Bonifica dei siti inquinati: una necessità per l’ambiente, la salute e le rinnovabili

Sono ancora molti i siti da avviare a bonifica in Italia. Un report ha messo in luce lo stato dell’arte e le criticità per rimettere in salute aree che potrebbero ospitare anche impianti energetici green

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Bonifica dei siti inquinati: una necessità per l’ambiente, la salute e le rinnovabili

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La bonifica dei siti inquinati è ancora lontana dall’essere risolta in Italia. Anche se si sono registrati passi in avanti, c’è ancora molto da fare. Lo sa bene il Governo. Per questo si cerca di sciogliere ancora nodi e incentivare le attività. A questo proposito, proprio in questi giorni, il Ministero della Transizione ecologica ha fatto sapere che il PNRR stanzia 500 milioni di euro per la bonifica dei “siti orfani”, ovvero quei siti contaminati che non sono stati bonificati dai responsabili o dai proprietari dei terreni, perché sconosciuti o inadempienti, dopo aver definito i criteri per gli interventi di bonifica coi fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Grazie a tale stanziamento sarà prevista la riqualificazione di almeno il 70% della superficie del suolo dei siti orfani al fine di ridurre l’occupazione del terreno e migliorare il risanamento urbano. Le amministrazioni che hanno candidato siti orfani al finanziamento sono venti.

Torna, quindi, di nuovo d’attualità la questione delle bonifiche dei siti contaminati, un problema enorme per l’ambiente e per la salute: è stato accertato che vivere nelle vicinanze di queste aree è deleterio per la salute. Un esempio: secondo l’Istituto superiore di Sanità, comporta un aumento di tumori maligni del 9% tra 0 e 24 anni.

Il problema ambientale ed economico delle mancate bonifiche

Oltre che essere un fattore critico a livello ambientale, la mancata bonifica dei siti inquinati lo è anche a livello economico. La Corte di giustizia UE nel 2014 ha condannato l’Italia a pagare una sanzione semestrale iniziale di 42 milioni e 800mila euro, poi ridotta, dopo sette anni di lavoro da parte prima del Ministero della Transizione Ecologica e poi del Commissario di Governo, a 5 milioni e 800mila euro. Essa riguardava 200 discariche.

Il problema ambientale ed economico delle mancate bonifiche dei siti inquinati

Non è la prima volta che l’Italia si trova a essere condannata dall’Europa: le informazioni europee sono costate al nostro Paese quasi 550 milioni di euro dal 2012, quali pagamenti a carico del bilancio italiano per seconde condanne. Più di un quarto (26%) delle infrazioni Ue a carico dell’Italia riguardano l’ambiente.

Per le bonifiche i fondi ci sono, le norme pure, cosa manca? Per ora manca la volontà di agire con tutti i rischi del caso, compreso quello di possibili infiltrazioni mafiose nell’aggiudicazione dei lavori di appalto. La burocrazia c’entra anche in questo caso nel rendere complesse le procedure e il via a gare d’appalto e relativi lavori.

Tutto questo è stato messo in luce da “Il lungo cammino delle bonifiche”, primo report sul tema, che ha condotto un’analisi del fenomeno.

Il lungo cammino delle bonifiche: il report e il ruolo dell’ufficio del Commissario Unico

Il documento ha il merito di fare una panoramica ampia e dettagliata sul tema della bonifica dei siti inquinati. È stato realizzato da Emanuela Somalvico, analista dei fenomeni corruttivi presso il Commissario Unico per la realizzazione degli interventi necessari all’adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale, e da Antonio Pergolizzi, analista ambientale, giornalista e saggista esperto di ecomafie.

«Come ufficio del Commissario Unico ci stiamo occupando di quei siti finiti sotto procedura di infrazione da parte dell’unione europea, che ha sanzionato per questo l’Italia», spiega la stessa Somalvico. È la stessa esperta a mettere in chiaro cosa serva per provvedere a una situazione in cui l’Italia – e noi tutti – abbiamo solo da perdere: «quali passi occorre fare? Va applicata la legge. Le norme ci sono, pur ottimizzabili, ma forniscono tutte le indicazioni necessarie, facendo in modo che gli appalti vengano fatti in modo adeguato, così pure le verifiche. Non c’è nulla di così complesso da non potersi affrontare in base a tempistiche adeguate. Come ufficio del Commissario Unico ci occupiamo di verificare che nei siti oggetto di infrazione europea si portino a compimento le necessarie attività di bonifica, con particolare attenzione rivolta sia alle tempistiche ma soprattutto alle verifiche sulla effettiva conduzione nei cantieri». Le infiltrazioni della criminalità organizzata sono infatti una minaccia costante per l’economia sana, soprattutto in questo specifico ambito di operatività. «Da pochi mesi siamo inoltre diventati una struttura stabile dello Stato, a disposizione delle Regioni e del MiTE per intervenire laddove necessiti il nostro know-how».

Bonifica dei siti inquinati: più di 34mila i procedimenti in corso

Che ci sia ancora molto da fare in termini di bonifica dei siti inquinati lo mette in luce lo stesso report. Già una ricognizione effettuata nel 2015 dall’allora Ministero dell’Ambiente aveva evidenziato come “lo stato di attuazione e aggiornamento dei siti regionali fosse estremamente disomogeneo sul territorio nazionale, così come la struttura e i contenuti di ciascuna anagrafe”.

Lo scorso anno ISPRA ha aggiornato la situazione, al 2020, resi pubblici nel marzo del 2021. Da qui si legge che:

“i siti oggetto di procedimento di bonifica sono 34.478, di cui 16.264 presentano un procedimento in corso, il cui stato di contaminazione è noto per una significativa percentuale (97%, pari a 15.732 procedimenti), mentre per 17.862 siti il procedimento risulta concluso. Il dato nazionale mostra che i siti in attesa di accertamenti (35%) sono sostanzialmente di pari numero di quelli potenzialmente contaminati (33%), mentre quelli la cui contaminazione risulta accertata sono in numero leggermente inferiore (29%), per una superficie di territorio nazionale interessata dai procedimenti di bonifica pari a 66.561 ettari, di cui 37.816 oggetto di procedimenti in corso e 28.745 riferibili a procedimenti conclusi”.

Inoltre, si sa che sul totale dei siti procedimento in corso, un terzo circa riguarda siti in attesa di accertamenti (35%), un altro terzo di siti potenzialmente contaminati (33%) e il restante di siti contaminati (29%).

Bonifiche, tra criticità e potenzialità per la transizione energetica

A livello generale due appaiono le criticità di sistema che hanno frenato l’attività di bonifica dei siti inquinati: i criteri di scelta per l’identificazione dei siti di bonifica, in merito alle priorità e criteri di identificazione, e la ripartizione delle responsabilità sugli enti. Nel primo caso, il report mette in luce, che la criticità deriva dai criteri di scelta per l’identificazione dei siti soggetti a bonifica.

“Dalla ricognizione fatta sulle pratiche che hanno condotto all’apertura della procedura d’infrazione UE emergono, infatti, a volte, anomalie che minano sin dall’inizio l’intero iter. Anomalie che nascono spesso da procedure condotte con un uso eccessivo di discrezionalità, quindi prive di corroboranti elementi oggettivi, spesso persino al di fuori dei confini normativi previsti”, riporta lo stesso report.

Nel caso, invece, della ripartizione delle responsabilità sugli enti, il ruolo affidato alle Regioni dal legislatore richiede una messa a disposizione di adeguati mezzi e risorse e coerente organizzazione. “Le Regioni rappresentano la scala territoriale migliore per comprendere a fondo le esigenze locali e i rischi, potenziali e reali e devono poter organizzarsi e svolgere attività di prossimità presso i Comuni e le Stazioni appaltanti di riferimento presenti sui territori. Gli Enti locali risultano a volte carenti sia in termini di personale qualificato che di risorse economiche, a volte poco attrezzati per rispondere a procedure così complesse. In tal senso, per il futuro sarebbe auspicabile prevedere delle Unità Operative di livello regionale impegnate nell’attuazione delle procedure di bonifica, permettendo in tal modo un affiancamento nelle attività di preparazione e risoluzione dei problemi tecnici e rappresentando una reale azione di prossimità ai Comuni”.

In ogni caso questi elementi frenano la messa in pratica del processo di bonifica e della conseguente rigenerazione dei siti inquinati, riportandoli a condizioni ottimali.

Potrebbero essere zone da restituire all’ambiente oppure da adibire allo sviluppo della transizione energetica. Lo prevede il Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152: all’articolo 242 si legge, infatti, che nei siti oggetto di bonifica, inclusi i siti di interesse nazionale, possono essere realizzati i progetti del PNRR, opere per la realizzazione di impianti per la produzione energetica da fonti rinnovabili e di sistemi di accumulo.

La task force del Commissario Unico risponde proprio a tale esigenza, per affiancare l’attività degli Enti e portare a compimento le bonifiche, anche le più complesse, con la necessaria attenzione alle tempistiche e alla legalità.

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