La crescita dell’e-mobility che rivoluziona il settore dei trasporti

Nei primi 6 mesi del 2018 in Italia sono state immatricolate tante auto elettriche quasi quante se ne erano immatricolate in tutto il 2017. Anche se i numeri sono ancora piccoli, sono circa 4.000 i veicoli immatricolati nello scorso semestre, soprattutto se paragonati a quelli di altri paesi europei, le potenzialità di crescita del settore sono davvero interessanti. A livello globale alla fine del 2018 sono previste quasi 2 milioni di nuove auto elettriche

Lo sviluppo della mobilità elettrica in Italia, i dati aggiornati dell'Energy&Strategy Group

Indice:

Il 25 settembre sarà presentata a Milano, nell’ambito dell’eventoTHAT’S MOBILITY, la 2a edizione dell’eMobility Report, realizzato dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, che approfondisce, con il consueto approccio analitico, le opportunità ed i modelli di business per lo sviluppo della mobilità elettrica in Italia, anche rispetto ad altri paesi europei, le possibili soluzioni tecnologiche, considerando la normativa di riferimento.

Vi proponiamo in anteprima i principali risultati del Rapporto, invitandovi a parteciape a THAT’S MOBILITY e ad iscrivervi alla presentazione del report.
Ai presenti sarà consegnata in omaggio una copia dell’dell’eMobility Report – 2a ed.

A fondo pagina il PDF con l’Executive Summary completo, a firma dell’Ing. Martino Bonalumi. 

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Nel 2017 sono stati venduti nel mondo complessivamente quasi 1,2 milioni di auto elettriche, il 57% in più rispetto al 2016 (quando sono state vendute poco più di 750.000 unità). La crescita è ancora più accentuata se paragonata al 2015, anno in cui complessivamente sono state vendute 537.000 auto elettriche.

Nel mese di dicembre 2017 si è registrato il record di 170.000 auto vendute, raggiungendo il 2% sul totale delle immatricolazioni del mese. Ci si aspetta che tale trend positivo si confermi per il 2018, alla fine del quale ci si può aspettare quasi 2 milioni di nuove auto elettriche sul mercato.

La Cina è il più grande mercato mondiale, con circa 580.000 auto vendute e un +72% rispetto all’anno precedente, ormai doppiando l’Europa, che si conferma il secondo mercato, con quasi 290.000 unità vendute (+39%). Seguono gli Stati Uniti con 200.000 (+27%). Interessante notare la crescita del Giappone, che con 56.000 veicoli venduti registra un +155% rispetto al 2016 confermandosi quarto mercato mondiale, ma quello maggiormente «dinamico».

Il primo mercato europeo è senza dubbio la Norvegia con 62.000 veicoli venduti (terzo Paese per immatricolazioni dopo Cina e Stati Uniti), ma con un impressionante 39% sul totale delle vendite di auto all’interno del Paese, che lo rende di gran lunga primo in questa «graduatoria». Il secondo mercato europeo è stato la Germania, con quasi 55.000 immatricolazioni, più del doppio del 2016 (+117%), sorpassando la Gran Bretagna, ferma a circa 47.000 (+27%) e la Francia (37.000 e +26%).

Questi primi quattro paesi raccolgono il 70% del totale in Europa.
L’Italia è ancora indietro in questa classifica ed ha pesato nel 2017 per meno del 2% nel mercato europeo dei veicoli elettrici, a fronte del 13% del totale delle immatricolazioni. Pur tuttavia è un mercato che ha dato forti segnali di crescita nel 2017 e nel 2018 e che merita l’attenzione e l’approfondimento di analisi che gli è dedicato in questo Rapporto.

I numeri della mobilità elettrica in Italia

La dimensione del mercato italiano è come già visto ridotta, se comparata con il mercato globale e con quello europeo. Nel 2017 sono state vendute 4.827 auto elettriche, lo 0,24% del totale.
Questo porta il totale delle auto elettriche in Italia al termine del 2017 a poco meno di 13.000 unità.
Va sottolineata tuttavia la crescita «relativa» delle immatricolazioni. Delle 4.827 auto elettriche, 1.964 sono «full-electric», in aumento di quasi il 40% rispetto al 2016. Le restanti 2.863 sono invece auto “plug in” (con la possibilità di ricarica associata ad un motore tradizionale), 2,5 volte rispetto alle immatricolazioni del 2016 e superando per la prima volta le BEV.

Nella prima metà del 2018, sono state immatricolate 4.129 auto elettriche, +89% rispetto allo stesso periodo del 2017 ed un numero paragonabile all’intero anno appena trascorso.
Questo grande incremento, per certi versi inaspettato, ha portato anche a lunghe attese per l’ottenimento di un veicolo, con diverse case automobilistiche che non si aspettavano un exploit di queste dimensioni.

La maturazione del nostro mercato si può misurare attraverso la scorecard messa a punto da Energy & Strategy, ed applicata all’intero comparto della mobilità elettrica.

Maturazione del mercato della mobilità elettrica in Italia secondo l'E&S Group

Il punteggio complessivo raggiunto dall’auto elettrica in Italia è pari a 6 su un totale possibile di 12, frutto però della media tra la situazione attuale (4,5 su 12) e i trend futuri (9,5 su 12) segno del basso livello di maturità del nostro mercato oggi.
Ci sono 4 fattori critici (rossi) e 7 mediamente critici (gialli), mentre solo sul fronte della adattabilità dei veicoli si segnala una condizione di pieno favore (verde).

La maturità normativa è l’area dove vi sono le maggiori criticità; questo non è necessariamente negativo, in quanto un mercato retto solamente da una politica incentivante non è sostenibile (basti pensare a quanto successo in Italia per quanto riguarda il fotovoltaico o in Olanda relativamente alla mobilità elettrica stessa, dove la fine dei generosi incentivi è risultata in un crollo delle immatricolazioni dei veicoli plug-in).

Tuttavia una nuova tecnologia difficilmente è competitiva con quelle esistenti nelle fasi iniziali, e pertanto gli incentivi, se ben dimensionati, possono fungere da strumento di accompagnamento verso la competizione di mercato.

In Italia, dopo la fine degli incentivi statali diretti per l’acquisto di veicoli elettrici (in vigore nel 2013 e 2014 e che prevedevano incentivi diretti all’acquisto fino a 5.000 €), le uniche misure di sostegno rimaste sono decise a livello locale.
Queste di solito non prevedono incentivi diretti all’acquisto, quanto piuttosto una riduzione dei costi di circolazione dei veicoli elettrici, quali per esempio la riduzione o la totale esenzione del pagamento del bollo o l’accesso gratuito alle ZTL e la possibilità di parcheggiare nelle aree di sosta a pagamento.

Vi sono anche dei casi di incentivi diretti, che sono però molto più sporadici. La Provincia Autonoma di Trento mette a disposizione un incentivo diretto all’acquisto pari a 4.000 € nel caso di acquisto di PHEV e a 6.000 € per un BEV. Il Friuli Venezia Giulia garantisce un contributo tra i 4.000 € e i 5.000 € nel caso l’acquisto di un veicolo elettrico (BEV o PHEV) avvenga in concomitanza con la rottamazione di un veicolo a benzina Euro 0 o 1 o Diesel compreso tra Euro 0 ed Euro 3.

Un’altra tipologia di provvedimento, che non va ad incentivare l’auto elettrica quanto a disincentivare le altre alimentazioni (ad oggi principalmente il diesel), è il divieto di circolazione di veicoli ad alimentazione tradizionale all’interno delle aree urbane. Solitamente questo provvedimento riguarda solamente i veicoli maggiormente inquinanti (inferiori allo standard di emissioni Euro 3) ed è preso a livello di singolo comune, senza che vi siano direttive a livello statale. Alcuni paesi invece hanno già annunciato dei provvedimenti per vietare la vendita di qualunque veicolo alimentato a diesel a partire da un certo anno (in Francia e UK dal 2040, in India dal 2030, in Norvegia addirittura dal 2025).

Gli altri Paesi europei più rilevanti in termini di immatricolazioni di veicoli elettrici, quali Germania, Francia e Regno Unito, applicano degli schemi incentivanti che prevedono sia incentivi diretti che indiretti.

In Norvegia invece, il paese di gran lunga più avanzato per quanto riguarda la mobilità elettrica, è in vigore una normativa particolare per incentivare l’acquisto di auto elettriche. Oltre ad incentivi diretti e indiretti, è stato anche applicato il principio «polluter pays». Questo principio non è tanto un incentivo all’acquisto di veicoli elettrici, quando un disincentivo all’acquisto di veicoli tradizionali, seguendo l’idea, appunto, che «chi inquina paga». Questo si traduce in imposte annuali di circolazione maggiori per veicoli più inquinanti: chi possiede vetture con maggiori emissioni «paga» anche per chi invece possiede un veicolo a basse emissioni, riducendo (o addirittura azzerando) il costo per lo Stato e allo stesso tempo favorendo l’acquisto di un veicolo elettrico. Tramite questo meccanismo, e con una politica lungimirante per quanto riguarda le infrastrutture di ricarica (il Governo ha posto l’obiettivo di avere 2 stazioni di ricarica ogni 50 km su ogni strada principale entro il 2017), la Norvegia sta guidando la transizione verso la mobilità elettrica, ponendosi come un modello da seguire a livello globale.

Il nodo dell’infrastruttura di ricarica

In Italia si possono stimare a fine 2017 circa 2.750 punti di ricarica pubblici a norma, dei quali il 16% (443) sono high power. Questo numero non è riferito alle colonnine: ad ogni colonnina corrispondono in media poco più di 2 punti di ricarica, per cui è possibile stimare il numero di colonnine pari a circa 1.300.
I punti di ricarica pubblici sono complessivamente cresciuti nel corso dell’ultimo anno di circa 750 unità. Questo ha dato seguito alla crescita degli ultimi anni, invertendo drasticamente un trend che invece aveva lasciato sostanzialmente costanti i punti di ricarica dal 2012 al 2014.

Nel DAFI (Directive Alternative Fuel Initiative), il decreto legislativo di attuazione della direttiva 2014/94/UE, che regolamenta le misure necessarie a garantire la costruzione di infrastrutture per i combustibili alternativi, viene menzionato il tema dell’interoperabilità, intesa come possibilità da parte di un veicolo di effettuare una ricarica su tutte le tipologie di colonnine esistenti.

Questa può essere divisa in:
– «Interoperabilità di hardware»: possibilità fisica di connessione a una colonnina utilizzante uno standard diverso;
– «Interoperabilità di software»: possibilità di usufruire di un’infrastruttura di ricarica appartenente a una rete distinta.

L’interoperabilità «di hardware» è stata risolta a livello normativo creando degli standard per le prese. L’interoperabilità «di software» ad oggi è una questione maggiormente complessa: non esiste una definizione a livello normativo di interoperabilità e pertanto essa dipende dagli accordi esistenti tra i diversi operatori. Si registra anche in questo caso un ritardo del sistema italiano rispetto agli altri paesi europei, dove invece la possibilità di accesso a reti di ricarica diversa è più diffusa.

L’infrastruttura di ricarica oggi esistente è molto sbilanciata per quanto riguarda la distribuzione geografica: si evidenzia una carenza importante nel Sud, mentre Centro e Nord si dimostrano più avanti (ma con differenze anche importanti tra Regione e Regione).
Bisogna inoltre considerare una più marcata differenza per quanto riguarda l’infrastruttura di ricarica in DC. Questa infatti, che ad oggi è pari circa a 1/10 dei punti di ricarica complessivi, è così distribuita: Nord: 63%, Centro: 28%, Sud e Isole: 9%.

La differenza con gli altri 3 maggiori paesi europei per il mercato dell’auto è evidente: l’Italia ha un numero di punti di ricarica pubblici compreso tra il 10% e il 20% degli altri paesi, il che riflette bene anche l’andamento del mercato dei veicoli ad alimentazione elettrica.
La percentuale di quelli high power è in linea con una media del 15-20% per i Paesi più «evoluti» nella transizione elettrica ma, come detto, su numeri «assoluti» molto inferiori.

Vi è una netta prevalenza di installazioni in ambito urbano (50%), su strada o in parcheggi pubblici, anche per via della maggiore diffusione dei veicoli in queste aree. Anche i «punti d’interesse» sono ben rappresentati, con il 45% circa di punti di ricarica sul totale. Una percentuale inferiore spetta infine ai punti di ricarica in ambito extra-urbano (5%): queste solitamente compensano la minore diffusione con una maggiore velocità di ricarica.

Il report presenta anche il risultati di una survey diretta a possessori di un’auto elettrica, a cui è stato chiesto che utilizzo venga fatto della macchina e dove venga ricaricata, e di evidenziare quali sono attualmente le carenze maggiori e dunque le azioni più importanti da mettere in atto. Sono state intervistate anche persone interessate all’acquisto, a cui sono state chieste quali sono le barriere che finora hanno impedito l’acquisto.

Ma davvero l’auto elettrica costa di più di quella tradizionale?

Uno dei problemi principali evidenziati come barriera all’acquisto di un’auto elettrica riguarda il differenziale di costo di acquisto.
Nel Rapporto si è voluto dare evidenza di questo problema, analizzando l’offerta delle case automobiliste ed il pricing delle auto elettriche rispetto alle motorizzazioni «tradizionali»
Si è tuttavia ritenuto indispensabile aggiungere alla prospettiva del «costo di acquisto» anche quella del TCO (Total Cost of Ownership), che valuta il costo di un veicolo lungo tutta la vita utile.

Nel grafico viene rappresentata la differenza tra un veicolo elettrico e un veicolo tradizionale equivalente in termini di prezzo (riferito al modello base) nei primi 3 segmenti di mercato (quelli maggiormente rappresentativi delle immatricolazioni).

Differenza tra differenza tra un veicolo elettrico e uno tradizionale in termini di prezzo

Le differenze tra i modelli analizzati sono molto evidenti e nell’ordine dei 10.000 €. Sono inoltre ancor più marcate se confrontate con il prezzo medio del segmento. Guardando alla struttura del mercato, i prezzi dei veicoli elettrici paiono ancora troppo alti per garantire la conquista di una «market share» importante.

Bisogna tuttavia considerare in primo luogo che i veicoli elettrici forniscono allestimenti superiori rispetto ai «modelli base» dei veicoli tradizionali. In secondo luogo che un veicolo elettrico sconta lungo la vita costi inferiori rispetto a un veicolo a combustione interna, legati ad una minore usura dei componenti (in quanto i pezzi fisicamente in movimento in un motore elettrico sono di gran lunga inferiori rispetto a uno a combustione interna), ad una spesa generalmente minore per il rifornimento e, ad oggi, riduzioni sulle imposte di possesso e circolazione.

Nelle ipotesi di base i minori costi annuali dell’auto elettrica «compensano» il maggior esborso iniziale solamente al termine dei 10 anni, rendendo comparabili le due soluzioni guardando all’intero intervallo temporale. In Italia la vita media di un’auto è di quasi 11 anni, più alta che nel resto d’Europa, e quindi appena sufficiente a rendere comparabili le due soluzioni; questo rende difficile giustificare l’acquisto di un veicolo elettrico, almeno per quanto riguarda il punto di vista prettamente economico.

Insieme agli operatori del settore, si sono costruite quattro possibili alternative di calcolo per valutare le soluzioni che garantiscano maggiore competitività dell’acquisto.

Incentivi per l'acquisto dell'auto elettrica

Tra i «casi» analizzati per i privati l’unica soluzione competitiva ad oggi è l’acquisto tramite incentivo (posto a 6.000 €), per il quale un veicolo elettrico diventa maggiormente conveniente economicamente a partire dal quarto anno e con un risparmio che nell’arco dei 10 anni si mantiene circa pari all’importo dell’incentivo.

In futuro ci si aspetta una riduzione del costo iniziale di acquisto dei veicoli elettrici per effetto di economie di scala (soprattutto per quanto riguarda le batterie) e di politiche commerciali, per cui si stima che si potrebbe giungere alla parità di costo iniziale con i veicoli a combustione interna entro il 2024.

Inoltre si può vedere come un utilizzo maggiore del veicolo renda maggiormente conveniente il passaggio ad un’auto elettrica rispetto ad un utilizzo «standard»: se si vincesse la range anxiety (e in tal senso lo sviluppo dell’infrastruttura è cruciale) e si cominciasse ad usare l’auto elettrica anche per percorrenze maggiori e più frequenti saremmo già in una condizione maggiormente conveniente.

Quali scenari di mercato per il futuro della mobilità elettrica in Italia?

Per quanto concerne l’analisi dello sviluppo della mobilità elettrica in Italia da qui al 2030 sono stati ipotizzati tre scenari:

  • BASE: questo primo scenario di sviluppo prevede un’adozione di veicoli elettrici che, seppur in crescita nell’intervallo di tempo considerato, non va oltre gli 1,8 milioni di veicoli circolanti al 2030, con il picco della quota di mercato delle nuove immatricolazioni in quell’anno pari al 20% del totale. I veicoli ibridi mantengono una maggiore quota di mercato sulle nuove immatricolazioni fino al 2025, per scendere poi al 30% al 2030.
  • SVILUPPO MODERATO: nello scenario di sviluppo intermedio i veicoli elettrici raggiungono il 20% di nuove immatricolazioni già nel 2025, per arrivare quasi al 50% nel 2030, anno in cui quelli circolanti arrivano a sfiorare i 5 milioni (circa il 13% del parco circolante);
  • SVILUPPO ACCELERATO: lo scenario di maggiore sviluppo vede un rapido aumento delle immatricolazioni già prima del 2025, quando raggiungono il 35% e quasi 2 milioni di veicoli circolanti. Al 2030 le immatricolazioni di veicoli elettrici superano il 60%, trainate dai veicoli full electric (l’80% del mix), raggiungendo i 7,5 milioni (20% del circolante totale).

Per elaborare gli scenari di sviluppo della infrastruttura di ricarica si è partiti dal rapporto tra punti di ricarica e veicoli elettrici. Nei primi anni di sviluppo della mobilità elettrica si è mantenuto come «standard» un rapporto di circa 1:10 tra punto di ricarica e veicoli circolanti, necessario a garantire una certa capillarità delle installazioni.
Tuttavia, una volta raggiunta una buona diffusione territoriale, non è più necessario (né fattibile) mantenere questo rapporto, che quindi è stato previsto in diminuzione.

Se si guarda infatti al 2025 infatti si passa dai 21.000 punti di ricarica medi dello scenario base ai 38.000 di quello a sviluppo accelerato. Se si guarda al dato del 2030, il numero medio di punti di ricarica passa da un minimo di 28.000 ad un massimo di 48.000 nello scenario a maggior sviluppo.
A queste colonnine pubbliche, nella nostra accezione di «pubblico accesso», vanno aggiunte ovviamente quelle di ricarica private, come visto soprattutto domestiche.Il numero di colonnine private al 2030 varia quindi tra 1,4 milioni e 1,6 milioni nello scenario base al 2030 per arrivare a numeri sino a 6,8 milioni nello scenario di sviluppo accelerato.

Siamo pronti per la smart mobility?

Il V2X è un sistema che permette ai veicoli uno scambio bidirezionale di energia: non solamente in entrata per ricaricare il veicolo, ma anche in uscita per interagire con altri «soggetti energetici». Condizione necessaria perché venga implementato è che la ricarica sia smart.
Le vetture che sono abilitate ad usufruire del V2X sono solamente quelle «plug-in», ovvero quella categoria di macchine elettriche che possono essere ricaricate tramite attacco diretto alla corrente.

Il concetto del V2X sfrutta il fatto che un veicolo di proprietà sia solitamente parcheggiato, e quindi inutilizzato, per il 95% del tempo. Una parte di questo potrebbe essere impiegato in attività remunerative il cui fine è quello di ridurre il TCO lungo la vita utile del veicolo, rendendo maggiormente sostenibile l’investimento.

Inoltre si potrebbero ottenere benefici importanti per quanto riguarda la rete elettrica grazie all’utilizzo delle batterie dei veicoli, soprattutto nel caso di piena implementazione del V2G. Nel futuro prossimo si renderà invece necessario quantomeno garantire una ricarica smart per evitare carichi eccessivi sulla rete.

Per implementare il V2X sono però necessari 3 diversi fattori abilitanti:

  • Abilitazione dell’infrastruttura;
  • Abilitazione del veicolo;
  • Utilizzo del veicolo.

La presenza di questi fattori è però purtroppo di là da venire.

Vi è infine una problematica legata alla questione normativa: difatti, quando si esce dall’ambito «chiuso» di una rete domestica o aziendale per interfacciarsi con la rete elettrica nazionale, sorgono delle ulteriori complessità. Una regolamentazione in tal senso è attesa a breve; infatti, come anticipato nella Legge di Bilancio 2018: «Con decreto del MiSE [..] sono individuati criteri e modalità volti a favorire la diffusione del Vehicle to Grid, anche prevedendo la definizione delle regole per la partecipazione ai mercati elettrici e di specifiche misure di riequilibrio degli oneri di acquisto rispetto ai prezzi di rivendita dell’energia».

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Presentazione eMobility Report

25 settembre h. 15:00 – 17:00

Centro Congressi MiCo di FieraMilano. 

Scarica l’Executive Summary dell’eMobility Report 2018

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