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La Corte Costituzionale ha bocciato parzialmente, nei giorni scorsi, la legge della Regione Puglia in materia di installazione di impianti di energia da fonti rinnovabili. La norma appare viziata da illegittimità costituzionale nella parte che vieta la realizzazione di impianti fotovoltaici in alcune aree del territorio regionale, e precisamente nelle zone agricole considerate di particolare pregio (anche individuate dai Comuni con delibera consiliare), nei siti della Rete Natura 2000 (luoghi di importanza comunitaria e zone di protezione speciale), nelle aree protette nazionali e in quelle regionali, nelle oasi regionali e nelle zone umide tutelate a livello internazionale. “Pur non trascurandosi la rilevanza che, in relazione agli impianti che utilizzano fonti rinnovabili, riveste la tutela dell’ambiente e del paesaggio, occorre riconoscere prevalente risalto al profilo afferente alla gestione delle fonti energetiche in vista di un efficiente approvvigionamento presso i diversi ambiti territoriali” scrive la Consulta che sottolinea: “Diversamente, l’adozione, da parte delle Regioni, nelle more dell’approvazione delle linee guida, di una disciplina come quella oggetto di censura provoca l’impossibilità di realizzare impianti alimentati da energie rinnovabili in un determinato territorio, dal momento che l’emanazione delle linee guida nazionali per il corretto inserimento nel paesaggio di tali impianti è da ritenersi espressione della competenza statale di natura esclusiva in materia di tutela dell’ambiente”. L’assenza delle linee guida nazionali non consente, dunque, alle Regioni di provvedere autonomamente alla individuazione di criteri per il corretto inserimento degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa. Ma la Consulta ha dichiarato illegittima anche un’altra previsione inserita nella legge pugliese in materia di energie alternative e in particolare la norma che sancisce la necessità della Dia (dichiarazione di inizio attività) anche per potenze elettriche nominali superiori rispetto a quelle fissate dalla legge nazionale che invece – secondo la Consulta – “possono essere individuate solo con decreto del ministro dello Sviluppo economico, di concerto con il ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata, senza che la Regione possa provvedervi autonomamente”. Non è in contrasto con la legge, né violerebbe prerogative statali la norma della regione in materia di compensazioni ambientali connesse all’installazioni di impianti ad energia rinnovabile dal momento – scrive la Consulta – “che la norma regionale non preclude il rilascio di autorizzazioni per l’installazione e l’esercizio di impianti da energie rinnovabili ad operatori non industriali, ma stabilisce semplicemente, ai fini del riequilibrio ambientale, che, ove il proponente sia operatore industriale, l’accordo pre-autorizzativo possa prevedere una compensazione, nel senso della diminuzione delle quantità delle emissioni inquinanti delle industrie di cui l’operatore stesso è titolare”. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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