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Intervenendo al vertice di sostenibilità dell’Economist, il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, pur sottolineando i progressi fatti alla COP 26 di Glasgow, ha anche detto che il problema principale non è stato risolto e nemmeno adeguatamente approcciato, segnalando l’enorme “emissions gap“. L’invasione della Russia in Ucraina, oltre ad essere una tragedia umanitaria, rischia di rallentare ulteriormente i progressi per accelerare l’azione sul clima verso la, necessaria, riduzione del 45% delle emissioni globali entro il 2030 e la neutralità del carbonio entro la metà del secolo. Secondo gli attuali impegni nazionali – ha spiegato Guterres – le emissioni globali potrebbero aumentare di quasi il 14% durante il decennio. Lo scorso anno, le emissioni globali di CO2 legate all’energia sono cresciute del 6%, “ai livelli più alti di sempre, mentre le emissioni di carbone sono salite a livelli record”. Guterres ha avvertito: “Stiamo camminando verso la catastrofe climatica e nessun paese è escluso”, con il pianeta che si sta riscaldando di ben 1,2° e i disastri climatici che hanno costretto 30 milioni di persone a fuggire dalle proprie case. Le misure a breve termine previste per affrontare la crisi energetica dovuta alla guerra Russia-Ucraina, rischiano di creare una maggior dipendenza a lungo termine dai combustibili fossili e chiudere definitivamente la finestra di 1,5° e “la linea temporale per tagliare le emissioni del 45% è estremamente stretta”. La “grande sfida” che il mondo si trova ad affrontare è che le economie sviluppate ed emergenti riescano a cooperare tra loro affinché tutti i paesi del G20 possano ridurre le emissioni. E per farlo prima di tutto si devono smantellare completamente le centrali a carbone. Inoltre sono necessari maggiori investimenti nell’adattamento e nella resilienza. Finanza pubblica e privata devono collaborare e i paesi più ricchi devono rispettare l’impegno finanziario per il clima del 2022 di stanziare 100 miliardi di dollari a sostegno della transizione dei paesi in via di sviluppo . Guterres ha poi concluso invitando a rispettare in ogni modo l’obiettivo di 1,5°, accelerando l’eliminazione del carbone e dei combustibili fossili, attuando una transizione energetica giusta e sostenibile che non lasci nessuno indietro, aumentando i finanziamenti per il clima e rafforzando i piani nazionali per il clima. 4/8/2021 Cambiamento climatico, siamo vicino al “punto di non ritorno” Negli ultimi 2 anni aumento senza precedenti dei disastri ambientali. L’appello degli scienziati a cambiare rotta: delle 31 variabili monitorate, 18 hanno superato il punto critico. img by pixabay Nel 2019 11.000 scienziati provenienti da 153 paesi hanno firmato un documento in cui, dati alla mano, si dichiaravano estremamente preoccupati per il trend disastroso dell’emergenza climatica, senza che ci fosse un reale impegno per contrastarla, chiedendo dunque ai Governi di tutto il mondo di intervenire con misure forti e concrete. A distanza di 2 anni più di 2.800 scienziati hanno firmato quella stessa dichiarazione di emergenza climatica e quasi 14.000 hanno dichiarato che siamo vicini al “punto di non ritorno“. Il nuovo appello è stato lanciato nei giorni scorsi sulla rivista BioScienze. Dal 2019 ad oggi sono aumentati gli eventi disastrosi legati al clima, tra cui, solo per citarne alcuni, devastanti inondazioni in Sud America e nel Sud-Est asiatico, ondate di calore e incendi in Australia e negli Stati Uniti occidentali, uragani atlantici e cicloni devastanti in Africa, Asia meridionale e nel Pacifico occidentale. Sono inoltre sempre più evidenti i segnali che in alcuni casi i punti critici sono stati oltrepassati: delle 31 variabili monitorate dal gruppo di scienziati, 18 hanno toccato nuovi minimi o massimi storici. Tra le emergenze più gravi, il tasso di perdita di foresta amazzonica brasiliana è aumentato nel 2019 e nel 2020, raggiungendo il record di 1,11 milioni di ettari distrutti, a causa soprattutto dell’aumento del disboscamento illegale dei terreni per l’allevamento di bestiame e la produzione di soia. La distruzione delle foreste dovuta a incendi, siccità, disboscamento e frammentazione, ha fatto sì che questa regione agisse come una fonte di carbonio piuttosto che un pozzo di carbonio. Nel 2020 a causa della pandemia c’è stato un rallentamento globale delle attività industriali ed economiche e una conseguente diminuzione delle emissioni e di consumo di energia da combustibili fossili, ma, con la ripresa dell’anno in corso, sono stati raggiunti livelli record di Co2 in atmosfera. Nell’aprile 2021, la concentrazione di anidride carbonica ha raggiunto le 416 parti per milione, la più alta concentrazione media globale mensile mai registrata. Nonostante il consumo di energia fotovoltaica ed eolica sia aumentato del 57% tra il 2018 e il 2021, è ancora circa 19 volte inferiore a quello dei combustibili fossili. Anche il numero di passeggeri del trasporto aereo è diminuito del 59% nel 2020 a causa della pandemia COVID-19, ma si prevede che nel 2021 verrà recuperato oltre un terzo di questa perdita. Il 2020 è stato il secondo anno più caldo di sempre e i 5 anni più caldi sono stati tutti dal 2015. La massa di ghiaccio in Antartide e Groenlandia non è mai stata così bassa come ora: i ghiacciai si stanno sciogliendo molto più velocemente di quanto si credesse in precedenza; stanno perdendo il 31% in più di neve e ghiaccio all’anno rispetto a 15 anni fa. Gli oceani sono sempre più caldi e le barriere coralline, fondamentali per la sopravvivenza di circa 500 milioni di persone, rischiano di scomparire. Lo scenario è allarmante e si legge nel documento che “Nonostante le intenzioni di ricostruire indirizzando gli investimenti per la ripresa da COVID-19 verso politiche verdi, solo il 17% di tali fondi è stato assegnato a una ripresa verde a partire dal 5 marzo 2021”. C’è poco tempo per provare a rispettare l’accordo di Parigi e limitare il riscaldamento globale entro 1,5°C: è necessario smettere di sfruttare eccessivamente gli habitat naturali, ridurre i rischi di trasmissione di malattie zoonotiche, conservare la biodiversità. Gli scienziati individuano 6 aree prioritarie in cui intervenire: (1) Eliminare i combustibili fossili e passare alle rinnovabili; (2) ridurre gli inquinanti, in primis carbonio, metano e idrofluorocarburi; (3) proteggere in modo permanente gli ecosistemi della Terra per immagazzinare e accumulare carbonio e ripristinare la biodiversità; (4) preferire le diete prevalentemente a base vegetale, riducendo gli sprechi alimentari e migliorando le pratiche di coltivazione; (5) trasformare l’economia, passando a un sistema ecologico e a un’economia circolare, in cui i prezzi riflettono i costi ambientali completi di beni e servizi (6) cercare di ridurre gradualmente la popolazione fornendo gli aiuti per la pianificazione familiare volontaria e sostenendo l’istruzione e i diritti per tutte le donne. Articolo aggiornato Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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