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I lavori previsti dai piani casa regionali non hanno diritto alle detrazioni fiscali del 36% (ristrutturazioni) e del 55% (risparmio energetico). Lo ha ribadito la risoluzione delle Entrate n. 4 del 4 gennaio 2011, confermando una lettura restrittiva già emersa nei mesi scorsi, che si è attirata tra l'altro le critiche di quanti vedevano nel piano casa un'occasione di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, come la Finco, sigla che rappresenta l'industria delle costruzioni.Al di là delle valutazioni di merito, l'orientamento dell'amministrazione impone ai proprietari, ai progettisti e ai commercialisti un difficile esercizio di inquadramento delle opere: nella pratica, infatti, è frequente che i lavori di ampliamento siano abbinati a interventi di ristrutturazione dell'edificio preesistente, ai quali a volte si accompagnano anche lavori per il risparmio energetico. La risoluzione 4/E/2011 precisa che, in caso di ampliamento, non spetta nessuna detrazione fiscale. L'affermazione contraddice in parte quanto riportato nelle Guide fiscali alle ristrutturazioni, in cui alla voce «ampliamento dei locali» si diceva «demolizione e/o costruzione ampliando volumetrie esistenti: detraibile, purché non sia un nuovo appartamento».Il più recente orientamento della risoluzione, invece, è che l'ampliamento non può ottenere vantaggi: sia nel caso in cui l'edificio sia interamente demolito e ricostruito (perché a quel punto è considerato interamente nuova costruzione), sia nel caso in cui si tratti di una semplice "aggiunta" a un immobile la cui struttura resta inalterata. In caso però di opere che, contemporaneamente, prevedano la ristrutturazione dei locali esistenti e l'ampliamento, «la detrazione compete solo per le spese riferibili alla parte esistente».Immaginare situazioni concrete non è difficile. Anche nel caso di una nuova veranda vetrata su un terrazzo o della creazione di un locale laterale a una villetta è probabile che qualche opera sull'esistente si debba comunque fare. Per esempio, l'apertura di porte, o porte-finestre nei muri della casa per collegarsi alla veranda o al nuovo locale. Poi il prolungamento dell'impianto idrico, elettrico e di riscaldamento e/o condizionamento a servizio dei nuovi volumi, magari ponendo tubazioni o cavi sotto traccia nei muri o sotto i pavimenti dei locali che ci sono già. In casi del genere, non si può dire con certezza che la detrazione spetta. Anche nel caso in cui la ristrutturazione coinvolga chiaramente l'edificio esistente, potrebbe non essere semplice calcolare la percentuale della detrazione spettante. La risoluzione 4/E/2011 non ne fa direttamente cenno, ma richiama nel testo la circolare n. 39 del 1° luglio 2010 che recita: «Ai fini della individuazione della quota di spesa detraibile come precisato nella circolare 23 aprile 2010, n. 21/E, si dovrà utilizzare un criterio di ripartizione proporzionale basato sulle quote millesimali».In realtà, questo metodo non è affatto pratico da applicare. Innanzitutto perché gli ampliamenti possono avvenire anche in case singole, in cui i millesimi non esistono. Poi perché, anche in condominio, non è immediato individuare i millesimi da applicare. Quelli di proprietà? Quelli relativi ai millesimi-calore (quando si interviene sull'impianto termico)? E come si calcola la detrazione spettante se l'incremento dei millesimi non è stato determinato, o pende un ricorso in giudizio a questo proposito?La soluzione corretta è l'imputazione delle spese alle diverse tipologie di lavori, ma è evidente che in sede di controlli sarà complesso per gli uffici verificare – senza ricorrere a ispezioni e al supporto di tecnici – se il contribuente ha "esagerato" nell'interpretare le norme a proprio favore.Un espediente – per quanto impreciso – potrebbe essere quello di partire dalla percentuale di ampliamento volumetrico, che deve essere indicata dal proprietario nelle pratiche edilizie depositate in Comune. Ma questo metodo, ovviamente, può funzionare solo se le spese sono uniformemente distribuite su tutto l'edificio: altrimenti, si rischia di beneficiare della detrazione per una quota più ampia di quella spettante, sottostimando il peso dell'ampliamento sulla spesa complessiva.Lo stesso problema si pone anche per determinare la percentuale degli oneri di urbanizzazione che va imputata all'incremento volumetrico e quale invece a lavori di ristrutturazione, in quanto è improbabile che i comuni differenzino, con due diverse richieste di pagamento, gli oneri relativi. Fonte www.ilsole24ore.com Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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