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Secondo il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, il Governo punta ad accompagnare la transizione energetica e produttiva del settore. Gli obiettivi al 2030 includono consumi energetici, emissioni nei trasporti, nuove tecnologie, aspetti normativi, incentivi fiscali, ricadute sociali, formative e occupazionali. Per i sindacati serve una specie di ‘scivolo’ per il sistema industriale in grado di garantire un passaggio equilibrato. L’Enea racconta di 7,5 miliardi di investimenti per avere 2,4 milioni di punti di ricarica per l’auto elettrica entro i prossimi 10 anni di Tommaso Tetro “L’automotive è uno dei settori strategici per il Paese in cui la transizione può costituire una grande opportunità di sviluppo se accompagnata da misure incentivanti, in grado di supportare i cambiamenti in atto”. E’ così che il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha aperto i lavori della prima riunione del gruppo di lavoro sul sostegno alla domanda di mezzi di trasporto, istituito nell’ambito del tavolo automotive; la prima vera iniziativa del ministero, a così ampio respiro, ha coinvolto associazioni, aziende, sindacati, Conferenza delle Regioni, università e enti di ricerca. Anima della discussione è stata la costruzione di un “percorso condiviso” per portare un pacchetto di misure nella prossima Legge di Bilancio in via di predisposizione; questo perché, ha messo in evidenza Patuanelli, “il Governo punta ad accompagnare la transizione energetica e produttiva del settore, partendo dall’analisi degli incentivi alla domanda, per proseguire con quella relativa sia alla produzione sia alla rete infrastrutturale a servizio del mercato”. Il percorso dovrebbe portare all’elaborazione di un documento finale che comprenderà anche le richieste relative all’offerta e alle reti. Transizione della mobilità verso il 2030 Nell’incontro si è parlato anche degli obiettivi al 2030 sulla mobilità che il nostro Paese ha fissato nel Piano nazionale integrato energia e clima, dai consumi energetici alle emissioni nei trasporti, dalle nuove tecnologie agli aspetti normativi e agli incentivi fiscali, senza tralasciare le ricadute sociali, formative e occupazionali. I sindacati, Uilm in testa, chiedono in considerazione della spinta verso il Green deal una specie di ‘scivolo’ sociale per il sistema industriale che sia in grado di “garantire un passaggio equilibrato verso un parco auto sempre meno inquinante”; tenendo in considerazione i dati sulle emissioni prodotte in tutto il ciclo di vita e non guardando soltanto all’alimentazione della macchina. In questo senso l’idea sarebbe per esempio di incentivare la sostituzione delle vecchie auto con quelle sia diesel che benzina ma più evolute, riuscendo così ad ottenere comunque un beneficio ambientale. Una possibilità che viene sostenuta per esempio dal fatto che le auto elettriche al momento costituiscono soltanto una piccola parte e che avranno bisogno di molti anni e grandi investimenti in infrastrutture e reti per avere un mercato consolidato. Quel 17% di auto elettriche entro il 2030 indicato come punto d’arrivo andrebbe sostenuta ma senza escludere le altre opzioni che siano quelle tradizionali, come diesel e benzina, oppure più innovative come il gas e l’idrogeno. Un’ulteriore spinta alla mobilità che verrà, viene dall’Enea che racconta di come l’industria italiana stia reagendo recuperando terreno grazie alla produzione di un modello Bev (Battery electric vehicle) e di veicoli ad alimentazione ibrida elettrica plug-in (Phev). Secondo i numeri contenuti in un rapporto (il Transport & environment electric surge: carmaker’s electric car plans across Europe 2019-2031) citato dall’Enea è previsto un incremento del 7,5% per i volumi produttivi, sul piano della differenza tra maggiori veicoli elettrici e minori convenzionali; si stima poi una crescita dell’occupazione nei prossimi anni anche a fronte di una maggiore automazione industriale. Il cerchio si chiude, e alza un assist ai sindacati, quando l’Enea fa presente che serviranno misure per accompagnare la transizione verso nuove tecnologie elettriche (connettori, cavi, isolanti, sistemi elettronici ausiliari), e quando parla della costruzione di una infrastruttura di ricarica pubblica ritenuta fondamentale per quello che semplicemente è il comune ‘fare il pieno’. Ma in questo contesto, cambiano le esigenze di ricarica a seconda delle diverse modalità con una potenza massima installata 7 kilowatt per casa-lavoro, di 3 kilowatt per residenziale, di 50 kilowatt per rapida; valutando il numero di veicoli per punti di ricarica, è possibile stimare così gli investimenti necessari al 2030 per attivare una infrastruttura di ricarica nazionale sulla base delle macchine previste di qui a 10 anni: da 4,4 a 7,5 miliardi per un numero di punti di ricarica compreso tra 1,4 e 2,4 milioni. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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