Il Parlamento Europeo approva la “Borsa delle emissioni”

La commissione Ambiente del Parlamento Europeo ha approvato, con 44 voti favorevoli, 20 contrari e 1 astenuto, la parte più rilevante del pacchetto sul clima ed energia dell’Unione Europea, riguardante la nuova “Borsa delle emissioni” di gas serra (Ets) che funzionerà dal 2013 al 2020.

La misura adottata prevede l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra del 20% entro il 2020, percentuale che passerebbe automaticamente al 30% nell’eventualità di un accordo internazionale alla conferenza sul periodo post-Kioto, che si terrà a Copenaghen nel dicembre 2009. Il risultato raggiunto è stato comunque nei giorni scorsi bersaglio di numerose critiche, alcune anche veementi, da parte di quei governi e settori industriali che sono in forte ritardo nelle riconversione verde: contro il pacchetto Ue si erano schierati sia il ministro per le Politiche comunitarie Andrea Ronchi, sia il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, accompagnati dai governi dei paesi appartenenti all’ex blocco comunista, Polonia su tutti. La decisione presa in mattinata inoltre rafforza la posizione iniziale della Commissione Europea riguardo ai permessi di emissione, che prevede dal 2013 il dovere per il settore energetico di acquisire all'asta il 100% delle emissioni attribuite a ciascuna installazione (per il momento le quote di anidride carbonica sono assegnate gratis, e si paga solo in caso di superamento dei tetti previsti).

Dal 2013 invece gli altri settori industriali dovranno acquistare solo il 15% dei loro permessi di emissione, percentuale che salirà di anno in anno, fino a raggiungere il 100% nel 2020. La parte più controversa e spinosa del testo approvato è quella che ha come soggetto il futuro del carbone, la fonte energetica che ha il maggior impatto sul clima. Un emendamento approvato esplicita che dal 2015 sarà vietato erigere centrali termoelettriche che emettano più di 500 grammi di CO2 per kilowattora generato, una disposizione che nei fatti elimina la possibilità di costruire centrali a carbone. L’unica via alternativa sarà quella di dotare le centrali della tecnologia Ccs (carbon capture and storage), ossia un congegno di "cattura" delle emissioni e di stoccaggio in un deposito geologico.

Innovazione quest’ultima ancora agli albori che viene tra l’altro ritenuta poco sicura dagli ambientalisti. Ma proprio col pacchetto clima ed energia è stata adottata una misura che prevede di destinare il ricavato derivante dalla messa all'asta dei permessi relativi a 500 milioni di tonnellate di CO2 (pari a circa 10 miliardi di euro agli attuali prezzi di mercato), come finanziamento, a 12 progetti pilota di impianti Ccs, nel periodo 20013-2020. Dura la replica di Greenpeace, la cui mancata totale soddisfazione è dovuta proprio alla battaglia sul carbone: “Il Parlamento ha confermato che l'obiettivo unilaterale per la riduzione dei gas serra scatterà al 30% in caso di raggiungimento di un accordo internazionale per la seconda fase di Kyoto. Tuttavia “ si legge sempre nella nota diramata dall’associazione ambientalista “sono stati stanziati nuovi sussidi all'industria del carbone, concedendo crediti di CO2 per 10 miliardi di euro a progetti di cattura e sequestro della CO2. La patata bollente passerà ora nelle mani del Consiglio europeo dell'energia il prossimo 10 ottobre".

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