La rigenerazione delle aree urbane parte dalla valorizzazione sociale delle periferie

Al centro di REbuild 2019 le comunità, le economie di scala e la sfida delle città verdi. L’obiettivo principale è giungere a proporre un Piano nazionale di edilizia industrializzata per la rigenerazione delle zone più marginali. Nel pacchetto dovrebbero entrare le migliori pratiche affinché possano essere replicate. E Milano diventa un laboratorio ‘senza pareti’ dove per esempio ci sono posti come il quartiere Ripamonti che è rinato grazie al dialogo tra il Comune e alcuni privati come Fondazione Prada, il business district Symbiosis, il coworking di Talent Garden

a cura di Tommaso Tetro

Rebuild 2019 a Milano

La rigenerazione delle aree urbane, con un occhio di riguardo per la riqualificazione delle periferie che, di solito, hanno bisogno di una valorizzazione sociale oltre che architettonica. Ed è così che entrano allora in gioco concetti come un approccio nuovo al “real estate”, la sfida delle città ‘verdi’, il digital design per offrire maggiore ambizione al processo, i quartieri ‘mix-used’ e gli spazi ibridi. E’ questa serie di anime che si trovano al cuore di ‘REbuild 2019’, l’iniziativa sull’edilizia sostenibile e sull’innovazione nelle costruzioni, quest’anno ospitato a Milano il 26 e 27 giugno.

Si tratta di un vero e proprio laboratorio ‘senza pareti’ che prova a miscelare diverse piattaforme partendo dal ruolo attivo delle comunità, dall’economie di scala, e anche dalla possibilità di una ritrovata partnership tra pubblico e privato. “Nella manifestazione di quest’anno – ha osservato Thomas Miorin, ideatore e presidente di REbuild – affianchiamo al filone dell’economia circolare e della diminuzione delle emissioni di CO2 la dimensione sociale e culturale. Solo incrociando questi aspetti nella loro complementarietà si può, a nostro avviso, creare valore e inclusione, rendendo disponibile l’innovazione anche per le periferie”.

Thomas Miorin - Rebuild

Thomas Miorin – ©Jacopo Salvi

L’interrogativo che si pone REbuild è legato alla domanda su come si ricostruiscano le città per ‘domani’; una delle risposte, probabilmente quella che sottende a tutte le altre, è che gli ingredienti principali devono essere il ruolo dei cittadini e dei corpi intermedi, per una rigenerazione che sia anche verticale ma partendo dal basso. Ricordando che naturalmente le riqualificazioni delle città passano da edilizia, innovazione e inclusività.

Piano nazionale di edilizia per la rigenerazione 

L’obiettivo principale è giungere a proporre un Piano nazionale di edilizia industrializzata per la rigenerazione delle zone più marginali delle città. Nel pacchetto dovrebbero entrare le migliori pratiche e le esperienze di successo affinché possano essere replicate. Di per sé il caso virtuoso di Milano – che grazie a capitali italiani e internazionali ha cambiato volto e si appresta ad accelerare il suo sviluppo grazie all’assegnazione delle Olimpiadi invernali 2026 insieme con Cortina – può rappresentare un modello anche per le altre città italiane.

Ed è proprio il quartiere Ripamonti di Milano, che ha ospitato l’evento, a diventare uno degli esempi da seguire: “Anni fa era una zona abbandonata e degradata – ha messo in evidenza Miorin – mentre oggi è rinata, grazie al processo avviato da privati che hanno realizzato progetti in dialogo con il Comune meneghino, come Fondazione Prada, il business district Symbiosis, il coworking di Talent Garden. Interventi in cui la cultura, l’arte, la ricerca, l’artigianato e il design sono riusciti a mettere in gioco un percorso condiviso di rigenerazione”.

Fondazione Prada, Milano

Fondazione Prada – ©Jacopo Salvi

A REbuild è stato anche messo a fuoco, grazie a un rapporto ad hoc fatto in collaborazione con CBRE e GBCI, quanto gli investimenti ‘verdi’ possano portare benefici per lo sviluppo immobiliare: “L’analisi – ha affermato Miorin – ci ha confermato che la certificazione LEED aumenta il valore dell’asset dal 7 all’11%”. Per dare ancora più valore alla tesi secondo cui “la sostenibilità non è un extra costo ma un modo diverso di pensare allo sviluppo, abbiamo voluto promuovere una nuova ricerca” sugli edifici che vengono dal settore terziario, che più facilmente dovrebbe essere in grado di anticipare i tempi.

Si sono così prese in considerazione, a Milano, 20 operazioni realizzate per poco meno di 400mila metri quadrati di superficie. I casi sono stati classificati per tipo di progetto (nuova costruzione e ristrutturazione), per localizzazione (il centro degli affari di Milano, il nuovo polo di Porta Nuova e le altre aree emergenti dello sviluppo terziario) e per la presenza o meno della certificazione LEED.

Dalle elaborazioni non emergono “scarti statisticamente significativi tra i costi degli investimenti green e quelli non green”, tanto da poter dire che “quando la progettazione internalizza la dimensione ambientale sin dall’inizio dello sviluppo immobiliare, i costi di costruzione possono essere considerati sostanzialmente analoghi tra immobili certificati ed edifici che non lo sono”. Ma mettendo insieme anche i dati di ricavo, di costo e di assorbimento da parte del mercato si evidenzia una differenza positiva di redditività degli investimenti ‘verdi’ rispetto agli investimenti tradizionali.

“La capacità delle città di essere competitive – ha dichiarato Silvia Rovere, presidente di Assoimmobiliare – è strettamente legata ad una delle grandi sfide per il nostro Paese: la creazione di nuovo prodotto immobiliare attraverso la rigenerazione urbana, rispondendo ai bisogni dei cittadini. Assoimmobiliare ha presentato già da tempo una proposta normativa per favorire gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia, introducendo una serie di possibili incentivi che possano consentire un adeguato ritorno economico per gli investitori istituzionali”.

Questa edizione di REbuild è servita anche per raccontare storie vere che hanno già prodotto dei risultati e che, pur essendo presente, vivono già con un piede nel futuro. Tra le tante storie quelle del Talent Garden, del The Student Hotel, del Camplus We Work, il ruolo di Cdp e Fondazione Cariplo, il progetto di architettura con Antonio Citterio Patricia Viel, Marco Piva, SUMs architects e GG-loop, il progetto Powerhouse e l’hotel Svart che sarà pronto nel 2021.

“La rigenerazione urbana – ha osservato Stefano Venturi, vicepresidente di Assolombarda –è un fattore fondamentale per garantire la competitività di Milano con le altre città emergenti nel mondo”. E da un’analisi realizzata proprio da Assolombarda, con la collaborazione scientifica dell’università Iuav di Venezia, emerge come “i nuovi processi produttivi collegati alle tecnologie digitali siano un’opportunità̀ per abbassare i costi, incrementare l’efficienza e la produttività, ridurre i tempi di realizzazione del nuovo prodotto”.

I punti cardine sono quattro: l’urbanizzazione, con ricadute su investimenti e attività economiche; il cambiamento climatico tenendo conto della responsabilità che hanno i territori e il patrimonio costruito; i trend sociodemografici che impattano sulla città; l’innovazione tecnologica e come il digitale incide sui cambiamenti degli stili di vita.

Diventa necessario, seguendo quest’ottica, “una forte regia pubblica che guidi l’intervento – ha spiegato Ezio Micelli, presidente Advisory board di REbuild – assicurando adeguate economie di scala per determinare un cambiamento decisivo nelle costruzioni”; a questo bisogna poi pensare di aggiungere forme cucite su misura di accordi tra il pubblico e il privato.  E per esempio sempre il laboratorio Milano ha creato ‘La Scuola dei Quartieri’, che invita i cittadini a trasformare le proprie idee in imprese sociali o servizi utili; oppure il bando del Comune per la riqualificazione di due scuole (disponibile sulla piattaforma ‘Concorrimi’ dell’ordine degli architetti di Milano). “La direzione è giusta, nel solco delle riflessioni che stiamo portando avanti da anni – ha commentato ancora Miorin – perché si premia l’edilizia circolare. Una buona pratica che dovrebbe essere replicata, mettendo in gioco risorse immobiliari, come ha fatto recentemente il Regno Unito stanziando per la sola edilizia scolastica 4 miliardi in 4 anni, avviando un Programma di industrializzazione dedicato”.

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