Tra cambiamento climatico e tecnologia: stampa 3D per le barriere coralline

Ondate di caldo, assenza di piogge e condizioni metereologiche inusuali e avverse stanno stravolgendo sempre più la nostra quotidianità e a farne le spese, prima di noi, è il nostro delicato ecosistema che, tra le cose, include anche le barriere coralline, la cui sopravvivenza è messa a serio rischio.

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Tra cambiamento climatico e tecnologia: stampa 3D per le barriere coralline

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Del rischio di sbiancamento delle barriere coralline avevamo già parlato in un approfondimento del 2020, riportando i risultati di un rapporto ambientale delle Nazioni Unite che lanciava un allarme legato agli effetti delle incontrollate emissioni di gas serra.

Da allora non ci sono stati grandi miglioramenti e questo dovrebbe spaventarci tanto quanto tutti i segnali che la natura sta lanciando, come l’emergenza siccità che stiamo affrontando da mesi.

Perché è importante salvaguardare le barriere coralline?

Le barriere coralline rappresentano un patrimonio inestimabile per la biodiversità marina, infatti garantiscono la sopravvivenza di molte specie e agiscono proteggendo le coste dall’erosione delle onde e dalle tempeste; inoltre, hanno la straordinaria capacità di assorbire carbonio e azoto.

Una loro eventuale perdita avrebbe conseguenze devastanti sia per le specie che abitano i mari che per oltre un miliardo di persone in tutto il mondo che ne beneficiano direttamente,  attraverso la pesca, e indirettamente, grazie alla loro azione di protezione delle coste da mareggiate e tsunami.

I ricercatori hanno dichiarato che le barriere maggiormente colpite dai fenomeni di sbiancamento avranno bisogno di 10 o 15 anni per rigenerarsi e studi più recenti hanno indicato una capacità di recupero sempre più lenta.

E’ necessario, quindi, intraprendere azioni che portino alla riduzione dell’inquinamento, attivarsi per proteggere le aree ancora in buone condizioni e ripristinare le aree degradate, sviluppando un’economia blu che sia in grado di fermare la cementificazione delle coste e di limitare l’espansione urbana e la costruzione di infrastrutture.

Salvare le barriere coralline con la stampa 3D

Per poter salvare la biodiversità strettamente legata alle barriere coralline è entrata in gioco anche la tecnologia delle stampe 3D, utilizzata per alcuni progetti già messi a dimora.

Il primo reef 3D è stato installato al largo del Bahrain nel Golfo Persico nel 2012. Altre installazioni sperimentali sono state collocate nel Mediterraneo, nei Caraibi e in Australia.

Il gruppo Reef Design Labs (RDL)

Modular Artificial Reef Structure
Modular Artificial Reef Structure – Fonte: REEF DESIGN LAB

Tra gli esempi Reef Design Labs (RDL), il gruppo fondato dall’imprenditore australiano Alex Goad che ha permesso, assieme a un team di ricercatori, di sviluppare un’infrastruttura artificiale stampata, chiamata Modular Artificial Reef Structure, che riproduce una barriera corallina.

Modular Artificial Reef Structure è stata collocata sui fondali delle Maldive nell’agosto del 2017.

Sempre Reef Design Lab nel 2017 ha progettato una serie di unità stampate in 3D finalizzate al ripristino della barriera corallina di ostriche nel Mare del Nord. Si tratta di uno dei più grandi progetti basati sulla ricerca per valutare l’efficacia del materiale e della tecnologia.

Unità stampata in 3D
Unità stampata in 3D viene immersa nel Mare del Nord – Fonte: REEF DESIGN LAB

Il progetto dell’Università di Sydney

Altro progetto degno di nota è quello dell’Università di Sydney che per risolvere il problema dello sbiancamento della Grande Barierra Corallina ha realizzato una mappa tridimensionale individuando le zone sulle quali intervenire.

Per poter mappare la Barriera Corallina il team di ricercatori ha sfruttato la tecnologia della fotogrammetria, ricostruendo virtualmente le fotografie, per poi stampare i modelli reali in 3D.

Si tratta di vere e proprie protesi la cui funzione è quella di creare nuovi habitat per i pesci e fornire una base strutturale per la crescita di nuovi coralli.

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