Utili consigli di Blumatica per il calcolo della prestazione energetica degli edifici

I nuovi decreti attuativi della Legge 90/2013 entrati in vigore da circa un mese, per quanto concerene la metodologia di calcolo della prestazione energetica degli edifici lasciano ampia libertà di interpretazione su alcuni aspetti, creando dunque non pochi dubbi tra i tecnici.

Blumatica che propone, nell’ambito della certificazione energetica, una serie di software specifici per la redazione degli attestati energetici APE, AQE, relazione tecnica e di calcolo e impianti di raffrescamento, fornisce utili chiarimenti su alcuni interrogativi, che di seguito vi proponiamo.

Perché nell’APE trovo un indice di prestazione energetica rinnovabile diverso da zero anche se nell’edificio non sono installati impianti che utilizzano fonti rinnovabili?

Il decreto requisiti minimi fissa dei fattori di conversione in energia primaria dei diversi vettori energetici.

In particolare, il vettore incriminato è l’“energia elettrica da rete” che ha un fattore di conversione in energia primaria rinnovabile pari a 0,47. Qualsiasi fabbisogno di energia dell’edificio di natura elettrica (derivante da pompe di circolazione, ventilatori, illuminazione, ecc.) deve quindi essere moltiplicato per tale fattore, dando origine a un valore diverso da zero per l’indice di prestazione energetica rinnovabile.

È obbligatorio considerare nell’APE il servizio di raffrescamento?

In base al decreto, i servizi energetici per il calcolo della prestazione energetica dell’immobile sono la climatizzazione invernale, la climatizzazione estiva, la produzione di acqua calda sanitaria, la ventilazione meccanica e, per gli edifici non residenziali, l’illuminazione e il trasporto di persone o cose.

Il calcolo della prestazione energetica, tuttavia, si basa sui servizi effettivamente presenti nell’edificio in oggetto, fatto salvo quanto segue:

  • Il servizio di climatizzazione invernale che si prevede sempre presente
  • Il servizio di produzione di acqua calda sanitaria che si considera sempre presente per il solo settore residenziale

Pertanto, se in un edificio non è presente l’impianto di raffrescamento, tale servizio non va considerato nella classificazione e non va calcolata la relativa energia primaria né nell’edificio reale né in quello di riferimento.

Se l’edificio è privo di impianti di riscaldamento e produzione di ACS, perché nell’APE si trova un consumo di gas naturale?

Gli unici servizi da considerare sempre presenti sono quello di climatizzazione invernale e produzione di acqua calda sanitaria (nel solo settore residenziale). Nel caso di edifici privi di tali impianti, per la determinazione della prestazione energetica si procede simulando la loro presenza in una configurazione standard riportata nel decreto. Con il nuovo decreto si assume un rendimento del sistema di utilizzazione fisso dichiarato ed un generatore a combustibile gassoso con rendimento imposto dal decreto requisiti minimi.

Tale modifica genera non pochi dubbi e scenari particolari.

In primis, nella sezione “prestazione energetica degli impianti e consumi stimati” si ritrova una quantità annua consumata di gas naturale diversa da zero.

L’aspetto più importante riguarda, però, la classe energetica assegnata a tale tipologia di edificio, notevolmente differente rispetto al passato.

In particolare, con la vecchia metodologia tale edificio aveva un’alta probabilità di essere in una classe energetica G in quanto, il non avere un impianto di riscaldamento e/o ACS, significava più che raddoppiare il fabbisogno di energia primaria non rinnovabile.

Simulare invece una generazione a combustibile fossile comporta una riduzione del fabbisogno di energia primaria non rinnovabile dell’edificio (il fattore di conversione in energia primaria del gas naturale è notevolmente inferiore a quello dell’elettricità).

Inoltre, i valori fissati dal decreto in caso di assenza di impianto per i rendimenti dei sistemi di utilizzazione e generazione sono gli stessi che occorre utilizzare per il calcolo dell’edificio di riferimento con il quale va effettuato il confronto per la classificazione energetica dell’edificio reale. Ciò si traduce nel confrontare due situazioni impiantistiche praticamente identiche e di conseguenza una classe energetica all’edificio migliore della G.

Paradossalmente, se il fabbricato fosse costituito da componenti con trasmittanze conformi ai limiti normativi, all’edificio sarebbe assegnata una classe energetica A1 se non migliore, pur essendo privo di impianti.

Ciò ovviamente lascia completamente increduli i tecnici e, soprattutto, la relativa committenza in quanto in tal modo non viene valutata la classe reale dell’edificio bensì quella “potenziale”. Infatti, solo dopo l’effettiva installazione dell’impianto (che per essere conforme dovrà rispettare i rendimenti imposti dal decreto), l’edificio potrà essere classificato realmente in tale classe.

Quali impianti occorre considerare nell’edificio di riferimento? Perché l’edificio di riferimento presenta prestazioni differenti sulla relazione di calcolo (Legge 10) e sull’APE?

Il decreto requisiti minimi definisce l’edificio di riferimento come un edificio identico a quello reale in termini di geometria, orientamento, ubicazione territoriale, destinazione d’uso, situazione al contorno e avente caratteristiche termiche e parametri energetici predeterminati conformemente alle indicazione del decreto stesso. In particolare, ai fini della determinazione dei requisiti minimi costruttivi, occorre assumere per i componenti dell’edificio di riferimento i valori delle trasmittanze riportate nell’omonimo decreto, in funzione della zona climatica e dell’anno in cui si sta effettuando l’intervento (2015 oppure 2019/2021). Inoltre, l’edificio di riferimento si considera dotato degli stessi impianti di produzione di energia dell’edificio reale, considerando le efficienze per i sottosistemi di utilizzazione e generazione riportate nelle specifiche tabelle del decreto.

Ai fini della determinazione della classe energetica complessiva dell’edificio per la redazione dell’APE, invece, si determina per l’edificio di riferimento il valore di EPgl,nren,rif,standard (2019/21), dotandolo di componenti aventi trasmittanze conformi ai valori vigenti per gli anni 2019/21 e delle tecnologie standard (generatore a combustibile gassoso per riscaldamento e acqua calda sanitaria; macchina frigorifera a compressione di vapore a motore elettrico per climatizzazione estiva).

Pertanto, nei due casi, gli edifici di riferimento sono completamente differenti: ai fini della determinazione dei requisiti costruttivi di cui al decreto requisiti minimi, l’edificio di riferimento si considera dotato degli stessi impianti di produzione di energia dell’edificio reale. Differentemente, ai fini del calcolo dell’indice di prestazione EPgl,nren,rif,standard (2019/21) per la classificazione dell’edificio, esso si considera dotato degli impianti standard riportati nel decreto delle linee guida nazionali, escludendo gli eventuali impianti a fonti rinnovabili presenti nell’edificio reale.

Tale differenza è motivata dal fatto che, nel caso del calcolo della prestazione energetica dell’immobile, riferirsi ad una tecnologia standard permette di valorizzare l’utilizzo di tecnologie più efficienti in termini energetici sia nelle nuove costruzioni che nelle ristrutturazioni e riqualificazioni, dando riscontro di tali scelte nella classe energetica conseguita.

D’altro canto, nella definizione dei requisiti minimi costruttivi per gli edifici nuovi e sottoposti a ristrutturazione importante, riferirsi agli stessi impianti di produzione di energia dell’edificio reale permette di garantire che su di essi, indipendentemente dalla tecnologia, siano rispettati requisiti minimi di efficienza più sfidanti lasciando al contempo al progettista maggiore libertà di scelta.

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