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L'efficienza energetica e lo sviluppo delle rinnovabili (termiche in particolare) sono materie di rilevanza strategica, sia a livello industriale – se si considerano i numerosissimi investimenti che vengono fatti dalle imprese italiane o che operano in Italia – sia per l'intero sistema Paese. L'efficienza energetica rappresenta inoltre lo strumento più economicamente sostenibile ai fini del raggiungimento degli obiettivi vincolanti sui consumi da fonti rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni di CO2 (ex Direttiva 28/2009/CE) nonché delle previsioni contenute nella "Roadmap for moving to a competitive low carbon economy in 2050".E' ulteriormente doveroso ribadire che la dipendenza dalle importazioni di energia è destinata a crescere, in assenza di misure urgenti specifiche. Oggi l'Europa importa più della metà dell'energia che utilizza e, in assenza di un cambio di rotta, tale trend aumenterà entro il 2030. A dispetto dell'obiettivo di risparmio energetico del 20% entro il 2020, oggi viene stimato che fra 9 anni sarà raggiunto solamente un livello di efficienza energetica pari al 9-10% rispetto ai valori del 2005.La "fotografia" ai giorni nostri testimonia che, in Europa, l'utilizzo di energia è una fonte importante di emissioni ed è responsabile della maggior parte dei gas a effetto serra (79%) rilasciati in atmosfera.Di tutta questa energia oltre il 40% è consumato dagli edifici, come confermato dalla "direttiva 2010/31/CE sulla prestazione energetica nell'edilizia" che sancisce il principio secondo cui è necessario agire prioritariamente in questo settore con misure atte a ridurre il consumo energetico e promuovere l'utilizzo di energia da fonti rinnovabili.All'interno di un edificio, poi, circa l'80% dell'energia utilizzata è asservita al riscaldamento e alla produzione di acqua calda. Le tecnologie nazionali in grado di fornire energia per gli impianti di riscaldamento, condizionamento e produzione di acqua calda, consentono di integrare "efficienza energetica e impiego di rinnovabili termiche", con costi di gestione nettamente inferiori (-20% e oltre), valorizzando di conseguenza lo stesso patrimonio immobiliare che li ospita.Questo potenziale è documentato anche da un importante lavoro di Confindustria che nelle proprie "Proposte al Piano Straordinario di efficienza energetica" ha stimato che, con opportune azioni di efficienza energetica, si possa raggiungere in Italia un risparmio di 29,20 MTep di energia fossile nel periodo 2010-2020 con una riduzione di 74,6 MTon di CO2 solo per ciò che concerne l'impiantistica negli edifici.Per quanto riguarda gli effetti delle misure di efficienza energetica sullo sviluppo industriale, la stessa Confindustria prevede quanto segue:– aumento della domanda: Totale 13.775 Milioni €; – aumento della produzione: 27.233 Milioni €; – aumento dell'occupazione 163.000 (ULA). Proposte e commenti:In un quadro economico quale quello attuale riteniamo che la valorizzazione delle risorse naturali esistenti e delle tecnologie più avanzate per l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili possa costituire una reale opportunità di crescita.In questo senso l'industria termotecnica italiana, insieme alla Germania, è leader in Europa e nel mondo e può giocare un ruolo fondamentale come "porta d'accesso" al bacino mediterraneo per sviluppare le potenzialità di tecnologie quali la condensazione, il solare termico, le pompe di calore e la micro-CHP.Assotermica ritiene di dover sollevare alcune importanti osservazioni per conseguire la realizzazione di un corretto assetto legislativo che non vanifichi i grandi sforzi che la pubblica amministrazione, l'industria e i cittadini dovranno compiere almeno nel prossimo decennio. In particolare: – Abbattimento delle barriere non economiche di ostacolo all'efficienza energeticaLa proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sull'efficienza energetica e che abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE richiede agli Stati Membri di eliminare gli ostacoli di ordine regolamentare e di altro tipo che intralciano l'efficienza energetica, con l'intento di evitare che essi rinuncino a realizzare investimenti intesi a migliorare l'efficienza energetica.Assotermica richiede che si concretizzi finalmente l'occasione per eliminare gli attuali ostacoli, che si incontrano soprattutto a livello di regolamenti locali obsoleti, relativi alla possibilità di scarico a parete per le caldaie a condensazione a bassissime emissioni.Attualmente in vari Paesi europei il mercato degli impianti termici si è orientato sulla sostituzione di caldaie esistenti (e ovviamente sulle nuove installazioni di caldaie) con generatori a condensazione a basse emissioni di inquinanti, in particolare di NOx.Per agevolare e velocizzare ulteriormente il processo di trasformazione di mercato e di sostituzione accelerata dei vecchi impianti più energivori è stata prevista espressamente la possibilità di scaricare i fumi direttamente in facciata utilizzando tubi fumi orizzontali di lunghezza (e costo) notevolmente più ridotti rispetto alle canne fumarie a tetto, ma per questo motivo anche molto più efficienti (i fumi in uscita con il sistema coassiale tubo- in-tubo a parete preriscaldano l'aria in ingresso aumentando l'efficienza di combustione).Esperienze documentate sono presenti, ad esempio, in:– Belgio – NBN D 51-003 – Germania – DVGW G600 – Francia – NF DTU 61.1 P4 – Regno unito – BS 5440-1:2008In Italia la materia è regolata dalla Norma Tecnica UNI 7129 – Parte 3 (Ed. 2008), che agli artt. 4.3.3. / 4.4.3. / 4.5.4 fornisce le indicazioni tecniche per l'installazione dei terminali di scarico a parete. Tale modalità di installazione è espressamente consentita come alternativa nella Norma UNI 7129 nella generalità dei casi, a condizione che si rispetti la legislazione vigente. In altri termini il Normatore tecnico dell'UNI-CIG non ha inteso limitare in alcun modo – o più restrittivamente – gli scarichi a parete di quanto non fosse già nella potestà e nelle responsabilità del Legislatore nazionale.A livello legislativo nazionale la materia degli scarichi a parete è regolata dal DPR 412/93, modificato e integrato dal DPR 551/99, che all'Art. 5 Comma 9 prevede una serie di deroghe espresse che consentono lo scarico a parete, nell'ipotesi prevalente di adottare generatori a basse emissioni inquinanti.La deroga dell'Art. 5 Comma 9 del DPR 412/93 non è però ritenuta sufficiente ad una più larga diffusione di caldaie meno inquinanti e più efficienti e certamente non pericolose per la salute.Infatti questa si limita ai casi di sostituzione di un solo generatore, ad esempio in un condominio; se invece una pluralità di utenti decidessero di sostituire le proprie caldaie con nuove caldaie a condensazione più efficienti e meno inquinanti, si troverebbero a dover sostenere il progetto e i costi di installazione di una costosa canna fumaria esterna in acciaio a doppia parete coibentata di circa 20 mt (incluso il terminale sopra tetto), che verrebbe a costare tanto o più dei lavori di installazione delle caldaie.Infatti la tecnologia della caldaie a condensazione, con espulsione dei fumi in pressione a mezzo di ventilatore e contenenti umidità, non è idonea secondo le norme di buona tecnica ad espellere i fumi nelle vecchie canne fumarie condominiali di tipo "Canne Collettive Ramificate", concepite e sviluppate per apparecchi senza ventilatore e con fumi molto più caldi e meno umidi, e in genere realizzate con materiali contenenti ethernit.Si noti peraltro che oggi anche la canna fumaria esterna in acciaio (che come visto si rende assolutamente necessaria, e può essere problematica ad es. nei centri storici) è incentivata nel meccanismo della detrazione IRPEF del 55%, quando il consentire lo scarico a parete per tutti e 5 gli utenti consentirebbe allo Stato di erogare un incentivo dimezzato o di incentivare il doppio degli interventi.Da ultimo, l'impianto legislativo prevede anche la preminenza (oltre che dei regolamenti condominiali in quanto contratti di diritto privato) anche dei Regolamenti Locali (es. Regolamenti di Igiene ASL), che possono vietare lo scarico a parete anche nei casi in cui la Norma Tecnica nazionale UNI CIG 7129 e il DPR 412/93 lo consentissero.Ad oggi quindi paradossalmente un Comune italiano, ancorché piccolo e magari non dotato delle necessarie competenze/risorse tecniche nei propri uffici, potrebbe in punta di diritto sostituirsi agli esperti nazionali e internazionali dell'UNI CIG e dei Ministeri, scrivendo una "propria" normativa tecnica sugli impianti in materia di sicurezza, non più opponibile in base al (ritirato) Art. 17 ex Legge 46/90.Questo paradosso non riguarda solo gli impianti termici, ma potrebbe essere esteso agli impianti/tubazioni di adduzione gas nelle abitazioni, agli impianti elettrici (es. tipologie di spine), agli ascensori et similia, tutti impianti/componenti/prodotti per i quali dopo lunghi sforzi il legislatore Europeo e il Normatore nazionale competente (in sinergia con i Ministeri) hanno trovato una standardizzazione intesa a salvaguardare i consumatori e gli investimenti e gli sviluppi dell'industria (in primis: europea) rispetto ad altri mercati e standard stranieri.Si propone pertanto il seguente emendamento al comma 9 dell'articolo 5 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 412/1993 (come successivamente modificato ed integrato):Gli impianti termici siti negli edifici costituiti da più unità immobiliari devono essere collegati ad appositi camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti di combustione, con sbocco sopra il tetto dell'edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione tecnica vigente, nei seguenti casi:– nuove installazioni di impianti termici in edifici di nuova costruzione, anche se al servizio delle singole unità immobiliari, – ristrutturazioni di impianti termici centralizzati. Le disposizioni del presente comma non si applicano qualora si adottino generatori di calore a condensazione che, per i valori di emissioni nei prodotti della combustione, appartengano alla classe meno inquinante prevista dalla norme tecniche UNI EN 297 e/o UNI EN 483, nei seguenti casi:– sostituzione di generatori di calore per riscaldamento autonomo; – ristrutturazioni – in tutto od in parte – degli impianti termici individuali appartenenti ad uno stesso edificio, – trasformazioni da impianto termico centralizzato a impianti individuali, – impianti termici individuali realizzati dai singoli previo distacco dall'impianto centralizzato, – nuove installazioni di impianti termici individuali in edificio assoggettato dalla legislazione nazionale o regionale vigente a categorie di intervento di tipo conservativo.Resta ferma anche per le disposizioni del presente articolo l'inapplicabilità agli apparecchi non considerati impianti termici in base alla vigente legislazione nazionale in tema di efficienza energetica degli edificiTale emendamento dovrebbe essere integrato da un emendamento all'articolo 16 del DM 37/08 con il parziale ripristino dell'ex Art. 17 Legge 46/90:– i comuni e le regioni sono tenuti ad adeguare i propri regolamenti, qualora siano in contrasto con la presente legge. – sono nulle le prescrizioni specifiche dei regolamenti locali o le eventuali regolamentazioni tecniche o altre disposizioni normative locali qualora esse si pongano in diretto contrasto o richiedano adempimenti diversi o più onerosi rispetto alla Normativa tecnica nazionale adottata in materia di sicurezza degli impianti. – Innalzamento degli standard di efficienza energetica degli impianti nelle sostituzioniIl recepimento della nuova direttiva 2010/31/CE sulla prestazione energetica nell'edilizia può essere l'occasione per alzare gli standard prestazionali minimi richiesti, anche nel caso di sostituzione degli impianti termici.E' vero infatti che la sola nuova edilizia, dove in molti casi la tecnologia della condensazione è spinta con maggior forza, è in contrazione e da sola non basta al raggiungimento degli obiettivi europei per l'efficienza energetica. Basti pensare che in Italia il parco caldaie è composto da circa 19 milioni di apparecchi, in massima parte con rendimenti molto bassi e pertanto caratterizzati da consumi particolarmente elevati e da emissioni inquinanti ingenti.Anche in previsione dei futuri obblighi della direttiva Ecodesign, che di fatto renderà obbligatoria la tecnologia della condensazione anche nelle sostituzioni di impianti termici, l'industria nazionale vuole attivarsi fin da subito per affrontare queste impegnative sfide e prepararsi a gestire con tutta la filiera una transizione senza scompensi.Si propone pertanto di partire con l'innalzamento dei requisiti sui rendimenti degli impianti termici, rispetto agli attuali, anche nelle sostituzioni nelle zone climatiche E e F per le abitazioni con superficie utile maggiore di 100 metri quadrati.Da nostre stime su dati del censimento ISTAT, le zone climatiche E e F dotate di riscaldamento autonomo e con superficie utile maggiore di 100 mq sono circa 4 milioni in tutta Italia.Si propone pertanto il seguente emendamento all'attuale bozza in discussione, che recepisce la normativa europea sulla prestazione energetica nell'edilizia:– i nuovi generatori di calore a combustibile gassoso o liquido, installati nelle zone climatiche E e F per le abitazioni con superficie utile maggiore di 100 metri quadrati, abbiano rendimento termico utile nominale, in corrispondenza di un carico pari al 100 per cento della potenza termica utile nominale, maggiore o uguale al valore limite calcolato con la formula 93 + 2 log Pn, dove log Pn è il logaritmo in base 10 della potenza utile nominale del generatore, espressa in kW. Per valori di Pn maggiori di 400 kW si applica il limite massimo corrispondente a 400 kW– per le caldaie a gas si propone un limite sulle emissioni di NOx di 70 mg/KW – Revisione degli obblighi di copertura dei nuovi edifici con fonti rinnovabiliRimarchiamo quanto riportato nella relazione introduttiva della direttiva sull'efficienza energetica in corso di definizione, ovvero che la riduzione del consumo energetico dovrebbe aiutare gli Stati membri a conseguire i rispettivi obiettivi in materia di quote di energia da fonti rinnovabili, quali fissati dalla direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. A tal proposito sottolineiamo che all'allegato 3 del decreto n. 28/2011 che recepisce la citata direttiva 2009/28/CE, sono previsti degli obblighi per i nuovi edifici o gli edifici sottoposti a ristrutturazioni rilevanti – relativamente alla percentuale di copertura, con energia rinnovabile dei fabbisogni di riscaldamento, condizionamento e acqua calda sanitaria – che andrebbero rivisti e corretti.Si vuole infatti consentire una maggiore diffusione di queste tecnologie senza per altro introdurre difficoltà progettuali ingiustificate, che possono creare pericolosi scompensi a tutta la filiera e in particolare alle industrie produttrici. Assotermica ritiene che l'obiettivo per l'Italia possa essere più realisticamente raggiunto estendendo la base degli interventi soggetti ad obbligo sulle rinnovabili ad un campione più ampio, ma con valori che permettano uno sviluppo di mercato diversificato delle diverse fonti rinnovabili termiche.Al contrario, mantenendo l'attuale formulazione dell'allegato 3, si rischierebbe concretamente di fissare degli obiettivi "solo sulla carta", ma irraggiungibili nella realtà sia sul piano tecnico che dal punto di vista dei costi e benefici. Gli stessi progettisti hanno recentemente sollevato questa criticità, sostenendo pubblicamente che costituisce uno dei principali problemi ad una piena attuazione in Italia della direttiva europea 2009/28/CE sull'impiego delle fonti rinnovabili.Si propone pertanto la seguente riformulazione dell'allegato 3:Nel caso di edifici nuovi gli impianti di produzione di energia termica devono essere progettati e realizzati in modo da garantire il contemporaneo rispetto della copertura, tramite il ricorso ad energia prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili delle seguenti percentuali della somma dei consumi previsti per l'acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento (quest'ultimo ove previsto):– almeno il 50% per la produzione di acqua calda sanitaria e almeno il 20% per il totale (ACS+riscaldamento+raffrescamento) a partire dal 1 gennaio 2013– almeno il 50% per la produzione di acqua calda sanitaria e almeno il 25% per il totale (ACS+riscaldamento+raffrescamento) a partire dal 1 gennaio 2015– nel caso di edifici sottoposti a ristrutturazioni rilevanti – come da definizione della nuova direttiva EPBD – mantenere obbligo copertura del 50% dell'energia primaria per la produzione di acqua calda sanitaria e introdurre la possibilità del "conto energia termico" in parallelo – Promozione dell'efficienza per il riscaldamento e il raffreddamentoEntro il 2014, in base all'art. 10 della citata proposta di direttiva europea sull'efficienza energetica e che abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE, gli Stati Membri dovranno redigere Piani Nazionali di Riscaldamento e Raffreddamento con l'obiettivo di sviluppare il potenziale per l'applicazione della cogenerazione ad alto rendimento, del teleriscaldamento e del raffreddamento efficienti.Ravvisiamo che il teleriscaldamento non è sempre la soluzione energeticamente migliore, così come non lo è nessuna soluzione indistintamente e senza la necessaria valutazione da parte di un termotecnico esperto. Riteniamo pertanto sia da limitarne la predisposizione al solo caso in cui la rete di distribuzione e la generazione della centrale presentino minimi livelli di efficienza certificati.A maggior chiarimento rimarchiamoalcuni concetti presenti nelle prescrizioni di cui alla direttiva IED 2010/75/CE (Art. 14.3 e Allegato I punto 5.2 e segg.) che implica che i permessi per i nuovi impianti industriali di cogenerazione e/o incenerimento rifiuti sopra una certa soglia di capacità vengano rilasciati solo per l'utilizzo della Best Available Technology.Anche la direttiva 2008/98/CE all'Allegato II, richiede almeno il 65% di efficienza ai sistemi di incenerimento dei rifiuti a fini di recupero; riteniamo che al minimo si debbano incentivare come "Fonti Rinnovabili" gli impianti che soddisfano i requisiti della direttiva Europea e/o perlomeno quelli di tecnologia più avanzata già oggi commercialmente disponibile.Assotermica, insieme alla Federazione ANIMA di cui fa parte, si dichiara sin d'ora disponibile a tutte quelle iniziative di collaborazione e di dialogo che si reputano assolutamente necessarie per difendere e far crescere un settore industriale di cui l'Italia è orgogliosamente leader. A questo scopo ha intessuto una fitta rete di collaborazioni con importanti partner tecnico-scientifici per porsi come riferimento nelle importanti discussioni riguardanti il settore del riscaldamento e auspica una sempre più fattiva collaborazione con la politica e gli organi decisionali. ______________________________________________________________________________________Abstract della conferenza di Assotermica/ANIMA presso MCE di questa mattina. La Presidente Paola Ferroli ha presentato insieme a Lorenzo Bellicini, Presidente Cresme, l'indagine sul parco abitativo nazionale e sugli impianti utilizzati. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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