Che cosa rallenta la diffusione delle rinnovabili in Italia secondo il GIS

GIS, Associazione Gruppo Impianti Solari, evidenzia che i problemi che in Italia limitano la diffusione delle energie rinnovabili al ritmo richiesto dagli obiettivi, sono da cercare soprattutto nel dibattito tra aree idonee e non e consumo di suolo. Ma, forse, si tratta di falsi problemi.

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Che cosa rallenta la diffusione delle rinnovabili in Italia secondo il GIS

GIS, Associazione Gruppo Impianti Solari, mentre si sta aspettando la pubblicazione del Decreto Aree Idonee, fa il punto su installazioni di rinnovabili in Italia, obiettivi da raggiungere e ostacoli che rallentano le nuove installazioni, che, si legge nel comunicato, vanno cercati nella preoccupazione per il consumo di suolo, tanto che  si parla di realizzare una mappatura delle aree idonee e non, in cui realizzare i nuovi impianti.

Ma è davvero necessario? Partiamo dai numeri: ad oggi abbiamo installato circa 39,5GW di rinnovabili e, per arrivare all’obiettivo di 80 GW fissato al 2030, l’Italia dovrebbe garantire 5 GW di nuova capacità annua nei prossimi 5 anni. Il trend è certamente positivo considerando che il 2022 si è chiuso con 3 nuovi GW di capacità, il doppio rispetto all’anno precedente e i primi 6 mesi del 2023 hanno visto 2,5 GW di nuove installazioni, sostenute da maggiori investimenti e dalla semplificazione degli iter autorizzativi che gli ultimi Governi hanno cercato di garantire.

Solo per quanto riguarda il fotovoltaico, dall’ultimo Report di Italia Solare emerge che da gennaio a giugno 2023 sono stati installati più 2.300 MW di nuova potenza fotovoltaica, con una crescita del 129% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Da notare che, soprattutto nell’ultimo trimestre, c’è stato un interessante incremento per gli impianti medio grandi (da 20 kW ≤ P a oltre 1 MW), mentre per la prima volta c’è stato un calo della potenza connessa mensilmente relativa al settore residenziale.

Installazioni fotovoltaico in Italia nei primi 6 mesi del 2023. Dati Italia Solare

Le criticità della bozza di decreto Aree Idonee 

La bozza del Decreto Aree Idonee a cui sta lavorando il Ministero dell’Ambiente in collaborazione con le regioni e di cui vi abbiamo parlato anche su Infobuildenergia.it, ha suscitato più di una polemica fra gli addetti ai lavori a causa delle numerose restrizioni introdotte “sull’estensione di terreno effettivamente utilizzabile per un impianto su area idonea”, che rischiano di limitare in maniera eccessiva la realizzazione dei progetti.

Il GIS ricorda che negli anni scorsi varie regioni hanno cercato di introdurre regolamenti territoriali ma senza successo perché le eventuali limitazioni alla progettazione di nuovi impianti contrastavano con la “legge nazionale che prevede uno specifico iter di valutazione e autorizzazione dei progetti”. Se da una parte le Regioni possono decidere in autonomia sulla diffusione degli impianti nel proprio territorio, dall’altra si crea un problema nel caso in cui “la decisione su dove si può o non si può costruire è arbitraria o basata sul falso concetto che le rinnovabili consumano suolo fertile”.

3% del territorio regionale per raggiungere l’obiettivo rinnovabili

Basterebbe, evidenzia il GIS, che le Regioni per esempio definissero l’obbligo per i comuni  di destinare almeno il 3% del proprio territorio all’installazione di rinnovabili. In questo modo si eviterebbero molti problemi autorizzativi e i Comuni potrebbero semplicemente segnalare le aree non idonee a causa possibili vincoli, mentre su tutte le altre si potrebbe semplicemente applicare l’iter di autorizzazione semplificato, posto l’ok degli enti competenti.

Nel nostro paese, secondo il GIS, non esiste un rischio di eccessivo consumo di suolo delle FER: basti pensare che se si decidesse di installare 5GW annui di solo fotovoltaico, sarebbe necessaria una superficie di 10.000 ettari. Parliamo dello 0,06% dei  16,5 milioni di ettari destinati in Italia alla superficie agricola. “In 10 anni si tratterebbe dello 0,6% del territorio agricolo nazionale”. E si potrebbe raggiungere questo obiettivo partendo semplicemente dai 3,5 milioni di ettari di terreni attualmente incolti o non attivi, sui quali, essendo appunto abbandonati, sarebbe sbagliato introdurre delle limitazioni sulla percentuale massima di estensione dell’impianto. Senza dimenticare, infine, le potenzialità dell’agrivoltaico.

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