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A cura di:La Redazione Molti impianti di condizionamento emettono anidride carbonica, carbonio nero e idrofluorocarburi, contribuendo in modo significativo al cambiamento climatico. Secondo un nuovo Rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) e dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE), The Cooling Emissions and Policy Synthesis Report, il passaggio in maniera massiccia ad apparecchi efficienti e “rispettosi del clima” aiuterebbe a limitare le emissioni nocive per l’ambiente. L’accesso ai sistemi di raffreddamento è essenziale per mantenere le comunità sane, aiutare a mantenere il cibo fresco e le economie produttive e, durante l’attuale pandemia, in molti casi ha reso sopportabile l’isolamento nei periodi di caldo. In particolare il rapporto stima che rendendo i condizionatori d’aria due volte più efficienti di quanto lo siano ora, potrebbero essere tagliate nei prossimi quattro decenni fino a 460 miliardi di tonnellate di emissioni di gas serra – all’incirca la quantità prodotta in un periodo di otto anni: entro il 2050, sarebbe possibile risparmiare la quantità di elettricità prodotta da tutte le centrali a carbone in Cina e in India nel 2018, risparmiando fino a 2,9 trilioni di dollari. In questo modo si contribuirebbe in modo significativo a rispettare gli impegni presi con gli accordi climatici di Parigi del 2015, limitando l’aumento complessivo della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius. Inger Andersen, direttore esecutivo dell’UNEP sottolinea che i Governi dovrebbero inserire nei propri piani di ripresa post Covid 19 programmi per l’efficientamento dei sistemi di condizionamento: “Il raffreddamento efficiente e rispettoso del clima può aiutare le Nazioni a ridurre il cambiamento climatico, proteggere la natura e ridurre i rischi di ulteriori pandemie”. Il rapporto rileva che i paesi hanno già diverse opzioni a disposizione: i firmatari dell’emendamento di Kigali nell’ambito del protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono, hanno accettato di ridurre l’uso di idrofluorocarburi che costituiscono un potente gas serra, si stima che abbiano un impatto 14.000 volte più forte dell’anidride carbonica (CO2). Inoltre i paesi dovrebbero definire standard minimi di prestazione energetica, introdurre norme edilizie che garantiscano che le case e gli uffici siano ben isolati e necessitino di meno raffreddamento, e che le catene di approvvigionamento alimentare a temperatura controllata siano più efficienti e sostenibili. Il rapporto è stato redatto da una serie di esperti sotto la guida di un comitato direttivo composto da 15 membri, presieduto dal chimico messicano e premio Nobel Mario Molina, che ha svolto un ruolo chiave nella scoperta del buco dell’ozono in Antartide, e Durwood Zaelke, esperto americano del diritto ambientale. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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