come nel caso delle caldaie, sfruttare un accumulo di piccole dimensioni progettato per stoccaggio ad alta temperatura, ma bisogna orientarsi su soluzioni di accumulo a medio-bassa temperatura, eventualmente integrabili con altre soluzioni. Per dare la prospettiva corretta al problema, va considerato che a livello europeo in media solo il 9% del consumo energetico di un’abitazione è dovuto al servizio di produzione ACS. Quindi anche nel caso di impiego di una pompa di calore o di analoghe forme di sfruttamento energetico ad alta efficienza, il margine di risparmio è normalmente molto più ridotto rispetto a quanto avviene ad esempio per il servizio di riscaldamento. In funzione del fabbisogno di acqua calda sanitaria (determinato secondo quanto previsto dalla norma UNI TS 11300-2 o da analoga normativa di riferimento nazionale o locale) va determinata la potenza da dedicare a questo specifico servizio. Qualora la potenza necessaria fosse inferiore ai 20 kW, l’installazione di una pompa di calore e del relativo bollitore ad accumulo per questo servizio risulta poco giustificabile dal punto di vista energetico e del ritorno sui costi di investimento. Il consiglio in questo caso è quindi di prevedere due sistemi assolutamente indipendenti per il riscaldamento/climatizzazione e per la produzione di acqua calda sanitaria, con la possibilità di utilizzare per quest’ultimo servizio uno scaldabagno di tipo istantaneo senza quindi la necessità di allestire un bollitore ad accumulo (potendo sfruttare anche la possibilità di evitare la canna fumaria nel caso di installazione esterna dell’apparecchio, qualora questo sia reso possibile dai regolamenti locali). Per potenza superiore ai 20 kW può essere interessante dal punto di vista economico allestire un sistema con un accumulo opportunamente dimensionato (sempre in funzione della potenza richiesta e dei fabbisogni dell’utenza, senza trascurare il fatto che le pompe di calore hanno delle esigenze specifiche per quanto attiene le superfici minime di scambio, in modo da trasmettere una potenza sufficiente anche a temperature inferiori), al quale affiancare eventualmente o un altro scaldabagno o una caldaia a condensazione che possa funzionare alternativamente o sul servizio riscaldamento (per integrazione di potenza) o sul servizio ACS (per il servizio antilegionella o per innalzare la temperatura dell’accumulo rispetto a quanto raggiungibile con le sole pompe di calore). In questo modo tutte le volte che le unità sono attive per il servizio riscaldamento può essere sfruttata la stessa produzione di acqua calda anche per il preriscaldo dell’ACS, riducendo il contributo dello scaldabagno o della caldaia di integrazione. Nel caso dell’impiego di refrigeratori ad assorbimento con recupero estivo di calore GA ACF HR sarà possibile sfruttare tale calore gratuito per svolgere lo stesso servizio di preriscaldo, sempre associato ad un bollitore, durante il periodo di funzionamento del refrigeratore stesso (attenzione, non è possibile attivare il refrigeratore in funzione del bisogno di preriscaldo, come invece succede per le unità GAHP), potendo sfruttare comunque per il preriscaldo le unità destinate alla produzione di caldo nel periodo invernale e anche la caldaia di integrazione, secondo la logica già descritta. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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