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Fonte IEA Secondo il Global Methane Tracker pubblicato dall’International Energy Agency le emissioni globali di metano del settore energetico – che comprende petrolio, gas naturale, carbone e bioenergia – sono circa il 70% maggiori di quanto dichiarato dai governi nazionali. E’ necessario pianificare interventi urgenti per ridurle così da limitare il surriscaldamento e migliorare la qualità dell’aria. “Il metano – ha spiegato Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo della Commissione europea – è il secondo maggiore responsabile del riscaldamento globale. Tagliarne rapidamente le emissioni è quindi una parte fondamentale dei nostri sforzi per affrontare la crisi climatica”. Il metano è infatti responsabile di circa il 30% dell’aumento delle temperature globali dalla rivoluzione industriale ad oggi, si dissipa più velocemente dell’anidride carbonica (CO2) ma è un gas serra molto più potente durante la sua breve vita, quindi tagliarne le emissioni avrebbe un effetto rapido sulla limitazione del riscaldamento globale. Il settore energetico è responsabile di circa il 40% delle emissioni totali di metano attribuibili all’attività umana, secondo solo all’agricoltura. Lo scorso anno le emissioni di metano del settore energetico sono cresciute di poco meno del 5% rispetto al 2020, aumento in gran parte dovuto alla maggiore domanda e produzione di combustibili fossili e alla ripresa post covid delle economie, ma non sono tornate ai livelli del 2019. Nonostante permanga l’incertezza sui livelli di emissioni non si può più ritardare l’azione sul metano, sono necessarie politiche precise e l’utilizzo di tecnologie che hanno dimostrato di funzionare efficacemente. Il Global Methane Tracker in questo senso propone esempi di implementazione efficace e mostra dove queste politiche potrebbero avere un maggiore impatto. “Se tutte le perdite di metano dalle operazioni dei combustibili fossili nel 2021 fossero state catturate e vendute, i mercati del gas naturale sarebbero stati riforniti con 180 miliardi di metri cubi di gas naturale in più, l’equivalente di tutto il gas usato nel settore energetico europeo, più che sufficiente per alleviare l’attuale tensione del mercato”. L’intensità delle emissioni di metano legate alle attività dei combustibili fossili varia ampiamente da paese a paese, nel complesso diminuirebbero di oltre il 90% se tutti i paesi produttori eguagliassero le prestazioni della Norvegia. Ridurre le emissioni di metano del 30% entro il 2030 Il Global Methane Pledge, lanciato a novembre da più di 110 paesi alla conferenza sui cambiamenti climatici COP26 di Glasgow, ha segnato un importante passo avanti. Guidati dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti i firmatari hanno concordato di ridurre le emissioni di metano delle attività umane – compresa l’agricoltura, il settore energetico e altre fonti – del 30% entro il 2030. Tuttavia mancano all’appello alcuni grandi emettitori: dei cinque paesi con le maggiori emissioni di metano – Cina, Russia, Stati Uniti, Iran e India – attualmente solo gli Stati Uniti fanno parte del Pledge. Il percorso stabilito nella tabella di marcia Net Zero by 2050 della IEA – che darebbe al mondo una possibilità di limitare l’aumento delle temperature globali a 1,5 °C ed evitare i peggiori effetti del cambiamento climatico – richiede che le emissioni di metano legate all’energia diminuiscano del 75% entro il 2030 e non è sufficiente la sola riduzione della domanda di combustibili fossili. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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