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Per dare un futuro alle agroenergie nel nostro Paese occorre arrivare in tempi brevi ad un nuovo sistema di incentivi che garantisca il raggiungimento degli obiettivi fissati per il biogas e le biomasse. Per il biogas, probabilmente, gli obiettivi fissati al 2020 a 1200 MW devono essere ritoccati con la revisione del Piano di azione sulle energie rinnovabili. Per il biogas agricolo occorre assicurare almeno 1000 MW. In tale contesto è sempre più indispensabile disporre di un piano energetico nazionale, la cui emanazione è prevista da più di 4 anni. E’ quanto è emerso dall’incontro organizzato da Confagricoltura per la presentazione dell’attività di “Co.Agr.Energy“, il consorzio nato nel 2007 per iniziativa della Confederazione agricola, per promuovere specifiche azioni in campo energetico. In particolare, il Consorzio ha presentato ed attuato un progetto di filiera nazionale promosso dal ministero delle Politiche agricole, la cui conclusione è fissata nell’ottobre del 2012, che, ad oggi, ha permesso la realizzazione di otto impianti a biogas in altrettante aziende agricole di cinque regioni diverse (Piemonte, Lombardia, Toscana, Umbria e Puglia) per un totale di 25 milioni di euro di investimenti, sui 36 stanziati. A breve è prevista l’apertura del cantiere dell’ultimo degli impianti in programma, in Veneto. Ma l’attività del Consorzio non si limita a questo. Tra i suoi scopi, la formazione e l’assistenza tecnica alle aziende che vogliono investire o che abbiano già investito nelle agroenergie; la ricerca e la divulgazione dei risultati. In questo ambito rientrano i due studi presentati nell’incontro a Palazzo Della Valle, sede dell’Organizzazione degli imprenditori agricoli: il rapporto Nomisma sull’agricoltura italiana “La sfida delle bioenergie – tendenze e scenari per le energie rinnovabili in agricoltura” e il progetto di ricerca “Analisi delle filiere bioenergetiche, individuazione dei criteri di sostenibilità ambientale e sistema di traccibuilità delle biomasse” realizzato da Agriconsulting. “Grazie alle importanti politiche di incentivazione della produzione elettrica portate avanti dal nostro Paese negli ultimi anni – ha detto il presidente del Consorzio e vicepresidente di Confagricoltura Ezio Veggia – numerosi sono ormai i casi di aziende agricole divenute anche aziende agroenergetiche. Alla naturale vocazione agroalimentare si è affiancata questa nuova attività in cui i sottoprodotti diventano fonte per alimentare impianti per la produzione di elettricità e calore”. “Le agroenergie – ha continuato Veggia – sono diventate un’attività economica in grado di produrre reddito ed occupazione, ma hanno svolto anche un’importante funzione in termini ambientali e nel mantenimento del tessuto agricolo sul territorio. Inoltre, nella misura in cui queste filiere sono alimentate da materie prime agricole nazionali, possono aumentare il grado di auto approvvigionamento energetico del Paese”. Partendo dai dati sulla diffusione delle bioenergie in Italia ed in Europa e analizzando in particolare i diversi regimi di sostegno che hanno portato agli attuali risultati ed alle eccellenze di Paesi come la Germania per il biogas o come la Svezia per il biometano, il Rapporto Nomisma conduce un’analisi costi-benefici delle filiere bioenergetiche elettriche che dimostra che il livello di incentivazione attualmente offerto dalla Tariffa Onnicomprensiva è congruo alla rischiosità dell’investimento. Il Rapporto evidenzia, inoltre, gli impatti macroeconomici e le potenzialità agricole nel settore delle bioenergie in Italia. In particolare, in uno scenario ottimistico di forte adesione del mondo agricolo alle bioenergie, con cui si possa riuscire a produrre almeno il 50% del potenziale, l’agricoltura potrebbe raggiungere una sorta di “autosufficienza energetica”, arrivando a produrre più di quanto consuma e contando nei consumi finali nazionali per il 3%. Tale contributo rappresenterebbe quasi il 20% (3 punti percentuali su 17) dell’obiettivo assegnatoci dall’Ue. L’analisi effettuata da Agriconsulting è finalizzata ad analizzare le filiere del biogas e della combustione della biomassa solida, riferite ad applicazioni di microgenerazione per individuarne i criteri di sostenibilità ambientale, cercando di dare un contributo conoscitivo agli investimenti già realizzati ed alimentare il dibattito in corso sui prossimi meccanismi di incentivazione, qualora si volessero prevedere dei premi aggiuntivi legati proprio al rispetto di questi principi. Il lavoro ha confermato che il vantaggio ambientale delle agroenergie è sensibilmente favorevole rispetto alla produzione di energia elettrica con fonti e tecnologie convenzionali. Nel caso studio riferito ad un impianto di biogas (85% colture dedicate, 15% reflui zootecnici) la percentuale di risparmio di emissioni equivalenti di anidride carbonica è stata stimata al 77,5% rispetto ad un analogo impianto a combustibili fossili. Tale percentuale supera addirittura il 90% nel caso riferito ad un impianto a biomassa solida alimentato con colture dedicate e pollina. “Ora che finalmente anche in Italia si è riusciti ad avviare una filiera delle biomasse e del biogas – ha detto il presidente di Confagricoltura Mario Guidi – occorre scongiurare il pericolo di veder vanificare da una parte gli investimenti industriali, dall’altra la possibilità per le aziende agricole di sviluppare nuove fonti di reddito”. “Servono – ha aggiunto Guidi – al contrario, segnali chiari per il futuro del settore. Un sistema di incentivazione diretto a premiare soprattutto gli impianti più piccoli collegati alle aziende agricole che utilizzano sottoprodotti, biomasse di integrazione e, in misura minore, coltivazioni dedicate di primo raccolto”. “In questo momento di crisi economica – ha concluso il presidente di Confagricoltura – non è possibile bloccare lo sviluppo di un settore che sta avendo forti risultati positivi per l’agricoltura e l’industria. Ancora una volta rischiamo di cadere nell’errore di dedicare risorse per avvio di settori produttivi, peraltro strategici per il futuro del Paese e per il raggiungimento degli obiettivi ambientali indicati dall’Europa, per poi cancellarli con un colpo di spugna, producendo enormi danni alle imprese agricole, a quelle industriali e all’occupazione”. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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