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Troppi soldi e spesi male. Investimenti che si ripagano in tempi biblici. L’efficienza energetica è nell’occhio del ciclone dopo l’accusa della Corte dei conti europea, rivolta pure all’Italia. Come si legge in un recente comunicato, infatti, i fondi stanziati da Bruxelles per ridurre i consumi di elettricità, gas e combustibili nell’edilizia, sono finiti nello schiacciasassi della cattiva gestione. La Corte dei conti ha esaminato 24 progetti nel campo dell’efficienza in tre Paesi (Repubblica Ceca, Italia e Lituania), quelli che avevano ricevuto i maggiori contributi dal Fondo di coesione e dal Fondo europeo di sviluppo regionale per il periodo 2007-2013. Gli investimenti sono stati efficaci? La risposta è no, secondo la relazione sul rapporto costi/benefici degli interventi realizzati nell’edilizia pubblica dei tre Stati membri. Per efficienza, lo ricordiamo, s’intendono le misure che permettono di risparmiare su consumi e bollette, tuttavia senza rinunce. L’esempio classico è sostituire una vecchia lampadina con una a basso consumo. Il problema è che bisogna sempre valutare il vantaggio in rapporto al costo, in questo caso l’elettricità consumata in meno ogni anno, considerando il prezzo della nuova lampadina e la sua longevità. Non si vede il Roi Occorre calcolare i consumi medi di energia e il potenziale risparmio, altrimenti si rischia un investimento a vuoto. Proprio quello che è successo in Europa. «Gli Stati membri hanno fondamentalmente utilizzato questi fondi per rinnovare edifici pubblici, mentre il risparmio energetico era, nel migliore dei casi, una finalità secondaria», ha commentato Harald Wögerbauer, membro della Corte responsabile della relazione. Tanto che gli investimenti si ripagheranno mediamente in 50 anni, addirittura 150 nei casi peggiori, ben oltre la vita utile delle tecnologie utilizzate, che siano caldaie a condensazione, infissi isolanti o coibentazioni dei tetti. Così i fondi per l’efficienza sono finiti in un buco nero, senza produrre vantaggi misurabili. «Anche se i progetti controllati hanno prodotto le realizzazioni fisiche previste, come la sostituzione di finestre e porte o l’isolamento di muri e tetti – si legge nel comunicato della Corte dei conti europea – il costo in relazione ai potenziali risparmi è stato elevato. Più dell’efficienza energetica è stata valutata la necessità di rinnovare gli edifici pubblici». Superficialità? Incapacità di fare i conti? Semplicemente la fretta di utilizzare i fondi disponibili? Fatto sta che dal 2000, l’Ue ha destinato quasi cinque miliardi di euro per cofinanziare misure di efficienza, a quanto pare con scarsi risultati. Forse è anche questa una delle ragioni per cui l’Europa è in super ritardo sugli obiettivi (peraltro al momento ancora volontari) di risparmio energetico. Bruxelles sta cercando di accelerare, basta vedere la procedura d’infrazione contro 19 Paesi inadempienti sulla direttiva Epbd (European performance of buildings directive). La strada verso standard condivisi di efficienza nell’edilizia, tuttavia, sarà più lunga del previsto, se continueremo a vuotare il portafoglio senza sapere di preciso che fine faranno le nostre banconote. Scarica la relazione “Efficacia in termini di costi/benefici degli investimenti della politica di coesione nel campo dell’efficienza energetica” (in inglese) Fonte http://www.europarlamento24.eu Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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