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Partire dal caos per ritrovare l’equilibrio, sfruttare la distruzione per attivare la ricostruzione e come un fiore che sboccia nonostante le avversità anche Gaza può risorgere dalle sue ceneri. A cura di: Fabiana Murgia “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.” Questa celebre citazione di Antoine Lavoisier sembra sposarsi perfettamente con la sfida vinta da Majd Mashharawi, ingegnere civile presso l’Università islamica di Gaza che ha trasformato la causa di anni di sofferenze in un’opportunità di rinascita per una città devastata dalla guerra. Majd Mashharawi, cresciuta tra le macerie, ha capito come sfruttare ciò che inizialmente appariva come un nemico e partendo proprio da quelle macerie è riuscita a realizzare un mattone ecosostenibile. Il progetto, iniziato in collaborazione con la collega Rawan Abdulatif, non più coinvolta, è nato dalla necessità di ovviare alle forti limitazioni imposte da Israele, che, per la prima volta nel 2007, ha bandito i materiali da costruzione sulla striscia, poiché considerati pericolosi e potenzialmente sfruttabili a scopo militare. Le limitazioni hanno coinvolto inevitabilmente anche l’importazione del cemento, frenando drasticamente il processo di ricostruzione degli alloggi. Proprio questa situazione precaria e difficile ha ispirato Mashhrawi e Abdulatif, guidandole nella ricerca di una soluzione che potesse implicare l’utilizzo di materiali alternativi, generando un elemento di costruzione con la stessa resistenza del mattone tradizionale, ma a minor costo. Partendo dallo sfruttamento della materia prima maggiormente disponibile a Gaza, ossia le macerie, si è giunti alla realizzazione del mattone ribattezzato Green Cake, un nome che fa riferimento alla sostenibilità del processo di produzione, attuato a partire dal riuso di materiali, e alle proprietà porose che dimezzano il peso di questo mattone ultra-leggero. Nello specifico le macerie vengono impiegate in sostituzione ai tradizionali aggregati che compongono la classica miscela del cemento, mentre la componente sabbia è ben rimpiazzata dalla cenere di scarto ottenuta dalla produzione dell’asfalto di Gaza, trasformando un materiale dannoso per l’ambiente in un’opportunità sostenibile. Il percorso che ha portato alla definizione e realizzazione del Green Cake è stato lungo e tortuoso. Dopo aver testato più di 100 prototipi e aver lottato contro i pregiudizi legati al ruolo della donna nella società palestinese, finalmente nel 2015 il mattone definitivo prende forma. Green Cake è realtà e nel 2016 viene finalmente impiegato nella realizzazione di un muro di recinzione, mentre nel 2017 si aggiudica il primo posto nella “Japan Gaza Innovation Challenge”, una sfida che ha offerto ai giovani talenti l’opportunità di presentare i propri progetti per la ricostruzione di Gaza. Con i soldi vinti nel concorso Majd Mashharawi ha affittato i locali di una fabbrica e ha avviato una produzione di massa dei mattoni. Oggi, Green cake produce fino a 40mila mattoni al giorno, impegnandosi nella ricostruzione di una città che non ha perso la battaglia più importante, sperare in un futuro migliore. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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