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Un nuovo documento di Legambiente, WWF e Greenpeace conferma l’importanza dell’idroelettrico nella transizione energetica. Oltre al ruolo strategico per la sicurezza della rete, è essenziale garantire la tutela degli ecosistemi fluviali. Si apre il dibattito su concessioni, investimenti e ripristino ambientale. I vantaggi dell’idroelettrico. Perché è così importante per il mix energetico L’energia idroelettrica, con una capacità installata di oltre 18 GW, rappresenta una risorsa fondamentale per il sistema elettrico italiano. A differenza di altre fonti rinnovabili come eolico e fotovoltaico, l’idroelettrico offre continuità e stabilità, permettendo una gestione più prevedibile della rete per arrivare all’obiettivo 100% di produzione di elettricità da queste fonti entro il 2035. Uno degli aspetti più rilevanti riguarda i pompaggi, ossia i bacini idroelettrici in grado di immagazzinare energia e rilasciarla quando necessario. Questa tecnologia diventa sempre più essenziale in un sistema basato sulle rinnovabili, caratterizzato da una produzione intermittente. Oltre al contributo energetico, i bacini idroelettrici giocano un ruolo sempre più importante nella gestione della risorsa idrica, in un contesto segnato da siccità sempre più frequenti e dal calo del 19% della disponibilità d’acqua negli ultimi trent’anni (ISPRA 2022). “L’idroelettrico è una risorsa preziosa, ma va gestita in modo oculato”, sottolineano Legambiente, WWF e Greenpeace. “Il nostro obiettivo deve essere un sistema che garantisca energia pulita, senza compromettere gli ecosistemi fluviali”. Le criticità: concessioni, manutenzione e tutela ambientale La questione delle concessioni è centrale: l’Italia, a differenza di altri Paesi europei, ha previsto nel PNRR l’obbligo di riassegnare le concessioni idroelettriche attraverso procedure competitive gestite dalle Regioni. Questo passaggio apre interrogativi sulla capacità economica e tecnica dei nuovi operatori, oltre che sulla necessità di imporre condizioni stringenti per la tutela ambientale. Un altro aspetto critico riguarda la manutenzione degli impianti esistenti, in particolare dighe e invasi per i pompaggi. La normativa attuale obbliga gli operatori a smaltire i sedimenti accumulati nei bacini in discarica, aumentando i costi e riducendo la capacità produttiva. Dal punto di vista ambientale, i problemi legati alle derivazioni e canalizzazioni dei corsi d’acqua sono ben noti. Troppi impianti non garantiscono un deflusso sufficiente per la sopravvivenza degli ecosistemi fluviali, con conseguenze negative sulla biodiversità. “Non possiamo più rimandare una revisione delle concessioni che metta al centro anche il ripristino degli habitat naturali”, ammoniscono le associazioni ambientaliste. Le tre Associazioni chiedono al Governo che anche in Italia, come negli altri paesi, l’affidamento degli impianti “sia vincolato, anche in caso di proroghe, a precise garanzie in termini di riqualificazione, efficientamento impiantistico, ma soprattutto di ripristino degli ecosistemi fluviali“. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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