L’occasione persa dell’Europa per lo sviluppo delle rinnovabili

Tradito dal pacchetto energia approvato dal Consiglio Europeo l’invito del Parlamento europeo di aumentare l’obiettivo rinnovabili al 2030 al 35%.

Adottato dal consiglio europeo l'accordo sul pacchetto energia

Il 18 dicembre il Consiglio europeo ha adottato l’accordo preliminare sulla riforma del pacchetto energia, “Clean Energy for All Europeans” per la promozione delle energie rinnovabili.

Purtroppo i ministri dell’energia non hanno dato seguito alla proposta della Commissioni Industria (ITRE) e Ambiente (ENVI) del parlamento europeo di aumentare l’obiettivo al 2030 al 35% di energie rinnovabili nei consumi finali di energia, confermando l’obiettivo vincolante precedentemente fissato pari ad almeno il 27% di energie rinnovabili rispetto al consumo totale di energia.

Al ribasso dunque anche il target proposto dalla Commissione europea di puntare al 30% di rinnovabili.

Il Pacchetto Ue prevede inoltre che vengano mantenuti i sussidi alle centrali elettriche a carbone fino al 2030 per quelle esistenti e al 2025 per i nuovi impianti, anche nel caso in cui non rispettino il limite di 550 g di CO2 / kWh chiesto da Bruxelles.

Gli stati dell’Unione dovranno ora presentare piani nazionali clima-energia ogni dieci anni, con il primo per il periodo 2021-2030. Nei prossimi anni sono previsti tre obiettivi per assicurare il raggiungimento del target del 27%: si richiede il 24% dell’obiettivo nel 2023, il 40% nel 2025 e il 60% nel 2027.

Per quanto riguarda il riscaldamento e il raffrescamento, ogni stato dovrà adottare precise misure, tenendo conto delle differenze tra i vari paesi, per garantire un aumento annuo della quota di energia rinnovabile di un punto percentuale indicativo. 

Nel settore dei trasporti, l’obiettivo in materia di energie rinnovabili per il 2030 è fissato al 14% per ciascuno Stato membro, con un sotto-obiettivo del 3% di “biocarburanti avanzati”, per i quali è previsto un primo dell’1% per il 2025 in modo da ottimizzare la sicurezza degli investimenti e assicurare la disponibilità di carburanti.

L’attuale limite al 7% per i biocarburanti di prima generazione viene mantenuto per garantire certezza agli investitori. Se uno Stato membro fissa un limite inferiore, sarà ricompensato con la possibilità di ridurre il proprio obiettivo generale per le energie rinnovabili nel settore dei trasporti.

Sono previsti  bonus per l’uso di elettricità rinnovabile nel trasporto stradale e ferroviario.

Tra le prime reazioni registriamo il commento molto critico di Greenpeace che sottolinea che i ministri dell’Ambiente hanno privilegiato i combustibili fossili a scapito delle rinnovabili, confermando “discutibili incentivi per le fonti fossili, decidendo di finanziare anche alcune tra le più inquinanti centrali a carbone del Continente”.

Aver mantenuto l’obiettivo rinnovabili al 27% è un grave errore perché si tratta di un target troppo basso per permettere il raggiungimento degli accordi di Parigi.

Greenpeace evidenzia inoltre che non è stata sufficientemente sostenuta la proposta della Commissione Europea relativa al diritto delle persone a creare cooperative di energie rinnovabili nelle loro comunità, con la possibilità di produrre e vendere la propria energia da fonti rinnovabili.

Secondo Greenpeace l’Italia in questa partita ha giocato un ruolo molto marginale. Pur infatti avendo approvato nella SEN  l’abbandono del carbone da parte del nostro paese entro il 2025, il ministro Calenda, assente a Bruxelles, “ha appoggiato tutte le richieste delle grandi aziende legate all’uso di carbone, petrolio e gas, boicottando completamente l’idea di supportare la produzione rinnovabile per i cittadini, le cooperative e i comuni”.

A questo punto il Parlamento europeo dovrebbe finalizzare la propria posizione sulla direttiva sulle energie rinnovabili in un voto in plenaria previsto per la seconda metà di gennaio. Il Consiglio è pronto ad avviare i negoziati subito dopo.

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