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Domenica 25 settembre si celebra in tutto il mondo il World Rivers Day. In Italia sono previsti eventi per ripulirne le spiagge e fondali, come “Ri-party-amo” organizzata dal WWF. Un’occasione anche per riflettere sulla situazione di emergenza che sta colpendo il nostro Paese. Dalla siccità alle alluvioni: gli oltre 400 millimetri di pioggia che lo scorso 15 settembre in poche ore hanno colpito le Marche causando danni e tragedie non devono far dimenticare che quella di quest’estate è stata la siccità peggiore degli ultimi 70 anni. Il cambiamento climatico nella regione mediterranea porterà sempre più spesso a ondate di calore seguite da precipitazioni intense, concentrate in breve tempo. Questo metterà a dura prova i fiumi, anche perché negli ultimi decenni gli alvei fluviali sono stati canalizzati in maniera eccessiva, impermeabilizzando con cemento e asfalto il suolo a ritmi altissimi. Urbanizzazione e consumo di suolo hanno distrutto le sponde dei fiumi Negli ultimi 50 anni circa 2.000 km2 di aree di esondazione naturali hanno subito varie forme di urbanizzazione con trasformazioni intense anche lungo le sponde dei fiumi. In tutto il Paese i corsi d’acqua sono stati costretti in alvei ristretti e le zone di esondazione naturale sono state ridotte. Sono quindi ormai insufficienti a contenere le piene. Il consumo di suolo non si è mai fermato, come mostrano anche i dati ISPRA: entro i 150 metri dai corpi idrici a livello nazionale abbiamo consumato l’8,3% di suolo. Addirittura tra il 2020 e il 2021, in piena pandemia, il dato è salito dello 0,27%. E negli ultimi due anni il consumo di suolo è aumentato del 34%. La mancanza di pulizia e cura dei fiumi: il caso del Misa Il fiume Misa, che è esondato durante la recente alluvione nelle Marche, aveva un bacino poco pulito: è stata questa la causa del disastro? In realtà non solo. Il bacino del Misa, piccolo e stretto, è sensibile e vulnerabile a questi eventi; la quantità d’acqua rovesciata in così poco tempo sarebbe stata troppa anche se fosse stato pulito. In generale, però, la “manutenzione idraulica” dei fiumi è spesso legata a logiche commerciali ed effettuata per favorire, ad esempio, la vendita del materiale estratto (sabbie o ghiaie) o della legna nel caso del taglio degli alberi dalle sponde. Questo porta a dare la priorità agli interventi sbagliati. Nel caso specifico del fiume Misa, è difficile comprendere come opere che avrebbero potuto ridurre il rischio idrogeologico, previste da decine di anni e già finanziate dal 2014, non siano state realizzate. La necessità di un Piano Nazionale Al livello nazionale, secondo il WWF è quindi urgente avviare concretamente una politica di adattamento ai cambiamenti climatici, che promuova una “rinaturalizzazione” dei fiumi. Il Piano Nazionale di adattamento ai Cambiamenti Climatici dal 2017 aspetta di essere approvato e reso operativo. Infine, bisognerebbe fare tesoro delle direttive a livello internazionale Acque (2000/60/CE) e Alluvioni (2007/60/CE) e della Strategia Europea per la biodiversità che prevede che vengano riqualificati, recuperandone la continuità ecologica, 25.000 km di fiumi in Europa. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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