Guerra Russia-Ucraina: siamo a rischio crisi energetica?

La notizia dell’invasione dell’Ucraina da parte delle forze armate russe, iniziata nella notte tra mercoledì 23 e giovedì 24 febbraio, ha inevitabilmente fatto il giro del mondo e la critica situazione bellica che sta avendo atto in territorio europeo è costantemente sotto i riflettori. Attualmente non è previsto un intervento diretto da parte della NATO a supporto dell’Ucraina, non essendo questa un membro dell’Organizzazione. È stato, tuttavia, approvato un pacchetto di sanzioni ai danni della Russia che, per il momento, non coinvolge il settore energetico del gas, e un secondo pacchetto di misure è in arrivo.

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Guerra Russia-Ucraina: siamo a rischio crisi energetica?
Gasdotti in Europa. Fonte: tg24.sky.it

La situazione è estremamente tesa, l’Europa non era più stata territorio di un conflitto così teso dalla fine della seconda guerra mondiale e questo, senza dubbio, è un fattore destabilizzante che porta alla rottura di un equilibrio durato oltre 70 anni. Tuttavia l’ipotesi di un’estensione su più larga scala è da escludersi.

La preoccupazione maggiore per l’Europa e, in particolar modo, per l’Italia riguarda principalmente la fornitura di gas, motivo per il quale nel corso del vertice straordinario dei capi di Stato e di Governo dell’UE diversi Paesi si sono mostrati restii all’inserimento del gas nella discussione.

La motivazione è la forte dipendenza dei diversi paesi europei dal gas proveniente dalla Russia, che possiede le più grandi riserve (provate) a livello mondiale.

L’Europa senza gas dalla Russia potrebbe farcela?

Gli analisti della società di consulenza energetica globale Wood Mackenzie affermano che l’Europa si trova attualmente in una situazione migliore rispetto all’inizio dell’inverno 2021/2022 e Kateryna Filippenko, analista principale impegnata nella ricerca in materia di gas in Europa, ha dichiarato: “Il clima mite e l’aumento delle forniture di gas naturale liquefatto (GNL) hanno attenuato l’impatto dei flussi russi costantemente bassi e hanno portato a maggiori volumi di gas in stoccaggio.”L'Europa senza gas dalla Russia potrebbe farcela?Nel bimestre gennaio-febbraio 2022, infatti, i livelli di GNL nel sistema del gas europeo erano maggiori rispetto a quelli del gas russo; situazione favorita certamente dal caro prezzi in Europa, ma anche dal fatto che l’Asia ha iniziato l’anno con livelli elevati di scorte e che le temperature locali miti hanno liberato alcuni carichi per l’Europa.

Nel complesso, è possibile affermare che l’attuale situazione di approvvigionamento e stoccaggio pone l’Europa in una posizione di vantaggio, sia per affrontare il 2022 senza Nord Stream 2 che per prepararsi al prossimo inverno; tuttavia, il 2023 inizierà a mostrare problemi a causa del progressivo decremento di produzione interna, unito alla minore disponibilità di approvvigionamento di GNL per l’Europa.

Fonte: Wood Mackenzie 

La crisi energetica e le conseguenze per l’Italia

L’Europa può soddisfare la domanda di gas per ora, ma le prospettive a lungo termine sono incerte. Analizziamo la situazione in Italia: circa il 46% del gas utilizzato nel nostro Paese arriva dalla Russia e viene utilizzato per produrre circa il 60% dell’elettricità.

Le conseguenze di questa dipendenza le abbiamo già sentite chiare e forti con l’impennata dei costi che ha interessato le ultime bollette e la chiusura di diverse attività proprio a causa di questi aumenti; costi che, con l’aggravarsi della situazione russo-ucraina, segnano ulteriori rialzi, con il prezzo del metano sul mercato di Amsterdam, benchmark per l’Europa continentale, che ha raggiunto 125 euro al MWh.

Incremento spesa energetica dal 2013 ad oggi
Condizioni economiche di fornitura per una famiglia con 3 kW di potenza impegnata e 2.700 kWh di consumo annuo in c€/kWh – Fonte: Arera

Come dichiarato dal Presidente Draghi nel corso dell’informativa alla Camera dei Deputati di stamane, le sanzioni approvate, quelle che potrebbero essere approvare in futuro e la situazione già sperimentata a causa degli aumenti di prezzo, portano inevitabilmente a dover fare delle considerazioni riguardo all’impatto sull’economia nazionale e agli accordi stretti fino ad ora.

Si fa sentire l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le fonti di energia e i fornitori negli ultimi decenni e si deve rimediare a tale imprudenza in maniera tempestiva per evitare il rischio di crisi future.

Il possibile contraccolpo delle sanzioni
Fonte ISPI

Il Governo continua a monitorare costantemente i flussi di gas e, nonostante abbia dichiarato che gli stoccaggi italiani avevano raggiunto il 90% del livello di riempimento alla fine del mese di ottobre, a differenza di altri Paesi europei il cui livello si aggirava attorno al 75%, nel mese di febbraio hanno già raggiunto il livello che hanno generalmente a fine marzo.

Tuttavia, la fine della stagione fredda spinge ad avere un punto di vista più ottimistico, ma la questione rimane: è necessario intervenire per migliorare ulteriormente la capacità di stoccaggio per i prossimi anni, ottimizzare la rete di infrastrutture per il trasporto e la trasformazione del gas importato e attuare forti misure per l’adozione di forniture energetiche alternative.

Draghi ha, inoltre, dichiarato che potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell’immediato, e puntare sull’incremento della produzione di gas in loco; una decisione poco felice, ma ragionevole dal momento che l’Italia, purtroppo, non è attualmente pronta ad appoggiarsi sulle rinnovabili per coprire le carenze causate dalla crisi. Il Presidente ha, infatti, dichiarato che “il gas resta essenziale come combustibile di transizione. Dobbiamo rafforzare il corridoio sud, migliorare la nostra capacità di rigassificazione e aumentare la produzione nazionale a scapito delle importazioni. Perché il gas prodotto nel proprio Paese è più gestibile e può essere meno caro.”

Il ministro della transizione ecologica Roberto CingolaniLa necessità di accelerare la transizione alle rinnovabili è stata ribadita ancora una volta dal ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani nel corso del Question Time della Camera con queste parole: “Sarà imprescindibile continuare ad accelerare ulteriormente lo sviluppo di fonti rinnovabili. Tramite questo l’Italia potrebbe contenere l’impatto sui prezzi ma anche avvantaggiarsi in competitività rispetto ad altri paesi europei”.

E ha poi aggiunto: “In parallelo data l’inevitabilità del gas come combustibile di transizione dei prossimi anni si dovranno esplorare tutte le opportunità per diversificare ulteriormente il mix dei paesi di approvvigionamento incluso il rafforzamento del Corridoio Sud, oltre che l’incremento di produzione nazionale. Il mio algoritmo è semplicissimo: se tengo il gas totale costante e quindi ho lo stesso impatto ambientale e nel tempo questo dovrà diminuire, come previsto dagli accordi di Parigi, meglio che ne produca in casa mia che ne importi, almeno è più gestibile”; concludendo con parole che ci lasciano un interrogativo: “Per il futuro, quindi, per l’Italia “un energy mix monocromatico” non sarà sufficiente”.

Sarà forse arrivato il momento di iniziare a pensare alla possibilità di affiancare alle rinnovabili l’uso del nucleare in futuro?

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