Idrogeno verde per l’energia: elemento abilitante per la sicurezza energetica

Le tensioni geopolitiche e la necessità di una maggiore indipendenza e sicurezza energetica stanno promuovendo un più marcato sviluppo dell’idrogeno verde, in Europa e in Italia

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Idrogeno verde per l’energia: elemento abilitante per la sicurezza energetica

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Ci sono diversi elementi che fanno ipotizzare uno sviluppo dell’idrogeno verde per l’energia. Se, come ha ricordato Laura Cozzi, Chief Energy Modeler della International Energy Agency, l’idrogeno pesa per lo 0,1% nel mix energetico mondiale, è interessante guardare al crescente interesse che sta raccogliendo negli ultimi due anni. Da una parte, il numero di progetti: si è passati da una decina ai 150 in fase di sviluppo. Dall’altra gli investimenti stanziati e stimati: «oggi si sommano circa 350 miliardi di dollari, tra investimenti pubblici e privati, si prevede che da qui ai prossimi 6/7 anni si supereranno i 1000 miliardi di dollari», afferma la stessa CEM di IEA in occasione dell’Hydrogen Forum, evento annuale organizzato da Il Sole 24 Ore.

Nel piano europeo, Repower EU, avviato proprio per emanciparsi dalla dipendenza dal gas russo – solo per l’Italia pesa attorno al 40% – l’idrogeno riveste un ruolo cruciale. Tutto questo va a sommarsi al ruolo che dovrà avere nel percorso di decarbonizzazione che l’UE si è data da qui al 2050.

Idrogeno verde per l’energia: il contributo dei porti

In uno scenario in cui si sovrappongono tre crisi (umanitaria, energetica e climatica), l’idrogeno si inserisce in questo momento così delicato per fornire un contributo quanto meno per affrontare la seconda e terza crisi. La stessa Cozzi ha illustrato anche dove può fornire il suo aiuto. L’elettrificazione è l’ambito principale dell’idrogeno verde per l’energia: oggi l’elettricità pesa per il 20% circa sugli usi finali ma si prevede arriverà al 50-60%. Anche nel restante 40-50% l’idrogeno può inserirsi negli altri combustibili, contribuendo a ridurne le emissioni. «L’energy storage è un altro ambito d’impiego in cui ci si aspetta molto dall’idrogeno, anche in termini di innovazione, nel prossimo decennio».

Come si superano gli ostacoli, legati per esempio al suo trasporto? Una risposta arriva dall’Europa del Nord, dai cluster creati in alcune delle più importanti infrastrutture strategiche di trasporto: i porti. L’esempio lo fornisce il Porto di Rotterdam. L’Autorità Portuale sta lavorando con vari partner per creare una rete di idrogeno su larga scala attraverso il complesso del porto, rendendo Rotterdam un hub internazionale per la produzione, l’importazione, l’applicazione e il trasporto di idrogeno verso altri paesi dell’Europa nord-occidentale. In questo caso si punta a evitare il problema della domanda, creando localmente un hub produttivo e sfruttandolo localmente. «IEA ha calcolato che se da qui al 2030 si riuscisse a contare su 30/40 porti in tutto il mondo si potrebbero ridurre i costi a livello sostanziale», illustra la Chief Energy Modeler della International Energy Agency.

Idrogeno e scenari in Europa e in Italia

Il peso dell’idrogeno, e in particolare dell’idrogeno verde per l’energia avrà un peso crescente: già oggi si prevede che entro il 2050 il 12% dei consumi saranno legati a questo vettore energetico. Lo ha confermato anche Laura Villani, managing director e partner settore energy di Boston Consulting Group. Nel corso dell’ultimo anno, lo scenario energetico è cambiato sensibilmente e con esso il ruolo dell’idrogeno: «il rialzo dei prezzi delle commodity e la guerra in Ucraina hanno spinto l’Unione Europea a spingere sulla transizione energetica. L’idrogeno assume un ruolo ancora più determinante, anche per cercare di ridurre la pressione sui costi energetici». Ancora prima del conflitto in Ucraina, la Banca centrale europea aveva stimato che il rialzo dei prezzi dell’energia avrebbero avuto un impatto già sul primo mese 2022 di mezzo punto percentuale di PIL.  In quest’ottica l’UE ha lanciato il programma Repower EU in cui si prevede un peso ancora maggiore al 2030 di quello già previsto nel Fit for 55, passando da circa 5,6 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile a una produzione e importazioni di idrogeno a 20 Mt entro il 2030.

Idrogeno e scenari in Europa e in Italia

«Anche nel caso dei progetti, in quest’ultimo anno si è puntato su scelte corrette in termini di investimenti, orientandosi su tre aspetti: la conversione da idrogeno grigio a idrogeno verde, soprattutto in raffinerie o nella produzione di fertilizzanti», afferma Villani, ricordando a esempio il progetto del gruppo spagnolo Iberdrola e il suo partner Fertiberia, specializzato in fertilizzanti, per produrre idrogeno verde, con un piano per installare 800 MW di elettrolizzatori nei prossimi sette anni.

L’altra applicazione su cui ci si sta orientando va nella sostituzione dell’idrogeno verde al gas metano, prima parziale e poi totale. Nelle acciaierie si stanno facendo sperimentazioni. Un esempio è HYBRIT (Hydrogen Breakthrough Ironmaking Technology), frutto di una collaborazione tra Vattenfall, uno dei maggiori produttori e rivenditori europei di elettricità e calore, il produttore di acciaio SSAB, la società mineraria LKAB. Avviata nel 2017, l’anno scorso sono giunti i primi risultati concreti: SSAB Oxelösund ha laminato il primo acciaio prodotto con la tecnologia HYBRIT, impiegando idrogeno totalmente privo di fossili al posto di carbone e coke.

«Il terzo fattore importante riguarda il trasporto: si sta cercando di concentrare intorno a cluster di porti e aeroporti la possibilità di utilizzare l’idrogeno su vari fronti», evidenzia la manager BCG, ricordando in questo caso l’esempio dell’utility danese Ørsted, promotrice del progetto “Green Fuels for Denmark” per produrre carburanti verdi per il trasporto pesante, impiegando l’idrogeno, con l’obiettivo di arrivare a produrre da elettrolisi 1,3 GW entro il 2030.

Idrogeno in Italia: il volano del PNRR e le priorità

L’Europa si è impegnata a sostenere e incentivare un mercato dell’idrogeno e un’infrastruttura interconnessa di trasporto e stoccaggio all’interno dell’UE. Ora si tratta di passare alla fase operativa, e questo vale anche per l’Italia. «Anche il nostro Paese ha fatto dei passi avanti e il PNRR è stato ancora ancora più coraggioso della strategia nazionale presentata l’anno scorso».

A proposito del sostegno allo sviluppo dell’idrogeno verde per l’energia, il Piano nazionale Ripresa e resilienza ha stanziato 3,2 miliardi di euro per lo sviluppo dell’idrogeno, quindi 1 miliardo di euro in più di quanto inizialmente previsto e ha confermato gli ambiti applicativi: 2,5 miliardi dedicati all’industria e ai settori energivori; 500 milioni circa per il trasporto e 250 milioni per la ricerca e sviluppo.

Nel mondo industriale è emersa da tempo la sensibilità per ridurre le emissioni. In questo senso è nato l’Industrial Decarbonization Pact, un’alleanza per ridurre le emissioni dell’industria italiana da parte dei settori energivori, che rappresentano i due terzi delle emissioni dell’intero comparto industriale nazionale. «Anche in questo senso sono state analizzate quali tecnologie adottare a tale fine ed è emerso il contributo potenzialmente rilevante dell’idrogeno. Nel momento in cui si riusciranno a fare progetti di grandi dimensioni e ridurre i costi potrebbe arrivare a tagliare – secondo stime BCG – dal 5 al 10% delle emissioni, con 5-7 miliardi di euro d’investimenti», ha concluso Villani, evidenziando che serve accelerare, in primis aumentando la velocità dei decreti attuativi e la messa in pratica regolatoria per sviluppare impianti ad hoc.

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