L’uso della canapa per un’edilizia più green

L’Anab, Associazione Nazionale Architettura Bioecologica, durante il Klimahouse in un convegno ha sottolineato i vantaggi ambientali e costruttivi dell’utilizzo della canapa, per esempio per eseguire mattoni, in realtà una tecnica di antiche radici. “Un suo utilizzo permette di risparmiare il 90% di acqua rispetto a quella necessaria nel caso del cemento e poco meno di un terzo di energia” spiega Erich Trevisiol, docente di Progettazione sostenibile all’università IUAV di Venezia e moderatore del convegno organizzato da ANAB al Klimahouse di Bolzano. “In più – aggiunge Trevisiol – usare la canapa vuol dire poterla coltivare e produrre davanti al cantiere, in modo da poter avere la materia prima davvero a chilometro zero”. Un approccio non più procrastinabile, visto che il settore delle costruzioni incide per il 40% sui consumi di energia, per il 30% sull’uso di risorse naturali e sulla produzione di rifiuti, per il 20% sul consumo d’acqua ed è causa del 40% delle emissioni di anidride carbonica. Dati che fanno comprendere meglio il concetto alla base della neoedilizia: “Ormai, viste le tecniche costruttive che abbiano già a disposizione, per poter essere davvero sostenibile, l’edilizia deve preoccuparsi del nesso esistente tra acqua, energia e cibo, puntando quindi a ridurre quanto più possibile il consumo di questi tre fattori”, spiega Trevisiol.
Una approccio rivoluzionario per il settore delle costruzioni. Ma mentre la ricerca va avanti, a far da freno, paradossalmente c’è, sottolinea l’Anab, lo scarso aggiornamento di architetti, ingegneri e operai edili. “Se non entriamo nella testa dei progettisti, i clienti non arriveranno mai a sapere che esiste la possibilità di costruire in modo diverso e con maggiori vantaggi ambientali ed economici”, ammette Trevisiol. Una ritrosia che non è (più) giustificabile con un aumento dei costi di costruzione, che di anno in anno sono diminuiti, fino ad essere assolutamente comparabili con quelli dell’edilizia tradizionale. “Dieci anni fa era attorno al 15%. Oggi il differenziale è a zero” conferma Trevisiol.
A ciò si aggiunge la normativa italiana, spesso poco attenta a stimolare la diffusione di soluzioni a basso impatto. Con l’ulteriore paradosso che, essendo la normativa sull’edilizia demandata agli enti locali, a pochi chilometri di distanza convivono eccellenze e norme più arretrate. “L’Italia è a macchia di leopardo. Ogni Regione ha le sue norme. Addirittura i nuovi materiali non trovano spazio nei prezziari di molte realtà locali. È difficile pure insegnare le normative all’università. Una situazione di arretratezza che dobbiamo sconfiggere, perché se non puntiamo con decisione su questi nuovi tipi di produzioni non usciremo mai dalla crisi”.

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