Italia produce meno rifiuti, pesa Covid. Ma è campione in economia circolare

Il quadro disegnato dal nuovo rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) sui rifiuti urbani, e dall’analisi ‘L’Italia del riciclo’ messa a punto dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e da Fise Unicircular (l’Unione delle imprese dell’economia circolare). Da un lato l’emergenza sanitaria ha prodotto una riduzione dei consumi e quindi della spazzatura, dall’altro le filiere della green economy non si sono fermate

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Italia produce meno rifiuti, pesa il Covid. Ma è campione in economia circolare

L’Italia produce meno rifiuti. Ma lo fa per via del peso che il Covid ha avuto sulla società, in particolare per via dei contraccolpi economici. Nonostante la difficile fase del Paese, è aumentata la raccolta differenziata; anche se tra le grandi città Roma arretra, e perde terreno in un campo in cui già arrancava. Questo però non ferma la nostra bravura nel riciclo: l’Italia infatti è campione nell’economia circolare.

E’ questo lo spaccato che emerge dal nuovo rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) sui rifiuti urbani, e dall’analisi ‘L’Italia del riciclo’ messa a punto dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e da Fise Unicircular (l’Unione delle imprese dell’economia circolare).

Il rapporto dell’Ispra registra un bilancio sul 2020 “fortemente influenzato dall’emergenza sanitaria da Covid-19” tanto che sono evidenti le ferite lasciate dalle “misure di restrizione” e dalle “chiusure di diversi esercizi commerciali” sui consumi nazionali.

Nel 2020 calano i rifiuti urbani

Il calo della produzione dei rifiuti urbani nel 2020 è stato superiore a un milione di tonnellate (1,1 per la precisione); si è arrivato a sfiorare quota 29 milioni di tonnellate, con un calo del 3,6% rispetto al 2019. Gli italiani hanno prodotto 488 chilogrammi di rifiuti all’anno a testa. La produzione pro-capite più elevata è stata in Emilia Romagna, con 640 chilogrammi anche se in diminuzione del 3,5% rispetto al 2019. I valori minori pro-capite si sono registrati in Basilicata con 345 chilogrammi. La diminuzione ha toccato l’intera mappa geografica del Paese: al Centro il calo più consistente con un meno 5,4%; segue il Nord con meno 3,4% e il Sud con meno 2,6%. Tra le Regioni l’unica eccezione è stata la Valle d’Aosta che ha mantenuto una produzione stabile. La provincia che produce più rifiuti è Reggio Emilia con 775 chilogrammi per abitante all’anno; quella che ne produce di meno è Potenza con 325 chilogrammi.

Nel 2020 il costo medio nazionale di gestione dei rifiuti urbani è stato pari a 185,6 euro pro-capite all’anno; nel 2019 era stato di 176,7 euro a abitante. A livello territoriale, il Centro ha i costi più elevati: 221,8 euro a abitante; segue il Sud con 195,7 euro a abitante; al Nord il costo è pari a 165,6 euro a abitante. Le città che presentano “il maggior costo” sono Venezia con 376 euro ad abitante, Cagliari con 299,8 euro ad abitante, e Perugia con 288,2 euro. I costi minori si rilevano a Campobasso con 160,5 euro ad abitante, Trento con 177,9, e a Trieste con 194,9 euro.

I dati della raccolta differenziata

La raccolta differenziata si è attestata al 63% della produzione nazionale, con una crescita dell’1,8% rispetto al 2019. Va meglio il Nord che arriva al 70,8%, seguito dal Centro al 59,2% e dal Sud al 53,6%. Il target europeo del 65% (che era da raggiungere al 2012) viene raggiunto da nove Regioni: Veneto (76,1%), Sardegna (74,5%), Lombardia (73,3%), Trentino Alto Adige (73,1%), Emilia Romagna (72,2%), Marche (71,6%), Friuli Venezia Giulia (68%), Umbria (66,2%) e Abruzzo (65%).

Al di sotto del 50%, la Sicilia che con il 42,3% fa comunque registrare un aumento del 3,8% rispetto al 2019 (dove in cinque anni dal 2016 al 2020, la differenziata si è quasi triplicata). I livelli più elevati di raccolta differenziata si rilevano per la provincia di Treviso (88,3%). Sotto al 40% la provincia di Palermo (29,4%). Tra le città metropolitane, la raccolta maggiore si rileva a Cagliari con il 73,7%. I Comuni capoluogo con la raccolta differenziata più elevata sono Treviso all’87,5%. Tra le città più grandi (sopra i 200mila abitanti) Milano arriva al 62,7; mentre Roma, con una riduzione dell’1,5% rispetto al 2019, tocca il 43,8%.

Gli impianti di gestione dei rifiuti urbani, operativi nel 2020, sono 673: 359 al Nord, 120 al Centro e 194 al Sud. Al trattamento della frazione organica sono dedicati 359 impianti; al trattamento meccanico o meccanico biologico 132. Gli impianti di discarica sono 131. E 37 quelli di incenerimento (26 si trovano al Nord, in particolare in Lombardia e in Emilia Romagna). Lo smaltimento in discarica è calato del 7,4% rispetto al 2019; ci finiscono il 20% dei rifiuti urbani. Nell’ultimo decennio il ricorso alla discarica si è ridotto del 56%, passando da 13,2 milioni di tonnellate a 5,8 milioni di tonnellate. Il 18% dei rifiuti va invece all’incenerimento per una quota pari “a oltre 5,3 milioni di tonnellate”.

Nel 2020 il 51% dei rifiuti prodotti e raccolti in maniera differenziata è stato inviato a impianti di recupero di materia; il riciclo totale arriva al 54,4% e riguarda le organico, carta e cartone, vetro, metallo, plastica e legno.

L’organico si conferma la frazione più raccolta in Italia. Rappresenta il 39,3% del totale. Il 68,4% della frazione organica è costituito da umido proveniente da cucine e mense (4,9 milioni di tonnellate), il 27,1% (1,9 milioni di tonnellate) dai rifiuti biodegradabili provenienti dalla manutenzione di giardini e parchi, il 3,8% (275 mila tonnellate) dai rifiuti avviati al compostaggio domestico e lo 0,7% (circa 49 mila tonnellate) dai rifiuti dei mercati. Carta e cartone rappresentano il 19,2% del totale; segue il vetro con il 12,2% e la plastica che rappresenta l’8,6%. Quest’ultima presenta la maggior crescita dei quantitativi raccolti, per il 4,4%complessivo (quasi 1,6 milioni di tonnellate). Il 95% dei rifiuti plastici raccolti in modo differenziato è costituito da imballaggi.

L’aumento della raccolta differenziata – viene osservato – ha determinato “negli anni una crescente richiesta di nuovi impianti di trattamento, soprattutto per la frazione organica, ma non tutte le Regioni dispongono di strutture sufficienti a trattare i quantitativi prodotti”.

Cresce il riciclo

La crisi non si fa sentire per il settore del riciclo. Le imprese della filiera dell’economia circolare – spiegano la Fondazione per lo sviluppo sostenibile e Fise Unicircular – continuano a viaggiare al ritmo di obiettivi ambiziosi nonostante la pandemia. E arrivano nel 2020 al 73% di tasso di riciclo dell’immesso al consumo, con un incremento del 3% rispetto all’anno prima.

Il ciclone Covid quindi non ferma, semmai ha soltanto “rallentato” in alcuni casi, la green economy italiana che – viene spiegato – “da anni registra una crescita costante”. Il riciclo degli imballaggi “si è mantenuto su un buon livello con circa 9,6 milioni di tonnellate avviate a recupero di materia; un dato stabile rispetto al 2019”.

I tassi di riciclo dei rifiuti da imballaggio si sono confermati “su soglie record: carta (87%), vetro (79%), plastica (49%), legno (62%), alluminio (69%), acciaio (80%)”. Ma le filiere dei Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), veicoli fuori uso e pile “non centrano gli obiettivi: il tasso nazionale di raccolta dei Raee è stato del 38,4% dell’immesso al consumo (l’obiettivo è del 65% al 2019); per i veicoli fuori uso la percentuale di reimpiego e riciclo è dell’85% (l’obiettivo è del 95% al 2015); anche per pile e accumulatori il tasso di raccolta si è fermato al 43% (l’obiettivo è del 45% al 2016)”. Anche il calo dei consumi innescato dalla pandemia ha portato a “una generale contrazione dei quantitativi di oli minerali usati (meno 11% sul 2019) e di oli vegetali esausti (meno 12%) raccolti e avviati a riciclo; per gli oli minerali la è rimasta comunque al 46% (quasi il massimo)”.

I dati – agganciati però al 2019 – mettono in evidenza il trend in crescita per la raccolta differenziata della frazione organica a più 7,5%, e dei rifiuti tessili a più 8%. Anche la filiera degli inerti ha superato, con un anno di anticipo, il tasso di recupero di materia del 70% toccando la quota del 78%. Per quanto riguarda gli Pneumatici fuori uso (Pfu), si stima siano state avviate a recupero di materia 82.400 tonnellate e a recupero energetico 119mila tonnellate.

Le “ripercussioni pesanti” dell’emergenza sanitaria e sociale si sono avute “sulla riduzione degli sbocchi esteri e di quelli nazionali a causa della crisi di alcuni settori produttivi”, come per esempio “l’automotive e l’edilizia”.

“Nonostante lo shock determinato dalla pandemia – viene osservato nell’analisi ‘L’Italia del riciclo’ – nel 2020 l’industria nazionale del riciclo ha confermato la sua posizione di avanguardia a livello europeo”. I flussi delle raccolte differenziate hanno “sostanzialmente tenuto”. Secondo Fondazione per lo sviluppo sostenibile e Fise Unicircular “per una reale transizione ecologica oggi servono semplificazione normativa e incentivi all’uso dei prodotti riciclati”. Con il Pnrr che costituisce “una preziosa occasione per colmare il gap impiantistico in alcune Regioni italiane, per favorire l’efficientamento di importanti settori, e per sviluppare nuovi processi di riciclo”.

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