Il buco nell’ozono potrebbe chiudersi entro 4 decenni

Un gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha dichiarato che il recupero dello strato di ozono procede e, continuando così, il buco nell’ozono dovrebbe recuperare i valori del 1980 entro il 2040 e chiudersi entro il 2066. Ma attenzione all’impatto di nuove tecnologie come la geoingegneria.

Il buco nell'ozono potrebbe chiudersi entro 4 decenni

Ogni quattro anni un gruppo di esperti ONU pubblica un Rapporto sui progressi del Protocollo di Montreal, firmato nel settembre 1987, uno storico accordo ambientale che regola il consumo e la produzione di quasi 100 sostanze chimiche dannose per la fascia d’ozono stratosferico. Nel 2016 un accordo aggiuntivo al Protocollo di Montreal, noto come Emendamento di Kigali, ha richiesto la riduzione graduale della produzione e del consumo di alcuni idrofluorocarburi (HFC), gas potenti che contribuiscono al riscaldamento globale e all’accelerazione dei cambiamenti climatici.

Nei giorni scorsi gli studiosi hanno confermato l’eliminazione graduale di quasi il 99% delle sostanze vietate che impoveriscono lo strato di ozono, il che ha portato al recupero dello strato protettivo di ozono nell’alta stratosfera e alla diminuzione dell’esposizione dell’uomo ai raggi ultravioletti (UV) del sole, particolarmente dannosi per la salute.

Secondo Meg Seki, Segretario esecutivo del Segretariato per l’ozono del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), l’impatto del Protocollo di Montreal sulla mitigazione dei cambiamenti climatici è stato fondamentale anche nell’aiutare i Governi a pianificare le corrette politiche, contribuendo a evitare il riscaldamento globale di circa 0,5°C. Il Gruppo di esperti stima che l’emendamento di Kigali eviterà un ulteriore riscaldamento di 0,3-0,5°C entro il 2100.

La scoperta di un buco nello strato di ozono è stata fatta da tre scienziati del British Antarctic Survey, nel maggio 1985. Secondo il rapporto del gruppo di esperti, se le politiche attuali rimarranno in vigore, lo strato dovrebbe recuperare i valori del 1980 entro il 2040. Nell’Artico il recupero dovrebbe avvenire entro il 2045 mentre nell’Antartico entro il 2066. Le condizioni metereologiche, in particolare tra il il 2019 e il 2021, hanno infatti impattato in maniera significativa sulle variazioni nelle dimensioni del buco dell’ozono antartico dove la situazione ha iniziato a migliorare, in termini di area e profondità, a partire dal 2000.

Attenzione alle nuove tecnologie

Gli esperti infine segnalano che alcune innovative tecnologie potrebbero essere pericolose per l’ambiente, con potenziali effetti sull’ozono. Tra queste la geoingegneria che, per combattere il surriscaldamento prevede anche l’iniezione di aerosol stratosferico (SAI) che, aumentando la riflessione della luce solare, dovrebbe ridurre il riscaldamento della superficie terrestre ma, in realtà, potrebbe avere impatti negativi sull’ozono.

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