Audit energetico sì, ma senza dimenticare la sostenibilità ambientale

Valutazione degli aspetti energetici e valorizzazione della sostenibilità anche ambientale degli interventi sul costruito. Questo è il cuore della metodologia “Green Energy Audit”, un modo nuovo di interpretare la diagnosi energetica, in chiave ambientale

Un progetto che si pone l’obiettivo di accelerare un cambiamento nel patrimonio edilizio esistente, attraverso un percorso che non si limita a valorizzare la prestazione energetica, ma va oltre, puntando decisamente al miglioramento della sostenibilità.

È questo, in estrema sintesi, l’approccio proposto dal Green Energy Audit, un modo nuovo di interpretare la diagnosi energetica, con una chiave di lettura ambientale. Per comprendere meglio questo nuovo approccio è però utile considerare il contesto nel quale si applica, e cioè il settore edilizio.

L’evoluzione legislativa e normativa ha incrementano notevolmente le prestazioni energetiche dei nuovi edifici evidenziando ancora di più le differenze tra ciò che si costruisce e ciò che già esiste. Il percorso verso una sempre maggiore efficienza sembra inarrestabile: la Direttiva europea 31/10, prevede infatti che a partire dal 2020 tutti i nuovi edifici dovranno essere ad energia quasi zero, quindi molto efficienti (l’applicazione delle nuove regole viene anticipata di due anni per gli edifici pubblici). I segnali di cambiamento sono già evidenti visto che aumenta sempre di più il numero di edifici molto efficienti, di classe energetica A o A+, e l’efficienza energetica si conferma il driver del nuovo mercato edilizio. Un driver non solo finalizzato a risolvere l’emergenza, ossia a ridurre l’impatto ambientale del settore edilizio che consuma tanta energia, ma anche a promuovere uno dei principali pilastri della green economy.

Su questi temi, abbiamo intervistato il Prof. Giuliano Dall’O’, Professore Associato presso il Dipartimento ABC del Politecnico di Milano, ideatore del Green Energy Audit e titolare del marchio.

In questo momento delicato del mercato edilizio, è necessario puntare sulla riqualificazione energetica per rimettere in moto tutta la filiera. Ci sono i presupposti per spingere in questa direzione?

Intervenire sul patrimonio edilizio esistente, almeno nelle situazioni in cui sia opportuno conservare l’edificio evitando quindi una sua dismissione, è una necessità vera che prescinde dalle regole a volte imposte dai nuovi riferimenti legislativi che spingono in questa direzione.

È il mercato che chiede una sempre maggiore attenzione, perché solo attraverso quelle che vengono chiamate “azioni di retrofit” si possono raggiungere due obiettivi: la riduzione drastica dei consumi energetici, quindi delle spese di gestione e l’impatto sull’ambiente, e la valorizzazione dell’immobile, intesa come incremento del suo valore di mercato, visto che gli edifici esistenti conservano spesso delle qualità che è utile recuperare.

E a proposito di mercato, in molti si pongono una domanda pratica: le tecnologie per incrementare l’efficienza energetica nel settore edilizio ci consentono fin da oggi di affrontare questa grande sfida? La risposta è si. Anche se le tecnologie si stanno evolvendo in modo rapido, quelle attuali sono efficienti, diversificate ed affidabili, quindi non ha più senso aspettare.

Il problema, semmai, rimane quello di individuare quali di queste tecnologie siano più adatte in situazioni che possono essere molto diverse. L’obiettivo finale, infatti, non è solo quello di migliorare le prestazioni ma di promuovere degli interventi che siano tecnicamente efficaci ed economicamente convenienti.

L’efficienza energetica però non è tutto. In questi ultimi anni, infatti, altre esigenze si affiancano a quella di un minor consumo. Anche nel settore immobiliare si sta affermando sempre di più il concetto che l’obiettivo da raggiungere sia quello di una maggiore sostenibilità. Non è casuale che, a fianco alle procedure della certificazione energetica si stiano sviluppando i protocolli di certificazione ambientale come il LEED, il BREEAM, ITACA o Ecolabel per citare i più conosciuti. Gli interventi sul recupero dell’esistente devono tenere conto oramai anche a questi aspetti, perché la qualità ambientale è un valore aggiunto che il mercato sta già apprezzando da tempo alla quale difficilmente rinuncerà.


Lei si occupa da anni di diagnosi, cosa l’ha portata a ideare questo nuovo modo di intervenire sugli edifici, in un momento in cui tutto il mercato sembra puntare sul “green”?

L’ispirazione che sta alla base di questo lavoro guarda alle ben consolidate esperienze americane, che hanno dimostrato un approccio pragmatico a un processo, quello dell’Energy Audit, che viene attuato per i benefici che può generare sia sul piano professionale, che su quello operativo.

La procedura di Energy Audit proposta da questo progetto ci ha portati a definire un acronimo diverso rispetto a quello tradizionale: Green Energy Audit. Il valore aggiunto sta proprio in quel green, parola che richiama e sintetizza un concetto diffuso: quello della sostenibilità ambientale.

La parola green è di moda e come tutte le parole di moda viene spesso utilizzata anche quando non serve. Nel nostro caso l’inserimento di questo termine proprio nell’acronimo che sintetizza tutta l’impostazione della metodologia proposta non è stata una scelta di facciata, ma una scelta di contenuti.

Quale è il valore aggiunto del Green Energy Audit rispetto alla diagnosi energetica “tradizionale”?

L’Energy Audit, attraverso la fase conoscitiva, fornisce gli elementi utili per intervenire in modo conveniente ed efficace, ottenendo i massimi vantaggi. Si tratta dell’unico approccio che possiamo adottare per risolvere, in modo coerente, il problema della riqualificazione degli edifici esistenti inefficienti, un problema che si può e si deve trasformare in una grande opportunità.

In una situazione nella quale, oggettivamente, il termine diagnosi energetica dice tutto e niente, mancando le regole che la definiscono, alla base del Green Energy Audit c’è, innanzitutto, una procedura di diagnosi energetica che finalmente viene definita e normalizzata in tutte le sue fasi, dalla formalizzazione del contratto con il committente alla redazione del report tecnico. Il valore aggiunto del Green Energy Audit può essere sintetizzato nei seguenti punti:

  • gli interventi di miglioramento delle componenti energetiche di un edificio consentono già di raggiungere una forte riduzione dell’impatto ambientale attraverso minori consumi, e quindi delle emissioni che ne derivano direttamente o indirettamente, di combustibili fossili. Il momento in cui si “indaga” sulle inefficienze energetiche di un edificio è anche una occasione da non perdere per verificare gli sprechi di altre risorse non energetiche, quali ad esempio l’acqua. D’altra parte il momento in cui si definiscono le misure che possono migliorare la qualità dell’edificio è una importante occasione per valutare l’utilizzo in modo attivo o passivo delle risorse naturali, quali ad esempio il sole, il vento, il terreno o il verde;
  • nella definizione dei possibili interventi di retrofit non si considerano solo misure che concorrono alla riduzione delle risorse energetiche, ma tutte le misure che portano ad una riduzione dei consumi di risorse;
  • l’Auditor, nel momento in cui seleziona una misura, si deve informare su come questa misura possa influire sui criteri premianti contenuti nello schema di certificazione ambientale di riferimento che nel nostro caso abbiamo assunto che sia il LEED (Leadership in Energy and Environmental Design) ma il discorso non cambia nel caso in cui a livello locale vengono implementati altri protocolli come ITACA o ESIT;
  • i criteri di scelta degli interventi possono essere indirizzati fin dall’inizio a partire da questi indicatori: l’Auditor quindi si può porre due obiettivi: il primo è quello di massimizzare le prestazioni energetiche, il secondo è quello di massimizzare la qualità ambientale (o un mix dei due);
  • nella definizione delle misure si da ampio spazio a tutte quelle tecnologie a consumo zero, ad esempio le tecnologie impiantistiche che sfruttano le fonti energetiche rinnovabili come solare termico, solare fotovoltaico e biomassa;
  • nella definizione delle misure si dà ampio spazio a tutte le soluzioni naturali che possono contribuire al controllo climatico e illuminotecnico dell’edificio, come ad esempio tetti verdi, facciate verdi, sistemi di ombreggiamento naturale, sistemi solari passivi e sistemi di daylighting.

Quali gli obiettivi principali della metodologia?

Il Green Energy Audit si pone alcuni importanti obiettivi:

  • promuovere la cultura dell’efficienza energetica e della sostenibilità degli edifici del patrimonio edilizio esistente, attraverso uno schema operativo al quale possano fare riferimento i tecnici che si vogliono impegnare in questo settore.
  • diventare un primo punto di aggregazione a livello nazionale, su base volontaria, per gli energy auditor qualificati che possono condividere esperienze e sinergie partendo da una visione condivisa di ciò che è il Green Energy Audit.
  • promuovere la formazione tecnico-scientifica e il successivo riconoscimento delle competenze all’interno di uno schema di procedure di qualità.
  • stimolare le aziende che operano nei diversi settori, dall’edilizia agli impianti, nel definire, diffondere e supportare soluzioni tecniche applicabili e replicabili che gli auditor possano a loro volta condividere e proporre ai clienti/utenti; in quest’ottica l’obiettivo è quello di favorire un trasferimento tecnologico tra chi propone (le aziende) chi definisce (gli auditor) chi installa (impiantisti e imprese di costruzione) e chi utilizza (l’utente).
  • avviare un’attività di benchmarking raccogliendo all’interno di una banca dati a livello nazionale le informazioni relative alla qualità energetica e ambientale degli edifici del patrimonio esistente.

A chi si rivolge?

La progettazione di un qualsiasi intervento non può prescindere da una solida conoscenza di base dei principi fisici e delle tecniche ma anche da una esperienza maturata sul campo. Il Green Energy Audit serve innanzitutto a quei tecnici che già operano in campo energetico ai vari livelli, e che hanno già maturato esperienze nel settore dell’Energy Audit, per completare la loro impostazione metodologica e per fornire loro spunti per migliorare la professionalità. Può inoltre costituire una buona base di partenza per coloro i quali, pur operando nei settori energetici, vogliono intraprendere una professione nuova, quella dell’Auditor, affascinante e in continua crescita.

Più in generale, in un mondo professionale in cui gli esperti di efficienza energetica e gli esperti di sostenibilità ambientale tendenzialmente operano in ambiti separati, il Green Energy Audit tende ad agevolare le possibili e interessanti sinergie puntando alla definizione di una professionalità più completa, quella del Green Energy Auditor.

Lei ha pubblicato anche il “Manuale operativo per la diagnosi energetica e ambientale degli edifici” che parla approfonditamente del Green Energy Audit e contiene delle proposte operative di intervento, ci spiega meglio?

Faccio una puntualizzazione doverosa: il Green Energy Audit è una procedura di diagnosi energetica e non un protocollo di certificazione. Nella definizione del processo, tuttavia, ci si è posti un duplice obiettivo: migliorare le prestazioni energetiche, quindi ridurre i consumi di energie da fonte fossile, e migliorare la sostenibilità. Le misure proposte, ne sono state codificate più di 100 nel Manuale, ma ce ne potrebbero essere molte di più, puntano al miglioramento della qualità ambientale dell’edificio nelle sue diverse accezioni: si parla, quindi, di apparecchi efficienti, di utilizzo delle fonti rinnovabili, di isolamento termico dell’involucro, ma anche di riduzione dei consumi di acqua potabile e di scelta di materiali ecosostenibili.

Ma come misurare il miglioramento della sostenibilità una volta attuate le misure?

Ci è sembrato utile fare riferimento al protocollo di certificazione ambientale con maggiore valenza internazionale e cioè il LEED, protocollo che grazie al GBC Italia si sta diffondendo rapidamente anche nel nostro Paese.

GEA, quindi, non inventa una nuova procedura di certificazione, ma si propone come ponte tra ciò che si può e si deve fare per migliorare la sostenibilità del patrimonio edilizio esistente e una successiva certificazione ambientale secondo lo standard LEED (o gli altri standard ai quali si potrà fare riferimento) che premierà il raggiungimento di determinati obiettivi.

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