Solar Energy Report: il futuro del fotovoltaico passa dall’autoconsumo

La nuova era del fotovoltaico verso la grid paritiy: l’approccio della filiera verso l’autoconsumo, normativa di riferimento, situazione globale, europea e italiana. Per il nostro paese per il 2014 si può stimare un mercato di 1GW, le opportunità dell’internazionalizzazione

La sesta edizione del Solar Energy Report arriva in un anno di snodo per il fotovoltaico italiano che ha visto la fine del sistema di incentivi e il necessario emergere di un mercato in gridparity. In questo anno di svolta abbiamo deciso di adottare un nuovo formato “executive” più compatto e facilmente consultabile, da poter tenere sempre pronto sulla propria scrivania.

La ricerca è stata condotta utilizzando approcci metodologici diversi, ancorché interrelati e complementari tra di loro: dall’analisi della letteratura all’analisi della normativa, dal confronto con ricercatori, professori universitari e operatori del settore, articolato su oltre 100 interviste, all’analisi comparativa di rapporti di ricerca e studi di settore italiani e internazionali, dal censimento e dalla raccolta di informazioni anagrafiche ed economiche di circa 800 imprese operanti nei diversi stadi delle filiere industriali delle rinnovabili, fino alla realizzazione di oltre 35 casi di studio su un campione rappresentativo di imprese selezionate tra quelle incluse nel censimento.

Il Report è stato suddiviso in 6 capitoli. Senza pretesa di completezza, nel seguito, si passeranno in rassegna i diversi temi trattati, riassumendone i principali risultati.

La tecnologia

Continua – anche se in maniera meno marcata rispetto al 2012 – la riduzione del costo chiavi in mano degli impianti sul mercato italiano, con variazioni comprese tra il 12% nel segmento residenziale (<20kW), e il 18% del segmento delle centrali (>1MW). Tale trend tiene conto dell’effetto combinato di tre principali fattori: i) l’effetto «inventory», legato a moduli e altri componenti accumulati nei magazzini della filiera di distribuzione e soggetti – almeno in parte – a fenomeni di «saldo»; ii) la riduzione del costo delle componenti «inverter» e «progettazione e installazione», che hanno seguito il trend già mostrato nel 2012 arrivando a pesare complessivamente per un valore compreso tra il 31% – nel caso dei grandi impianti – e il 48% nel caso delle taglie residenziali; iii) la sostanziale stabilità nel prezzo di acquisto della componente «moduli», per quanto riguarda i nuovi prodotti immessi sul mercato nel corso del 2013.

La complessiva stabilità nel prezzo di acquisto della componente moduli può nel complesso essere ascritta a due fattori: l’effetto diretto delle misure anti-dumping adottate a livello comunitario fin da Marzo 2013 attraverso la definizione dei dazi provvisori su moduli di provenienza cinese e confermate a Dicembre 2013 per valori compresi tra il 3,5 e l’11,5% del prezzo di importazione stesso dei moduli; lacontrazione del mercato europeo nel corso del 2013 (-42% circa, da 17,5 GW nel 2012 a 10,2 GW nel 2013), che ha reso meno rilevanti le importazioni di prodotti di provenienza asiatica, contribuendo a ridurre l’incidenza di questi ultimi sulla formazione del prezzo medio rilevato.

Guardando più nello specifico si registra tuttavia un diverso andamento per le differenti tecnologie: un incremento del prezzo medio (tra l’8 e il 9% su base annua) delle tecnologie al silicio mono e poli-cristallino sul mercato «spot» europeo; una sostanziale stabilità del prezzo dei moduli CdTe; una contrazione del 7% su base annua della tecnologia al silicio amorfo. I prodotti di provenienza Europea/Statunitense e Giapponese hanno mostrato una riduzione nel prezzo medio compresa tra il 12 e il 15% su base annua, ben più contenuta rispetto agli anni passati (-26% su nel 2012 e -38% nel 2011, mentre è addirittura salito del 10% su base annua il prezzo dei prodotti al silicio mono e poli-cristallino «made in China», per i citati effetti dell’anti-dumping.

Nonostante l’andamento dei prezzi, i livelli medi di marginalità dei produttori italiani di moduli rimangono negativi, a causa delle difficoltà incontrate nel ridurre ulteriormente i costi di produzione. In particolare, per i moduli al silicio risulta difficile raggiungere nuovamente valori di marginalità sostenibili o almeno paragonabili ai valori del 2010, ma va un po’ meglio nel caso dei moduli CdTee a-Si che hanno visto scendere il costo di produzione grazie alla maggiore efficienza di conversione dei moduli prodotti (in alcuni casi superiore al 12%) resa possibile dai risultati ottenuti in termini di R&D nel corso del 2012.

Il trend prospettico atteso per il prezzo dei moduli sul mercato europeo fino al 2020 prefigura una riduzione su base annua rispetto ai valori correnti compresa nel range 2% (nei primi anni) -8% (a partire dal 2016), decisamente più contenuta rispetto ai -26% del 2012 e -40% del 2011. Pare quindi ragionevole ipotizzare valori al 2020 sotto la soglia dei 50c€/Wp nel caso dei moduli al silicio e prossimi ai 40c€/Wp nel caso del film sottile.

Tali previsioni si ancorano a tre principali fattori: i) l’aumento della domanda globale con un mercato annuo complessivo previsto in crescita da 41 GW nel 2014 a 73 GW nel 2020; ii)la definitiva uscita dalla condizione di «over-supply» per le fasi a monte della filiera dovuta anche al fenomeno di consolidamento del settore; iii) la minore incidenza sul mercato europeo dei moduli di provenienza cinese causato dall’effetto indiretto di misure di compensazione «anti-dumping» e dal minor ricorso a politiche aggressive di prezzo da parte di operatori asiatici sui mercati internazionali a seguito della crescita del mercato interno.

Una parte dell’analisi si è poi concentrata sui sistemi di storage, per i quali coerentemente con gli annunci già effettuati nel 2012,nel 2013 si è riscontrato un effettivo incremento dell’offerta, trainato dalle riduzioni dei costi e dall’incremento delle performance.

In particolare, si sono registrati importanti riduzioni dei costi nelle tecnologie di storage elettrochimico (soprattutto in riferimento alle batterie al Piombo Acido) che rappresentano la soluzione più adatta alle applicazioni destinate al mercato residenziale e piccolo commerciale (< 20 kWp) e che presentano una capacità di storage variabile tra i 2,5 e i 15kWh. Tali riduzioni sono da inputarsi sia all’ottimizzazione delle tipologie di batterie e relativi sistemi di controllo, che all’ingresso sul mercato italiano – ancora embrionale – di diversi player internazionali che contribuiscono ad incrementare il livello di competizione sui parametri costi/performance.

Valutando il «costo al kWh risparmiato», definito come rapporto tra il costo di investimento nella tecnologia di storage e il totale dell’energia che può essere accumulata nel corso della vita utile complessiva della stessa, risulta evidente come sia la tecnologia al Piombo Acido che quella al Litio si stiano avvicinando (pur con forti range di variazione derivanti dalla diversa combinazione di costo/performance) alla soglia di convenienza, convenzionalmente fissata pari al prezzo di acquisto dell’energia elettrica dalla rete.

La normativa

Nel corso del 2013, oltre ad essersi esaurito il sistema incentivante del Conto Energia, si sono registrate una serie di novità importanti relative al sistema normativo, regolatorio e fiscale.

Il DCO 613/2013/R/EEL (che rappresenta il documento di riferimento – in attesa della Delibera definitiva che sarà approvata orientativamente entro la prima metà del 2014 – per gli orientamenti dell’AEEG in merito all’installazione di sistemi di storage) definisce in particolare tre punti: i) un sistema di storage è un «gruppo di generazione indipendente» o una «sotto sezione di impianto» che, a seguito dell’installazione del sistema di storage stesso, assume in ogni caso la configurazione di «impianto di produzione programmabile»; ii) per i prelievi di energia effettuati da sistemi di storage valgono le stesse condizioni tariffarie normalmente riconosciute per le unità di immissione e prelievo dalla rete pubblica; iii) i prelievi effettuati da sistemi di storage situati a valle di punti di connessione in cui questi rappresentano le sole utenze asservite, non sono assoggettati alle componenti tariffarie UC, MCT, A e trasmissione e distribuzione.

Il DCO 613/2013/R/EEL fornisce inoltre una serie di orientamenti in merito alla compatibilità dell’installazione di sistemi di storage con impianti fotovoltaici incentivati, volti a definire il quadro di riferimento sia per le nuove installazioni, sia per quelle in retrofit. In generale, la compatibilità con gli incentivi viene riconosciuta per impianti fotovoltaici che accedono ai diversi sistemi di incentivazione, ad eccezione di impianti fotovoltaici fino a 20 kW in Scambio sul Posto in Primo Conto Energia.Vengono però fissate delle «condizioni» per l’installazione di sistemi di storage in abbinamento a impianti fotovoltaici on-grid incentivati.

L’attuale impianto normativo relativo ai sistemi di storage tuttavia, non può ancora considerarsi definitivo dato che l’AEEG dovrà procedere alla pubblicazione della Delibera definitiva che potrebbe – almeno in parte – rivedere i principi già contenuti nel DCO e che il GSE, dovrà provvedere a definire le «regole attuative» per gli utilizzi degli accumuli in connessione alla rete. È ragionevole in ogni caso attendersi che il mercato dei sistemi di storage possa divenire un fattore abilitante per il fotovoltaico residenziale in «gridparity», a partire dallo stesso 2015.

La Delibera 578/2013/R/EEL ha colmato i principali vuoti di regolamentazione che fino ad oggi avevano impedito la diffusione dei Sistemi Efficienti di Utenza. Viene confermato il principio della «mono-utenza», escludendo definitivamente «multi-utenze tipo» (quali centri commerciali, porti, stazioni, aeroporti e condomini) dalla possibilità di accesso a questo sistema. Viene confermato il vincolo della «continuità territoriale ininterrotta», che rende dunque imprescindibile, per la fattibilità dello schema, la disponibilità di una superficie adeguata all’installazione di un impianto fotovoltaico opportunamente progettato ed escludendo la possibilità di sfruttamento di spazi in prossimità dell’utenza ma di pertinenza di soggetti terzi. Viene infine riconosciuta l’esenzione dagli oneri generali di sistema («o.g.s.») per l’energia direttamente consumata dall’utenza, limitandone l’incidenza sulla sola energia prelevata dalla rete e preservando dunque il principale vantaggio dei sistemi SEU.

La possibilità di acceso allo Scambio sul Posto – a condizione che il titolare della convenzione sia il cliente – e la garanzia di una tutela sulla riattivazione del punto di connessione in caso di inadempienze dell’utenza titolare, contribuiscono a ridurre il rischio della controparte connesso allo sviluppo dei progetti.

Il modello SEU rappresenta di per sé una grande opportunità di mercato per il fotovoltaico italiano, coniugando aspetti che risultano fondamentali per la sostenibilità degli investimenti come la possibilità di massimizzare l’auto-consumo evitando gli oneri di rete e la possibilità per il cliente finale di vedersi corrisposto un risparmio ad investimento nullo. Tuttavia, rimangono aperte una serie di questioni relative alla possibile revisione normativa futura che, unite all’effetto amplificativo sul rischio dell’unicità del cliente finale, possono andare ad attenuare le valutazioni di «assoluta convenienza» del modello.

La Delibera Aeeg 570/2012/R/efr– pubblicata a Dicembre 2012 – definiva le disposizioni in materia di Scambio sul Posto.Il DCO 488/2013/R/EFR è quindi intervenuto confermando le disposizioni generali della Delibera 570/2012 e definendo il previsto aggiornamento nel computo annuale del contributo in Conto Scambio.

Sulla base dei costi di generazione specifici definiti dall’Autorità per gli impianti fotovoltaici, il DCO 488/2013/R/EFR propone una revisione nelle modalità di calcolo del limite annuale riconosciuto per la restituzione degli «o.g.s.» in base alla quale, per il 2014, gli impianti di potenza compresa tra 20 e 200kWp incentivati in Conto Energia vedrebbero annullata la restituzione degli «o.g.s.», gli impianti di potenza compresa tra 20 e 200kWp non incentivati invece vedrebbero riconosciuta la restituzione degli «o.g.s.» fino ad un valore massimo di 91,12 €/MWh e agli impianti al di sotto dei 20kWp non verrebbero applicate limitazioni nella restituzione degli «o.g.s.».

L’effetto più significativo degli orientamenti contenuti nel DCO488/2013 si avrebbe per gli impianti entrati in esercizio tra il 2011 e il 2012 con il Quarto Conto Energia (circa 22.650 impianti, per una potenza complessiva pari a circa 1,7 GW) per cui si avrebbe una riduzione pari ad 1 punto percentuale di IRR e uno slittamento del tempo di rientro dell’investimento pari a circa 1 anno.

L’effetto differenziale sugli impianti che accedono allo Scambio sul Posto ed incentivati con i precedenti schemi normativi (Secondo e Terzo Conto Energia), risulterebbe invece meno significativo – inferiore allo 0,5% di variazione dell’IRR – in virtù del valore più alto della tariffa incentivante, che rende residuale l’impatto della componente «o.g.s.» sul business plan dell’investimento.

Il regime di Ritiro Dedicato (RID) si pone quale alternativa al normale regime di vendita dell’energia elettrica ed è riservato a impianti di potenza qualsiasi che producano energia elettrica da fonti eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica e a impianti di potenza apparente nominale inferiore a 10 MVA alimentati da fonti non rinnovabili, compresa la produzione non imputabile delle centrali ibride. In questi casi, l’energia elettrica immessa in rete dal singolo impianto viene interamente ritirata dal GSE, che assume il ruolo di controparte del produttore in questa specifica convenzione. Il prezzo di ritiro riconosciuto dal GSE sull’energia immessa in rete è definito dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG), è pari al Prezzo Zonale Orario della specifica zona di immissione ed è corrisposto sulla base del profilo orario di immissione del singolo produttore.

Il Prezzo Minimo Garantito (PMG) è una convenzione riservata ai soggetti che possono accedere al Ritiro Dedicato che prevede un limite inferiore al prezzo di ritiro da parte del GSE dell’energia elettrica immessa annualmente in rete dai produttori, riconosciuto, e aggiornato annualmente, dall’AEEG sul primo e secondo milione di kWh immessi. Possono accedere ai Prezzi Minimi Garantiti gli impianti idroelettrici con potenza nominale media annua fino a 500 kW, gli impianti fotovoltaici fino a 100kW e gli altri impianti a fonte rinnovabile fino a 1 MW. Il valore del Prezzo Minimo Garantito (PMG) si applica secondo il criterio degli scaglioni progressivi di produzione.

La Delibera 618/2013/R/EFR ha introdotto una revisione del valore del Prezzo Minimo Garantito riconosciuto e del volume complessivo di energia elettrica immessa sulla quale viene riconosciuto il PMG.

Il fotovoltaico risulta la fonte che ha maggiormente subito la revisione a causa di quattro principali fattori: i) la riduzione significativa del prezzo minimo di ritiro in €/MWh; ii) l’eliminazione degli scaglioni progressivi di energia elettrica ritirata; iii) la riduzione del tetto massimo di energia annua che può essere ritirata da 2 a 1,5 GWh; iv) la limitazione della convenzione agli impianti fino ai 100 kW, per i quali esiste però la più vantaggiosa convenzione di Scambio Sul Posto.

Per valutare l’effetto della revisione normativa dal punto di vista dell’investitore si è effettuata un’analisi di redditività del singolo impianto, sotto l’ipotesi che l’investimento sia stato realizzato in full-equitye assumendo un tasso di attualizzazione pari al 6%. Si sono valutati impianti fotovoltaici incentivati tramite IVCE, al fine di considerare l’effetto «retroattivo» dell’adeguamento normativo e impianti fotovoltaici in gridparity, considerando le configurazioni impiantistiche che assicurano la sostenibilità (agendo dunque sull’ottimizzazione dell’auto-consumo) al fine di considerare l’effetto dell’adeguamento normativo sul nuovo potenziale di mercato.

 

Per gli impianti incentivati è emerso che: nei segmenti «residenziale» e «commerciale», l’impatto stimato è pari a circa 1 punto percentuale di riduzione nell’IRR dell’investimento e ad 1 anno di aumento nel periodo di rientro dell’investimento (tuttavia in questi casi l’impatto sugli investimenti esistenti risulta limitato, alla luce dell’alternativa dominante dello Scambio sul Posto); nel caso di impianti a terra in regime di «cessione totale» dell’energia, l’effetto è significativamente superiore, con una contrazione della redditività pari a circa 2 punti percentuali di IRR (in questo caso l’impatto può essere considerato «reale» in quanto la convenzione RID+PMG rappresenta sostanzialmente una «prassi» nelle modalità di valorizzazione dell’energia prodotta).

Per gli impianti non incentivati si è verificato che la revisione del meccanismo PMG, comporta una contrazione dell’indice di redditività (IRR) dell’investimento compreso tra lo 0,5 (nel caso di impianti ad elevata percentuale di autoconsumo) e l’1,5% (nel caso di impianti a percentuale di autoconsumo più bassa). In tutti i casi, tuttavia, la revisione comporta una riduzione dell’indice IRR, al di sotto della soglia minima di accettabilità dell’investimento. L’effetto diretto della revisione analizzata, risulta più significativo per il segmento «industriale», rendendo imprescindibile una «ottimizzazione dell’auto-consumo».

Con la circolare N.36/E, l’Agenzia delle Entrate ha risolto il conflitto tra qualifica a fini «catastali» e «fiscali» per gli impianti fotovoltaici. A partire dal 2014, gli impianti fotovoltaici vengono qualificati come «beni immobili» e, in quanto tali, sono soggetti all’imposizione fiscale sulle rendite catastali e sono soggetti alla revisione dell’aliquota annua di ammortamento dell’impianto.

Il complesso dei cambiamenti normativi registratisi nel 2013 ha avuto un forte impatto sull’esistente con i grandi impianti a terra particolarmente colpiti dalla revisione del meccanismo dei Prezzi Minimi Garantitie dalle modifiche nel regime fiscale di riferimento, che renderanno necessarie importanti attività di ottimizzazione degli asset (sia in termini tecnologici che nella gestione operativa) volte a salvaguardare la redditività dei business plan originari, soprattutto nel caso di impianti finanziati (e ancora soggetti al ripagamento del debito). In merito ai segmenti «commerciale» e «industriale», la definizione dello schema SEU prefigura delle buone prospettive di sviluppo per il mercato, nonostante rimangano delle perplessità da parte degli operatori derivanti dalla opzione residua di aggiornamento del computo degli «o.g.s.», la quale potrebbe in futuro essere rivisitata, cosi come accaduto ad esempio per il sistema RID-PMG. Nei segmenti «residenziale» e «commerciale» la conferma del meccanismo dello Scambio Sul Posto per impianti al di sotto dei 200 kW si mantiene come valida alternativa per le nuove installazioni in logica auto-consumo. Infine, nel caso di nuovi investimenti nei segmenti «industriale» e «centrali», l’impatto dei cambiamenti normativi risulta fortemente negativo e tale da rendere più difficile raggiungere la sostenibilità economica degli impianti in grid-parity senza passare per un importante quota di auto-consumo.

Appare evidente, in conclusione, come, in ottica prospettica, il futuro del mercato fotovoltaico italiano passi necessariamente da una logica di auto-consumo.Èrichiesto un nuovo approccio da parte dell’intera filiera industriale del fotovoltaico italiano, in grado di puntare sull’auto-consumo quale driver per rendere sostenibili gli investimenti, assicurando – al contempo – una maggiore protezione dal rischio di eventuali revisioni normative future.

Il mercato

Il mercato annuo a livello globale nel 2013 è cresciuto di circa il 23% rispetto al 2012, passando da poco meno di 30 GW a 37 GW e confermando la crescita a doppia cifra che ormai continua dal 2007.

 

Nel 2013 la Cina ha più che raddoppiato i MW installati, portando dal 16 al 31% la propria quota sul totale e acquisendo così la leadership mondiale in termini di installazioni annue. Leadership che ha invece perso l’Europa, passata – con poco più di 10 GW – dal 59% del 2012 al 28% delle installazioni globali nel 2013. Cresce notevolmente l’importanza del mercato Giapponese (dal 7 al 19% delle installazioni globali), ma sale anche la quota di quello statunitense (dall’11 al 13%). Significativa, infine, anche la crescita degli «Altri mercati», passati dall’8 al 10% delle installazioni globali tra il 2012 e il 2013 grazie in particolare all’India e alla Corea del Sud, ma anche alla Turchia, al Sudafrica, al Cile, alla Thailandia e a Taiwan.

A livello europeo la contrazione del mercato complessivo tra 2012 e 2013 è stata pari al 42%. Perdono terreno in maniera significativa la Germania (che con 3,3 GW passa dal 44 al 32% delle installazioni tra 2012 e 2013 a livello europeo) e l’Italia (dal 20 al 16%). Rimane invece stabile su una quota pari a 1,1 GW annui il Regno Unito, che diviene dunque il terzo Paese per installazioni annue. Importante, infine, la crescita della Romania che – sull’onda degli investimenti esteri effettuati già nel corso del 2012 – registra una crescita della potenza entrata in esercizio del 360%, raggiungendo, a pari merito con il Regno Unito, la terza piazza nell’area Europea nel 2013 e contando per l’11% delle installazioni.

Con riferimento al mercato italiano, la capacità cumulata a fine 2013 è pari a circa 17,9 GW su un totale di oltre 550.000 impianti. Nel corso dell’ultimo anno sono stati connessi 1,45 GW di nuova potenza, dei quali circa il 21% è costituito da impianti non incentivati, valore che appariva irraggiungibile solo qualche mese fa. È presente inoltre – all’atto della stesura del presente Rapporto – un ulteriore contingente di circa 577 MW di impianti già incentivati tramite Conto Energia che dovranno entrare in esercizio entro Maggio 2014, per poter mantenere il diritto acquisito a percepire le specifiche tariffe incentivanti.

Il mercato non incentivato in Italia conta per 305 MW complessivi, dei quali il 67% è concentrato nelle taglie residenziali, il 12,8% circa è rappresentato da impianti nel segmento commerciale, un ulteriore 12,2% è invece ascrivibile al segmento delle centrali solari e il residuo 8% da taglie industriali.

Dall’analisi per singoli segmenti, risulta evidente come il 39% della capacità installata nel corso del 2013 sia ascrivibile al segmento residenziale (≤ 20 kWp). Quest’ultimo risulta caratterizzato inoltre da un’ampia quota (prossima al 36%) di impianti non incentivati, grazie all’efficacia della detrazione fiscale quale strumento di supporto per gli investimenti post-incentivazione.

Nel 2013 il nuovo trend di crescita delle taglie residenziali e industriali già manifestatosi nel 2012 è stato confermato e queste due taglie insieme hanno rappresentato il 61% delle installazioni. Si consolida dunque, il trend di ritorno alle «prime fasi» del mercato fotovoltaico italiano, con impianti di piccole e medie dimensioni a guidare le installazioni grazie all’effetto che le misure di incentivazione «indiretta» – quali le detrazioni fiscali e lo Scambio sul Posto – hanno avuto sulla fattibilità dei business plan, oltre che alla maggiore facilità di ricorrere all’auto-consumo (superiore al 50%).

Più difficile invece, la situazione per il segmento industriale, ovvero di taglia al di sopra dei 200kW, relativamente al quale si registra un contrazione del 47% della quota di mercato, principalmente dovuta al più difficile raggiungimento di alti livelli di auto-consumo, in grado di supplire all’impossibilità di accedere allo Scambio sul Posto. A questo si aggiunge la più difficile bancabilità dei progetti dopo l’esaurimento del regime incentivante.

In aumento, rispetto al 2012, l’incidenza percentuale del segmento delle centrali solari (> 1MW), principalmente dovuto a due fattori: la «lunga coda» degli impianti incentivati tramite i Registri IV e V Conto Energia che avevano come termine ultimo per l’entrata in esercizio i primi mesi del 2014 e che contano per l’85% del mercato ascrivibile a questo segmento nel corso del 2013 e l’entrata in esercizio di impianti esclusi dai Registri che, solo in riferimento alle graduatorie del V Conto Energia, contavano complessivamente per circa 21MW nel caso del primo Registro 2012 e per 14 MW nel secondo Registro 2013.

Analizzando l’andamento annuale delle installazioni nel segmento residenziale si nota come questo costituisca il vero «zoccolo duro» del mercato italiano con una potenza installata nel 2013 comunque superiore a quella del 2010, nonostante l’incentivazione per il 2013 abbia riguardato solo sei mesi effettivi. La potenza installata nel mercato residenziale, pur in diminuzione negli ultimi due anni (con una media del -18% annuo), si è mantenuta molto più stabile di quella installata complessivamente in Italia ( -61% medio all’anno) grazie al buon funzionamento del meccanismo della detrazione fiscale che si è mostrato in grado di supportare il segmento residenziale post-incentivazione (con un effetto paragonabile a quello del l’incentivazione diretta con il V Conto Energia).

È possibile stimare per il 2014, un mercato nell’ordine di 1 GW. Circa il 50% del mercato sarà costituito da impianti di taglia residenziale, il cui ritmo di installazione potrà mantenersi sui livelli della seconda metà del 2013 grazie all’effetto delle detrazioni fiscali al 50% su tutto l’anno in corso e al rafforzamento dello sforzo commerciale degli operatori per intercettare il segmento residenziale. Circa il 40% del mercato sarà invece costituito da impianti commerciali e industriali che punteranno a ottenere quote di auto-consumo prossime all’80% e che verranno aiutati dal ruolo di facilitatore assunto dallo Scambio Sul Posto, che renderà il segmento degli impianti al di sotto dei 200kW ancora prioritario rispetto al totale (pari a circa il 60% del segmento). Infine, un ruolo residuale sarà quello giocato dal mercato delle centrali, costituito principalmente da progetti già sviluppati e che non hanno avuto però accesso all’incentivo.

Nel 2014 il mercato sarà geograficamente ancora più frammentato che nel 2013 a causa della crescente importanza del presidio territoriale, quale leva per raggiungere la fetta di mercato più interessante, che conferirà un ruolo fondamentale alle tante micro-realtà di vendita e installazione operanti sul territorio nazionale, attraverso le quali, tutti gli operatori del settore dovranno passare per veicolare i rispettivi prodotti e servizi.

Rimarrà tuttavia interessante lo spazio di sviluppo di nuovi impianti nelle taglie commerciali e industriali, soprattutto a valle della potenziale diffusione dei modelli SEU. In questo caso giocheranno un ruolo chiave gli EPC e i System Integrator che dovranno però saper ottimizzare gli impianti in modo da massimizzare l’auto-consumo.

Per il periodo 2015-2020, è possibile stimare un mercato di poco inferiore ad 1GW annuo. Circa il 40% del mercato continuerà ad essere rappresentato dal segmento residenziale, il cui ritmo delle installazioni potrà però ridursi a causa della riduzione della detrazione fiscale dal 50 al 36%, di una sostanziale stabilità nei costi delle componenti dell’impianto e della diffusione di sistemi di storage (ma solo a partire dalla seconda metà del 2015) con il normale effetto di inerzia legato allo sviluppo della nuova tecnologia. Più del 50% del mercato potrà essere costituito dalle taglie commerciali e industriali per effetto della diffusione dei Sistemi Efficienti di Utenza in maniera progressiva a partire dal 2015 e dell’abilitazione di investimenti anche su impianti di taglia maggiore – anche oltre i 200 kW – grazie alla possibilità di vendere l’energia al cliente finale tramite opportuni modelli contrattuali. Infine, meno del 5% del mercato potrà comunque essere rappresentato delle centrali solari in grado di sfruttare siti ad elevatissimo irraggiamento e PMZstoricamente più alti.

Tre sono le principali leve sulle quali la filiera deve agire per raggiungere il potenziale stimato per il futuro del mercato italiano: i) una nuova value proposition con la quale approcciare il mercato stesso che tenga conto della  massimizzazione dei risparmi ottenibili dall’investitore, cercando di evitare al massimo l’utilizzo della rete, ridefinendo gli obiettivi della progettazione e passando dalla massimizzazione dello sfruttamento della superficie disponibile, alla massimizzazione dell’auto-consumo; ii) un nuovo modello di business incentrato sull’integrazione di tecnologie per l’efficienza e l’auto-produzione e la gestione intelligente dell’energia, che renda l’impianto fotovoltaico non più l’unica soluzione, ma una delle tante tecnologie abilitanti per il risparmio energetico; iii) la necessità di sfruttare il processo di maturazione tecnologica di soluzioni chiave per l’auto-consumo, quali i sistemi di storage, l’auto elettrica, i sistemi di ricarica e gestione intelligente dei consumi.

La spesa annua per incentivazione al fotovoltaico tra il 2009 e il 2013 è cresciuta di circa 22 volte in valore assoluto, ma, contemporaneamente, il totale dell’energia incentivata è aumentato tra il 2009 e il 2013 di circa 31 volte. Il costo complessivo dell’incentivazione al kWh fotovoltaico si è ridotto progressivamente per effetto delle revisioni tariffarie occorse con i diversi Conti Energia con una contrazione del 30,2% tra 2009 e 2013.L’incidenza del costo per l’incentivazione rispetto al totale dell’energia richiesta sulla rete in Italia nel 2013 è pari a circa 2c€/kWh.Il totale dell’energia prodotta da fotovoltaico è arrivato a contare per circa il 7% della domanda nazionale di energia elettrica a fine 2013, con una crescita di 1,4 punti percentuali tra 2012 e 2013.

Le opportunità di internazionalizzazione

A partire dal 2012, le imprese italiane hanno dovuto fronteggiare sia una forte competizione derivante dalla presenza – soprattutto nelle fasi a monte della filiera– di operatori esteri di grandi dimensioni in grado di proporre una politica di prezzo estremamente aggressiva, che la progressiva contrazione del mercato interno, con un forte impatto sulle marginalità e – molto spesso – sulla solvibilità finanziaria. Per questi motivi, dunque, diversi player hanno deciso di puntare sull’internazionalizzazione per cercare di cogliere le opportunità di business offerte dai mercati emergenti in rapido sviluppo in cui le imprese italiane possono sfruttare il know-how tecnologico e manageriale nello sviluppo di progetti costruito grazie all’esperienza sul mercato domestico.

Ad oggi, la strada dell’internazionalizzazione appare una via obbligata per l’industria fotovoltaica italiana per poter sfruttare in maniera ottimale gli asset produttivi di cui essa dispone e, di conseguenza, poter vedere assicurata una reale competitività.

Al fine di valutare il grado di attrattività dei diversi mercati individuati come più rilevanti nello scenario internazionale nell’orizzonte 2014-2020, è stato definito un indice di attrattività (I.A.), compreso tra 1 e 3, che è stato elaborato valutando e aggregando 5 diverse variabili che possono impattare sulle opportunità di internazionalizzazione:

  1. orizzonte temporale;
  2. livello producibilità media annua;
  3. sistema di incentivazione;
  4. infrastruttura normativa/tecnologica;
  5. grado di rivalità interna tra operatori della filiera.

Cina, USA e Giappone anche nel corso dei prossimi anni, si confermeranno alla guida delle classifiche internazionali per volumi installati. Tuttavia, questi Paesi scontano una maggiore presenza di operatori locali e internazionali con consolidate esperienze e strutture organizzative nel comparto fotovoltaico la cui posizione dominante risulta più difficile da scalfire e, dunque, presentano un I.A. inferiore alla media.

Risultano invece di primario interesse per l’industria fotovoltaica italiana i Paesi dell’area mediterranea (Medio Oriente e Nord Africa, con un I.A. compreso tra 2,4 e 2,8) che sono caratterizzati da una filiera ancora in fase di costituzione, all’interno della quale anche i produttori di tecnologia del nostro Paese potranno trovare il loro spazio facilitati in tal senso anche dalla prossimità geografica.

Ulteriori Paesi ad elevato potenziale e – contemporaneamente – ad alto indice di attrattività sono quelli del Sud America (Brasile, Cile e Messico su tutti) e del Sud-Est Asiatico (Thailandia e Taiwan), che costituiscono le nuove frontiere per il mercato internazionale. Per i Paesi asiatici tuttavia, l’infrastruttura normativa e di rete, renderà necessario per gli operatori lavorare ad uno sviluppo congiunto dei progetti, che sappia coinvolgere in maniera imprescindibile, operatori e istituzioni locali, volti a predisporre le reali condizioni abilitanti per rendere aggredibile il potenziale di mercato teorico a disposizione.

Al fine di valutare il grado di internazionalizzazione delle imprese italiane attive nel 2013 nelle aree moduli, inverter e EPC/System Integration, è stato condotto un censimento di tutte le realtà che, nell’ultimo anno, hanno ottenuto almeno il 10% del proprio fatturato al di fuori del contesto italiano. Sulla base di questo criterio si sono individuate 30 imprese chepossono definirsi realmente coinvolte nel processo di internazionalizzazione (equivalenti a circa il 18% dei player attivi nelle tre aree di business considerate a fine 2013). Di queste 30 imprese, 7 sono produttori di moduli, 8 sono produttori di inverter e 15 sono EPC attivi nella realizzazione degli impianti nei segmenti industriali, commerciali e delle centrali.

L’area di business «Inverter» risulta attualmente la parte della filiera a maggior grado di internazionalizzazione con circa il 36% degli operatori italiani che si rivolgono – in maniera diversa e con diversi risultati – al mercato estero. La presenza di inverteristi italiani nei mercati esteri si riscontra anche in quei Paesi che generalmente risultano più difficili da aggredire, in quanto fortemente influenzati da politiche «local content» quali Cina, India e Turchia, o dove la competizione con operatori locali risulta elevata (USA). In questi casi la scelta è quella di predisporre filiali produttive locali attraverso le quali servire il mercato locale e «limitrofo». Il maggiore orientamento all’internazionalizzazione dei produttori di inverter rispetto alle altre tipologie di player è da attribuirsi spesso all’appartenenza dei primi a gruppi industriali «conglomerali», che hanno fatto il loro ingresso nel business degli inverter attraverso una strategia di «diversificazione» del proprio portafoglio prodotti.

Più difficile il percorso di internazionalizzazione per i produttori di moduli che soffrono, a livello internazionale, la competizione di prezzo e la struttura commerciale estremamente capillare dei grandi produttori cinesi e statunitensi. Le difficoltà di internazionalizzazione appaiono strutturalmente legate alla tipologia di operatori che caratterizza l’Area di business «Moduli», costituiti in gran parte da PMI che, con maggiore difficoltà, riescono a reperire le risorse per accedere ai mercati internazionali. Risultano tuttavia presenti casi di successo in cui alcune imprese riescono ad interfacciarsi con sviluppatori ed EPC nazionali per raggiungere i mercati target che questi ultimi si propongono di servire.

Circa il 15 % degli EPC/S.I. ha avviato un processo di internazionalizzazione. Se confrontati rispetto al totale delle imprese censite, questi contando per il 50% di tutte le imprese che hanno avviato un processo di internazionalizzazione nelle varie aree della filiera. In particolare questa tipologia di operatori si mostra particolarmente presente nei mercati limitrofi (soprattutto nell’area europea), con strutture commerciali attivate a partire dal 2011 in Paesi quali Grecia, Romania, Ucraina, Polonia, Turchia e Israele, al fine di sfruttarne le opportunità nel breve termine attraverso un modello simile a quello già adottato sul mercato domestico. È minore il numero di imprese che si sono rivolte ai mercati emergenti geograficamente più lontani e con contesti normativi e infrastrutturali molto diversi (Sud Africa, Brasile, Centro Africa e Sud Est Asiatico). Questo orientamento degli EPC/System Integrator ai mercati internazionali è da ascriversi principalmente alla transizione del mercato domestico che ha essenzialmente posto gli operatori di fronte a un bivio: rivolgersi ai mercati emergenti oltre i confini nazionali facendo leva sul know-how tecnologico maturato con lo sviluppo del mercato italiano tra il 2009 e il 2011 o adattare e rifocalizzare il proprio modello di business sulle attività di O&M per gli impianti realizzati in passato.

Nei prossimi due anni è atteso, oltre a un rafforzamento della presenza delle imprese italiane sui mercati esteri già serviti, un ampliamento della copertura internazionale grazie, soprattutto, alle imprese delle aree di business «EPC» e «Inverter».

In particolare, i nuovi mercati verso i quali le imprese del nostro Paese mostrano una maggiore apertura sono quelli dei Paesi ad alta attrattività (I.A. superiore a 2,3 punti) quali Nord Africa, Centro e Sud America e Sud Est Asiatico.

Nell’approcciare questi nuovi mercati le imprese italiane hanno la straordinaria opportunità di trovarsi di fronte a una filiera ancora embrionale, quando non addirittura inesistente, che consente di disporre di spazi di mercato ancora non presidiati.

Confrontando la presenza internazionale degli operatori italiani nei principali mercati esteri con l’indice di attrattività elaborato per i Paesi a più alto potenziale prospettico, è possibile definire un valore medio dell’indice stesso che fornisca una stima di come la filiera italiana sia posizionata rispetto alle reali potenzialità di sviluppo del mercato internazionale. Se si valuta l’indice di attrattività medio in riferimento alla presenza attuale delle imprese italiane, il valore complessivo è pari a 2,1 punti, di poco inferiore alla media complessiva (pari a 2,2). Se si analizza invece il valore dell’indice di attrattività medio, tenendo conto anche dei nuovi Paesi verso i quali le imprese italiane dichiarano di volersi espandere nel breve-medio termine, il valore sale a 2,3 punti. Tale risultato mostra come le imprese italiane siano in grado di percepire e predisporre le strategie per intercettare le opportunità connesse allo sviluppo dei principali mercati internazionali.

Allo stesso tempo, esistono però una serie di barriere che generalmente incidono in maniera rilevante sul successo delle singole strategie di internazionalizzazione. In particolare si possono citare: la difficoltà generalizzata nel reperire risorse finanziarie da destinare al processo di internazionalizzazione, a causa di una complessiva stretta creditizia che caratterizza l’intero «Sistema Paese»; la competizione, soprattutto con player statunitensi, spagnoli e tedeschi – e in prospettiva anche asiatici – che, avendo affrontato il processo di internazionalizzazione in anticipo rispetto agli operatori nazionali rivolgendosi al mercato italiano ed europeo in generale, dispongono di una rete organizzativa e commerciale che risulta ad oggi consolidata e scalabile; l’esistenza di barriere di natura culturale nell’affrontare quei mercati che, ancorché emergenti e con un basso livello di competizione interna, mostrano problematiche legate alla mancanza di una reale regolamentazione di progetti energetici a fonti rinnovabili e di una infrastruttura di rete in grado di accoglierne la diffusione (ciò comporta una difficile replicabilità del «modello italiano» rendendo necessario approcciare i nuovi mercati in maniera integrata, in una logica di collaborazione con molteplici attori – operatori locali e istituzioni soprattutto – anziché focalizzata sulla singola «fornitura di tecnologia»).

Il mercato secondario

I primi 30 proprietari di impianti in Italia (potenza complessiva in portafoglio ≥ 20 MW) contano complessivamente per quasi 1,8 GW, circa il 10% della potenza cumulata in esercizio in Italia a fine 2013. Più di 1 GW è ascrivibile ai soli primi 10 operatori (di cui i tre più grandi detengono un portafoglio superiore ai 100 MW).

Le società di investimento (holding finanziarie e industriali) rivestono un ruolo prioritario contando per quasi il 50% della potenza complessiva, seguiti da operatori di natura industriale, quali IPP e multi-utility e, infine, dai Fondi di investimento. Gli operatori italiani rappresentano circa il 72% della potenza a portafoglio (anche se per più della metà dei casi essi detengono quote di partecipazione paritetiche a quelle di operatori esteri nei veicoli societari titolari degli impianti).

Nel 2013 si sono effettuate operazioni di compra-vendita per circa 187 MW di potenza complessiva distribuita su circa 90 impianti. Il totale della potenza transata sul mercato secondario in Italia si è ridotta del 30% tra 2012 e 2013. La dimensione media totale dei portafogli transati risulta in contrazione di circa il 7% tra il 2012 e il 2013, a causa soprattutto della riduzione del valore della potenza complessiva ascrivibile a portafogli di impianti superiori ai 10 MW (-49%). Pressoché costante invece, la potenza totale riferita a portafogli al di sotto dei 10 MW. Le transazioni si sono focalizzate su impianti di taglia intermedia, compresi cioè tra 2 e 10 MW per i quali risulta pressoché triplicato il valore della potenza complessivamente scambiata sul mercato. Significativa la contrazione delle transazioni relative ad impianti al di sotto dei 2 MW (-75%).

La concentrazione degli investitori su impianti di taglie intermedie è ascrivibile principalmente a tre fattori: i) l’esaurimentodella disponibilità di grandi impianti e portafogli superiori ai 10 MW sul mercato, che erano invece stati oggetto di transazione nel corso del 2011 e del 2010; ii) la tendenza degli investitori a focalizzarsi sulle acquisizione di SPV titolari di impianti di medie dimensioni (comprese tra 2 e 10 MW) che i titolari sono disposti a cedere per monetizzare gli investimenti effettuati; iii) la momentanea riduzione di interesse per le SPV titolari dei singoli impianti di taglia prossima e al di sotto del MW, a causa del contesto normativo in continuo cambiamento e dei già citati effetti retroattivi.

Il controvalore economico complessivo delle transazioni registrate sul mercato secondario si mostra in contrazione del 45% tra il 2012 e il 2013, quale risultato della già citata riduzione dei volumi scambiati (-30%) e del prezzo medio complessivo (-21%).

Il «prezzo delle transazioni» risulta fortemente influenzato dalla taglia dell’impianto (con impianti al di sotto del MW che godono di un premium price per ragioni legate alla tariffa incentivante), dal sistema di incentivazione (che risulta il driver più importante nella determinazione del prezzo) e dalle modalità di finanziamento (che influiscono in maniera determinante sui margini di negoziazione tra domanda e offerta). A questi fattori si aggiungono ovvi fenomeni legati alla specificità degli investitori con le Società di investimento che presentano spesso prezzi di offerta inferiori alla media di un valore pari a circa il 10% e con i soggetti industriali, più interessati a monetizzare gli investimenti effettuati in passato, che generalmente richiedono prezzi più allineati con i valori medi di mercato.

In prospettiva, è ragionevole attendersi uno scenario caratterizzato da tre fattori:

  1. un’ulteriore contrazione dei prezzi medi degli impianti transati sul mercato secondario a causa dell’incidenza di provvedimenti normativi a carattere retroattivo (quali la revisione dei PMG e l’aggiornamento degli aspetti fiscali) resi definitivi tra la fine del 2013 e i primi mesi del 2014, della progressiva maggior quota di impianti transati afferenti ai Conti Energia più recenti (IV e V in particolare) e di una progressiva minore disponibilità di impianti incentivati in II e III CE;
  2. un volume delle transazioni nuovamente in crescita, grazie al riallineamento dei valori di prezzo tra domanda e offerta, con i venditori interessati a monetizzare i propri investimenti che saranno costretti a rimodulare le proprie richieste a valle del nuovo contesto;
  3. una maggiore attenzione da parte dei soggetti investitori alle attività di ottimizzazione degli impianti esistenti (sia target che già acquisiti) attraverso un ricorso ad interventi di revamping di tipo correttivo e migliorativo, in cui assume un ruolo sempre crescente la figura «dell’O&M provider».

L’Operation&Maintenance

Potendo contare su una base installata pari a circa 18 GW a fine del 2013 gli operatori della filiera, che tradizionalmente presentavano una value proposition orientata al mercato primario, si mostrano sempre più interessati a rivolgersi al «mercato dell’esistente» e, per questo motivo, sono spesso costretti a rivedere il proprio modello di business e la struttura organizzativa.

Con lo sviluppo del mercato e la presa di consapevolezza da parte dei clienti finali dell’importanza dei servizi di O&M (soprattutto per quanto riguarda l’incidenza sugli OPEX) anche la struttura dell’offerta risulta maggiormente differenziata. Operatori «tradizionali» e nuovi stanno approcciando in maniera strutturata il business dell’O&M. In alcuni casi attraverso una differenziazione del proprio portafoglio di attività (EPC e Produttori di componentistica), in altri tramite la definizione di nuovi veicoli societari dedicati esclusivamente a quest’area di attività (società specializzate in O&M e nelle attività di Asset Management).

 

I diversi background degli operatori e le diverse strategie di sviluppo legate al business del fotovoltaico portano a identificare diversi profili di offerta sempre più caratterizzati da pacchetti di servizi che possono essere combinati e personalizzati dai clienti finali.

In Italia sono presenti 93 operatori che offrono servizi «post-vendita» per impianti fotovoltaici di cui quasi due terzi (il 64%) sono player italiani. Il 45% è costituito da EPC e System integrator, il 30% da società specializzate in O&M, il 14% da società di Asset Management e un ulteriore 11% da produttori di componentistica.

Gli EPC sono costituiti principalmente da operatori che, tra il 2009 e il 2012, hanno realizzato un elevato numero di impianti (acquisendone il contratto di O&M per i primi due anni di vita) e che hanno sviluppato asset (quali control-room e network di operatori locali per gli interventi diretti) e competenze in grado di supportare il cliente anche dopo la scadenza del Final Acceptance Certficate. Le attività svolte in genere sono quelle incluse nei livelli di servizio Standard, ossia quelle legate alla manutenzione ordinaria preventiva e correttiva.

Le Società specializzate in O&M sono costituite appositamente per rivolgersi al mercato dei Servizi di O&M su impianti fotovoltaici. Il mercato target in questo caso è costituito principalmente da soggetti che devono ri-definire il proprio contratto di O&M cambiando fornitore a causa di insoddisfazione per il livello di servizio ricevuto o per l’uscita dal settore dei fornitori precedenti. Le attività vengono offerte secondo pacchetti altamente personalizzabili e possono spaziare dalla gestione operativa a quella di «risk management».

Le Società di Asset Management offrono servizi ai grandi investitori (fondi e società di investimento), proprietari di grandi portafogli (>10 MW) che necessitano di una interfaccia unica per la gestione degli investimenti. Forniscono generalmente tutte le attività di gestione amministrativa, fiscale, legale e assicurativa. Rappresentano l’interfacciadiretta con gli O&M provider, di cui possono in alcuni casi assumere il ruolo per le attività a più alto valore aggiunto (ad esempio il risk management).

I Produttori di componentistica sono principalmente «inverteristi» che trovano nelle attività di monitoraggio e assistenza post-vendita dei propri prodotti il principale campo di attività e che vedono definiti già nel contratto di vendita del prodotto le clausole e gli orizzonti temporali di validità dell’attività di O&M.

Anche per il 2013, come nel 2012, appare evidente il trend decrescente nel prezzo medio praticato dai fornitori dei servizi di O&M. Nel caso degli impianti multi-MW la riduzione del prezzo medio è stata pari al 12% su base annua e al 48% se confrontata con il 2010. Per impianti con potenze al di sotto del MW invece, la riduzione è stata pari al 31% su base annua e al 52% rispetto ai valori del 2010.

La contrazione del prezzo medio rilevata è ascrivibile, nel caso degli impianti di potenza superiore al MW, soprattutto a rinegoziazioni dei contratti in seguito a operazioni di compra-vendita degli impianti sul mercato secondario, di cui questa categoria di impianti rappresenta il target principale. La riduzione più marcata del prezzo per le attività di O&M nel caso degli impianti di taglia al di sotto del MW, è invece da ricondursi alle ri-negoziazioni dei contratti in scadenza degli impianti a terra installati in II e III CE e giunti a termine del periodo di garanzia contrattuale in capo all’EPC, coincidenti con un momento di incertezza per i proprietari, di fronte alle prospettive di revisioni normative che hanno portato ad una forte pressione sui fornitori volta a ridurre gli OPEX e tutelare di conseguenza gli investimenti passati.

Il mercato 2013 dei servizi  O&M – costituito dal 2% degli impianti in esercizio (>200kW) in Italia in termini di numerosità e dal 62% in termini di potenza – determina un volume d’affari complessivo che si attesta a 368 mln€ annui. La quota di mercato più consistente è rappresentata dagli impianti tra 500 kW ed 1 MW (circa il 60% del volume d’affari totale) che comprendono un grande numero di impianti di potenza compresa tra 900 kW e 1 MW connessi con il II e III CE (circa 1.900 impianti per 1,96 GW totali).

Il mercato potenziale dei servizi di O&M per i prossimi anni è stato stimato sulla base di tre ipotesi: i) l’esistenza, soprattutto per impianti multi-MW, di contratti di O&M molto lunghi (anche superiori ai 10 anni) e attivati fin dalla realizzazione dell’impianto a causa di specifici vincoli proposti dal soggetto finanziatore; ii) una durata del periodo coperto da F.A.C. superiore ai due anni previsti contrattualmente, a causa di modifiche sopraggiunte in corso d’opera legate spesso ai livelli di servizio che gli EPC sono in grado di garantire; iii) l’esistenza di un «conversion rate» (inteso come numero di contratti a scadenza del F.A.C. che si traduce effettivamente in un cambio di fornitore rispetto al totale di quelli che raggiungono il termine del periodo di garanzia) mediamente prossimo al 34% a causa essenzialmente della tendenza da parte di alcuni proprietari di impianti a svolgere internamente alcune delle attività di O&M con l’obiettivo di ridurre i costi dell’attività stessa (esternalizzando le sole attività tecniche) e della tendenza a mantenere – in seguito ad una fase di scouting sul mercato – il vecchio fornitore, al quale viene affidata la gestione tecnica e assicurativa (e solo in alcuni casi anche amministrativa) dell’impianto, utilizzando le offerte raccolte quale leva contrattuale per una ri-negoziazione (al ribasso) dei contratti esistenti.

In questo modo, rispetto al mercato potenziale, l’effettivo contingente di potenza oggetto di ri-negoziazione risulterà essere più basso (724 MW nel 2014, 375 MW nel 2015 e 1,15 GW nel 2016). Il picco di potenza oggetto di ri-negoziazione previsto per il 2016 è legato alla scadenza dei contratti a 5 anni degli impianti entrati in esercizio con il II e il III CE.

Altrettanto importante appare la polarizzazione del mercato in base al profilo dei proprietari di impianto, classificabili tra: investitori finanziari, con preferenze per contratti omnicomprensivi basati sulla prevedibilità dei costi – e in generale di tutti i flussi di cassa – e sull’unicità dell’interfaccia con un player che offra soluzioni integrate di O&M; investitori industriali, e singoli proprietari privati, generalmente orientati ad una internalizzazione delle attività di coordinamento e all’acquisto di singoli pacchetti di servizi specifici su assistenza tecnica, monitoraggio e reporting; fondi, banche e società di investimento, proprietari di portafogli di medie dimensioni sensibili ad attività di ottimizzazione e revamping delle performance (correttive e migliorative) in ottica di vendita degli asset sul mercato secondario.

Gli interventi di revamping correttivo dipendono essenzialmente da difetti di progettazione o di costruzione o dal (mal)funzionamento delle componenti tecnologiche (moduli o inverter) dell’impianto stesso. Tali fenomeni si riscontrano in genere ex-post a valle di andamenti anomali dei dati di produzione dell’impianto rispetto ai parametri fissati nel business plan. Gli interventi di revamping migliorativo vengono invece effettuati al fine di allineare le performance effettive dell’impianto alle reali potenzialità dello stesso.

Nei prossimi anni i principali trend prevedibili nell’offerta di servizi di O&M sono due:

  1. una crescente competizione sul prezzo per quanto riguarda i servizi «Standard» (che impatta significativamente sulle marginalità) che renderà imprescindibile per gli operatori l’ottimizzazione della struttura di costo nelle attività di O&M. Per queste tipologie di servizi si prospetta dunque un consolidamento del settore, con i player che non saranno in grado di ottenere le necessarie economie di scala costretti ad uscire dal mercato. In particolare, gli operatori che subiranno maggiormente gli effetti di questo trend saranno i Produttori di componentistica e gli EPC. I produttori di componentistica, per rimanere efficacemente sul mercato, dovranno garantire elevati livelli di affidabilità sulle componenti «core» dell’impianto (soprattutto inverter), ottimizzare la gestione del monitoraggio e dell’allarmistica al fine di minimizzare i costi del servizio e puntare sulla gestione delle problematiche di funzionamento degli impianti esistenti proponendosi come fornitori di componenti (e dunque servizi post-vendita) nel caso di revamping degli stessi. Gli EPC dovranno invece ri-focalizzare la propria attività su servizi a maggiore valore aggiunto, divenendo a tutti gli effetti «Società specializzate in O&M» e aprendosi dunque al mercato degli impianti realizzati da terzi;
  2. una sempre maggiore interazione tra fornitori di servizi di O&M e società di Asset Management quali operatori con ruoli ben delineati ancorché complementari. In particolare gli O&M Provider, dovranno essere in grado di fornire – in maniera modulare – tutte le soluzioni e i livelli di servizio richiesti dalle diverse tipologie di proprietari di impianto e, soprattutto nel caso dei grandi portafogli multi-MW, dalle Società di Asset Management. Gli Asset Manager viceversa, giocheranno un ruolo sempre più determinante come interfaccia unica per i grandi proprietari di impianto, integrando accanto alle attività di natura amministrativa e fiscale, anche servizi di supporto alla ottimizzazione degli investimenti in una logica di «risk management» (a questo proposito appaiono fondamentali accordi di partnership con i fornitori di servizi di O&M che possano supplire alle eventuali carenze di competenze tecniche – che caratterizzano spesso questa tipologia di operatori storicamente focalizzati su attività amministrative, fiscali e legali – e che permettano di trasferire agli investitori rischi ed opportunità legate alle attività di revamping di impianti a portafoglio o potenzialmente rappresentativi di target di acquisizione sul mercato secondario).

Il Rapporto Solar Energy Report sarà presentato in un convegno a Milano il prossimo 10 aprile alle ore 9.30
Politecnico di Milano – Aula Carlo De’ Carli

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