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Negli imprenditori italiani domina un’incontestabile azione all’investimento in nuove tecnologie, sebbene concomitanti ragioni di difficoltà – crisi finanziaria, difficile accesso al credito, concorrenza internazionale – stanno minando lo sviluppo di un’industria nazionale delle rinnovabili. E’ il quadro emerso venerdì 6 novembre 2009, a Roma, dallo svolgimento del seminario “Industria e tecnologie per lo sviluppo delle rinnovabili: quali prospettive per l’Italia?”. Incontro organizzato dall’Osservatorio sull’Industria delle Rinnovabili, diretto dal prof. Andrea Gilardoni, patrocinato dal GSE e avente come partner strategici UniCredit MedioCredito Centrale, Accenture e Agici Finanza di Impresa. I punti sviluppati dalla giornata seminariale: al 2020, si stima un fabbisogno di investimenti di 40 miliardi di euro in centrali FER; la forza dell’industria italiana nelle tecnologie tradizionali (idroelettrico, geotermico e biomasse), ma l’arretratezza nel solare e nell’eolico (laddove Germania, Stati Uniti e Giappone sono all’avanguardia); il ruolo di rilevanza che il GSE potrebbe avere nell’indirizzare lo sviluppo dell’industria secondo direttrici segnate da reali necessità. Trattando i risultati dello studio “Rapporto 2009 – Tendenze strategiche nell’Industria delle Rinnovabili”, a cura di Andrea Gilardoni, Marco Carta e Antonino Sciortino, il prof Andrea Gilardoni, Direttore dell’Osservatorio, ha segnalato che, nel periodo 2009 – 2020, il fabbisogno di investimenti per la costruzione di centrali alimentate da fonti rinnovabili è di 42 miliardi di euro (escluso il fotovoltaico building integrated, che potrebbe generare ulteriori 40 miliardi di euro). Trenta miliardi sarebbero soddisfatti dall’industria manifatturiera italiana, mentre dalle importazioni potrebbero arrivarne dodici. In Italia, ha detto Gilardoni, sono in progetto stabilimenti per la produzione di componenti “chiave” per l’industria eolica e solare. Quanto al solare: a livello mondiale, solo pochi attori dispongono del know how per la produzione del polysilicon e per il taglio in wafer, cioè della materia prima per la costruzione delle celle fotovoltaiche (oggi il 90% della produzione mondiale di celle si basa su wafer di silicio policristallino). In Italia è presente un solo produttore (MEMC), che soddisfa il 2% del mercato. Il resto, per ora, va importato. Nella fabbricazione di celle e moduli, le imprese italiane detengono, con circa il 60% della produzione, un ruolo di preminenza. L'industria italiana copre il 50% del mercato per la produzione di inverter, di strutture di supporto e di differenti componenti secondarie. Un primato delle nostre imprese è quello della progettazione e installazione. Nel periodo 2009 ‐ 2020 si prevedono investimenti per oltre 4 miliardi di euro (solo per centrali fotovoltaiche), di cui oltre 2 miliardi potrebbero essere soddisfatti dall’industria italiana. Anche nel settore delle biomasse la concorrenza di Germania, Austria, Danimarca, Finlandia e, nei prezzi, di Cina, India e Europa dell’Est, è sostenuta, ma l’Italia si difende con disinvoltura. L’industria manifatturiera nazionale rende teoricamente autosufficiente il sistema per la costruzione di un impianto a biomasse solide. Nello studio di Agici emerge una situazione diversa per il biogas: si assiste a un massiccio ricorso all’importazione per la parte principale dell’impianto, cioè il gruppo motore. Si torna a primeggiare nell’idroelettrico: tra imprese grandi e di piccole e medie dimensioni, da lungo tempo presenti sul nostro territorio, la produzione nazionale si concentra su turbine e generatori.Nel caso dell’idroelettrico la quota rilevante è ricoperta dalle opere edili (il 64%): edificio della centrale, opere di presa e restituzione dell’acqua, condotte forzate, ecc. Si stimano possibili impatti sull’industria nazionale di oltre 1,8 miliardi di euro, per il geotermico. E l’Italia primeggia nel mondo in questo settore. Così come ha il primato per l’hydro. Come dicevamo in apertura, se da noi non mancano gli investimenti, non scarseggiano neppure, purtroppo, le imprese che prediligono localizzare i propri stabilimenti all’estero. Il fenomeno potrebbe avere la forza di ostacolare seriamente la nascita di una moderna industria delle rinnovabili nel nostro paese. Il dott. Andrea Pettazzoni, Key Account Director di Vestas Italia, ha parlato dell’industria italiana dell’eolico. Come già sottolineato dal Prof. Gilardoni, in Italia c’è un’importante realtà industriale nella produzione di turbine: ed è proprio la Vesta, che si avvale di diversi subfornitori italiani. L’indotto generato è notevole e si estende lungo tutta la penisola: l’industria manifatturiera italiana dell’eolico è qualificata nella produzione di determinati componenti e ha anche un ruolo di esportatore. Il terzo intervento della giornata, con tema l’industria italiana del fotovoltaico, è stato quello tenuto dall’ing. Gert Gremes, Presidente del GIFI (Gruppo Imprese Fotovoltaiche Italiane). La riflessione di Gremes ha riguardato soprattutto l’importanza del fotovoltaico a concentrazione. Questa tecnologia potrebbe rappresentare una svolta nel mercato del solare, a patto di ridurne i costi di investimento, la complessità tecnologica e le difficoltà di installazione. Dalle considerazioni di Gremes è evidente la perplessità con cui si valuta lo sviluppo dell’industria italiana del silicio: solo 50 aziende al mondo producono polysilicon; gli investimenti richiesti sono ingenti; le imprese che detengono a livello mondiale le conoscenze sono poche. L’ing. Ettore Bonaldi, Presidente di Global Wood Holding (GWH), ha focalizzato il suo intervento sull’importanza delle biomasse (che potrebbero darsi in alternativa alle fonti fossili). L’industria italiana delle biomasse è sviluppata e competitiva non solo a livello nazionale ma anche internazionale. L’ing. Walter Mirabella ha approfondito il ruolo che l’industria chimica ha e potrà avere nelle rinnovabili. La chimica dà un contributo importante nelle rinnovabili. Le aziende del settore giocano un triplice ruolo nell’ambito energetico: sono ingenti consumatori di energia; sono produttori di parti essenziali per la costruzione di impianti da fonti rinnovabili (è il caso, ad esempio, dei liquidi termo‐vettori per il solare termodinamico, del polietilene ad alta densità usato nei tubi collettori per il biogas, della fibra di carbonio di cui sono fatte le pale eoliche); sono produttori di energia da fonte rinnovabile, particolarmente attraverso i biocombustibili. Salvatore Coffa ha incentrato il suo intervento circa il ruolo dell’industria elettronica: per quanto riguarda lo sviluppo vero e proprio delle rinnovabili, l’elettronica sta innovando il settore fotovoltaico. La generazione elettrica con pannelli fotovoltaici ha ancora costi alti e l’obiettivo di tutto il comparto è di ridurli. L’obiettivo può essere raggiunto così: nuovi dispositivi elettronici per estrarre la massima energia dai pannelli fotovoltaici, particolarmente nella parte DC/DC converter; sviluppo della tecnologia a film sottile, che ha costi inferiori al metro quadrato rispetto al fotovoltaico tradizionale e presenta importanti margini nell’aumento dell’efficienza energetica. Un’altra tecnologia promettente è il fotovoltaico a concentrazione. Piero Maranesi ha offerto una lettura dello sviluppo tecnologico delle rinnovabili e, in particolare, la funzione dell’ERSE (Enea Ricerca Sistema Elettrico – Ex Cesi Ricerca). Le tecnologie il cui sviluppo potrebbe dare maggiori opportunità al sistema industriale italiano sono quattro: fotovoltaico a concentrazione; innovazione nella cogenerazione tramite biomasse; solare termico; smart grids (si tratta di una tecnologia essenziale per lo sviluppo di un modello basato sulla generazione distribuita). L’ing. Cremona, presidente del GSE, ha chiuso il seminario con un bilancio su quanto emerso dai lavori. Sì è rilevata l’importanza dello sviluppo di una competitiva industria italiana delle rinnovabili sul piano internazionale. Nel fotovoltaico va senz’altro incentivata l’integrazione architettonica negli edifici (tegole e tetti fotovoltaici), che sembra essere il fattore critico di successo per lo sviluppo di questa tecnologia. E si è detta necessaria una politica di attrazione degli investimenti esteri in Italia, da associarsi agli investimenti in ricerca e sviluppo. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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